11 Marzo 2015

I protagonisti del trust: il trustee

di Sergio Pellegrino
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Nel precedente numero della nostra rubrica settimanale abbiamo analizzato la figura del disponente: oggi delineiamo il ruolo del trustee, l’altra figura “fondamentale” del trust.


 

Il ruolo e la centralità del trustee emerge con chiarezza dalla lettura dell’art. 2 della Convenzione de L’Aja: “per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente – con atto tra vivi o mortis causa – qualora dei beni siano posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato”.

Il disponente che decide di istituire un trust trasferisce il proprio patrimonio o parte di esso al trustee, che lo deve gestire con l’obiettivo di realizzare il programma definito dallo stesso disponente nell’atto istitutivo.

La prima osservazione da fare è che chiunque può essere chiamato a ricoprire l’ufficio di trustee (compreso lo stesso disponente e in questo caso parliamo di trust auto-dichiarato).

Si può trattare di una persona fisica, che non deve avere necessariamente particolari competenze, ma molti elementi suggeriscono di fare piuttosto ricorso ad una trust company, ossia una società che abbia come oggetto sociale proprio quello di gestire trusts.

Questo innanzitutto per evitare il rischio di confusione fra il patrimonio personale del trustee persona fisica e quello del trust o dei trusts dei quali è trustee. Poi, e non va sottovalutato questo aspetto che emerge anche dalla lettura di molte sentenze, anche per dare maggiore “credibilità” al trust verso l’esterno, atteso che quella autonomia che il trustee deve dimostrare nella propria gestione è più facilmente riscontrabile in un trustee professionale: se i beni non sono posti “sotto il controllo”, reale e non virtuale, di un trustee, non c’è trust, come ci dice chiaramente l’art. 2 della Convenzione.

Un “sano” rapporto fra disponente e trustee, anche attraverso il ricorso da parte del primo alle c.d. lettere dei desideri per comunicare appunto i propri “auspici”, è fondamentale per la “buona tenuta” del trust: il disponente può formulare al trustee raccomandazioni o richieste, l’importante è che questi dimostri però autonomia di giudizio e non vi sia un rapporto di sudditanza che evidenzierebbe un ruolo del trustee di mero esecutore delle volontà del disponente.

In determinate situazioni sarà opportuno che il trustee abbia determinate caratteristiche correlate ad eventuali specificità dello stesso trust: ad esempio, nel caso di un trust istituito a favore di un soggetto disabile, trustee potrebbe essere l’associazione che si occupa di quella determinata disabilità.

Sin qui ho parlato del trustee, ma in realtà i trustee potrebbero essere più d’uno ed in questo caso naturalmente dovranno essere previste nell’atto istitutivo regole chiare per comprendere come le decisioni collegiali debbano essere assunte.

Abbiamo visto che per effetto della disposizione dei beni in trust, questi entrano nella proprietà del trustee.

Il trustee è in una situazione davvero particolare perché ha diritti pieni ed incondizionati sul patrimonio in trust, che è fatto di beni che sono di sua proprietà, ma questi non sono realmente “suoi”, nel senso che non ne può disporre liberamente, ma li deve asservire al programma delineato nell’atto istitutivo.

La morte del trustee persona fisica non comporta alcuna successione mortis causa, il fondo rimane segregato e non entra nella massa ereditaria, così come l’eventuale fallimento della trust company non coinvolge il patrimonio del trust.

Naturalmente il trustee può dimettersi (ed in certi casi sarà assolutamente opportuno), ma generalmente le leggi regolatrici (e comunque sarà buona norma prevederlo anche nell’atto istitutivo) stabiliscono che le dimissioni non hanno effetto fino a quando non è nominato un nuovo trustee.

Un aspetto importante è quello relativo alla revoca del trustee.

È fondamentale disciplinare bene nell’atto istitutivo questo aspetto stabilendo la revocabilità del trustee e non sottoponendola a particolari condizioni: se invece indichiamo che il trustee è revocabile per giusta causa, o, peggio, facciamo un’elencazione di possibili casistiche, si rischia di litigare sulla sussistenza o meno della condizione che legittima la revoca, con il rischio di “paralisi” nella gestione del trust.

Sarà bene prevedere che questo potere sia riservato al guardiano, piuttosto che al disponente, per evitare che si ravvisi una fattispecie fra quelle che vengono considerate dall’Agenzia delle Entrate di trust interposto.

Nel momento in cui c’è il passaggio ad un nuovo trustee è evidente come il soggetto che subentra dovrà fare attenzione pretendendo un rendiconto aggiornato, i documenti del trust ed il passaggio del fondo: ovviamente il trustee cessato risponderà degli eventuali inadempimenti commessi.

Da ultimo l’aspetto relativo al compenso del trustee.

La remunerazione del trustee, che è “a carico” del trust, viene concordata fra il trustee e il disponente che lo ha nominato, mentre per successive eventuali “rinegoziazioni” l’atto istitutivo potrà prevedere che vengano fatte con il soggetto cui è attribuito il compito di revoca e nomina del trustee, ossia, generalmente, il guardiano.