26 Marzo 2015

I protagonisti del trust: il guardiano

di Sergio Pellegrino
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Concludiamo l’esame delle figure del trust iniziata nei precedenti appuntamenti della nostra rubrica analizzando il ruolo, fondamentale, del guardiano.


Nell’ambito del trust il
guardiano è una figura non obbligatoria, ma che nel contempo deve essere considerata
fondamentale.
Le due affermazioni sembrano contradditorie e quindi vanno meglio puntualizzate.
Si tratta di una figura non obbligatoria, perché
possiamo istituire un trust senza la necessità di nominare un guardiano, a meno che, in relazione a situazioni specifiche, non sia contemplata la sua necessaria presenza dalle legge regolatrice prescelta dal disponente.
Ad esempio l’art. 52 della legge di San Marino sui trust, alla quale per comodità faccio riferimento in questa sede essendo scritta in italiano, viene stabilito che
“L’atto istitutivo di trust di scopo prevede l’ufficio del guardiano”, mentre
“L’atto istitutivo del trust per beneficiari può prevedere l’ufficio del guardiano, ma deve prevederlo per il periodo durante il quale non vi siano beneficiari in esistenza”. Vengono individuati due casi, quindi, nei quali il guardiano “ci deve essere” necessariamente.
A prescindere da queste situazioni di presenza “obbligata”, in ogni trust sarà generalmente
opportuno che uno o più guardiani vengano nominati dal disponente.
Il guardiano (in inglese
protector) ha il compito di verificare che il trustee non ponga in essere comportamenti in contrasto con le finalità del trust e che ne gestisca quindi il patrimonio con l’
obiettivo di realizzare il programma che lo stesso disponente ha delineato nell’atto istitutivo.
Nella legge di San Marino (art. 1 lett. k), il guardiano viene definito infatti come
“il soggetto che esercita il controllo sull’operato del trustee o le altre attribuzioni demandategli dall’atto istitutivo”.
La presenza del guardiano è fondamentale, innanzitutto, per il fatto che
è il guardiano il soggetto che deve agire contro il trustee in caso di inadempimento: ricordiamo infatti che con l’istituzione del trust il disponente deve “uscire di scena” e non ha rimedi giuridici nei confronti del trustee laddove questi si comporti in modo non conforme alle obbligazioni scaturenti dall’atto istitutivo.
I poteri attribuiti al guardiano possono essere più o meno ampi, a seconda delle scelte fatte nell’atto istitutivo: può essere chiamato a prestare il proprio consenso in relazione a determinate decisioni assunte dal trustee, impartire direttive e istruzioni al trustee circa il compimento di specifici atti, esercitare direttamente poteri dispositivi o gestionali.
Per le decisioni “importanti”, è opportuno che il trustee, per agire,
debba ottenere il consenso del guardiano: questo può, ad esempio, essere il caso dell’acquisto o dell’alienazione di aziende e partecipazioni societarie di controllo o di collegamento così come di beni immobili, oppure anche per movimentazioni finanziarie oltre una determinata soglia di valore.
Per altre fattispecie, invece, può essere previsto l’
obbligo di consultazione: il trustee deve sentire il guardiano, ma non è vincolato alle sue indicazioni. Questo potrebbe essere previsto dall’atto istitutivo, ad esempio, per la concessione a terzi di garanzie reali non immobiliari.
Normalmente poi al guardiano viene attribuita una funzione importante: quella di avere il
potere di revoca del trustee e nomina del suo “sostituto” qualora questi sia venuto meno per qualsiasi motivo (come ad esempio per dimissioni, morte o incapacità se persona fisica, assoggettamento a procedure concorsuali se persona giuridica).
A sua volta negli atti istitutivi viene generalmente previsto che il
guardiano possa essere revocato e sostituito dal disponente durante la vita del trust.
 
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