14 Luglio 2021

I redditi del beneficiario del trust nel Modello Redditi 2021

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

La posizione di beneficiario dei redditi di un trust può comportare un profilo impositivo in capo al soggetto che si trova in detta posizione.

Al riguardo, è innanzitutto necessario valutare se il trust può dirsi interposto, opaco o trasparente.

Il trust interposto si ha quando un soggetto, generalmente il disponente o il beneficiario, ha il potere di influenzare il trustee.

La questione è stata affrontate dall’Agenzia in varie occasioni e da ultimo con la recente risposta all’istanza di interpello n. 398 del 10 giugno 2021. L’intervento più organico è quello della risalente circolare 61/E/2010. Se il trust risulta interposto i redditi devono essere tassati direttamente in capo al soggetto nei cui confronti si realizza l’interposizione con le regole che la norma prevede per quel soggetto. Il problema, tuttavia, discende dal fatto che in molti casi l’interposizione non appare determinabile in modo così netto.

Se il trust, al contrario, non risulta interposto, lo stesso potrà essere opaco, trasparente o misto. Nell’ultimo caso, invero non così frequente nella prassi professionale, lo stesso risulterà trasparente su alcuni redditi ed opaco su altri.

Dopo i chiarimenti dato nella circolare 61/E/2010, se il trust è trasparente, il beneficiario residente in Italia deve dichiarare i redditi imputati dal trust secondo un principio di competenza, a prescindere dal luogo di stabilimento del trust. In questo caso si deve utilizzare il rigo RL4 del fascicolo 2 del Modello Redditi. Le istruzioni della dichiarazione precisano che nel rigo RL4 vanno indicati gli importi elencati, trasferiti al dichiarante da trust trasparenti o misti di cui all’articolo 73, comma 2, Tuir di cui lo stesso è beneficiario.

Ovviamente, in caso di trust misto, si deve dichiarare solo la porzione di redditi in relazioni ai quali il trust è trasparente. Poiché il contribuente deve indicare il codice fiscale del trust, le istruzioni precisano che, nella particolare ipotesi in cui il dichiarante sia beneficiario di più trust deve essere compilato un rigo distinto per ogni trust. L’analisi condotta postula – come generalmente accade – che il beneficiario del trust detenga la posizione nella sua sfera privata e non in quella imprenditoriale o professionale. In questi rari casi il reddito confluirebbe negli specifici quadri (RE, RG o RF).

Nel caso del trust opaco, invece, la tassazione del beneficiario è esclusa dall’articolo 44, comma 1, lett. g sexies), Tuir come modificata ad opera dell’articolo 13 D.L. 124/2019, se il trust è stabilito in Italia, nella UE o nello Spazio Economico Europeo che scambia informazioni, ossia in Norvegia, Islanda e Liechtenstein.

La questione diventa complessa per i trust extracomunitari. In questo caso, il beneficiario non sarà assoggettato a tassazione solamente nel caso in cui il trust non sia considerato paradisiaco. In caso contrario, i redditi dovranno essere assoggettati a tassazione nel rigo RL2 con indicazione del codice 9. Anche in questo caso non sarà possibile presentare il Modello 730, nonostante il rigo D2 ricalchi il corrispondente rigo RL2 del Modello Redditi, in quanto è assente nel 730 il codice 9 relativo al trust. Inoltre, a differenza del trust trasparente, dove i redditi sono imputati per competenza, nel trust opaco paradisiaco i redditi sono tassati secondo un principio di cassa. Le stesse istruzioni parlano, infatti, di “redditi corrisposti”.

La questione oltremodo problematica è quella di inquadrare il trust paradisiaco, atteso che la norma, e a ruota le istruzioni, fanno riferimento ai criteri individuati dall’articolo 47 bis Tuir, previsione che è stata tuttavia concepita per gli utili percepiti da società e non certamente per i trust.

Gli operatori si trovano quindi in forte disagio circa la scelta di valutare la tassazione effettiva (prevista in ipotesi di controllo) o la tassazione nominale (prevista in ipotesi di assenza di controllo). Il concetto di controllo del beneficiario non ha senso nel caso del trust, ma appare scarsamente coerente anche parlare di assenza di controllo.

Una volta smarcata la questione, si pone poi il problema di quale aliquota prendere a riferimento per la determinazione della soglia del 50% della tassazione italiana. Si ritiene ragionevole, aderendo alla tesi della tassazione nominale, considerare la somma di Ires ed Irap atteso che il trust, anche se ente non commerciale, è comunque potenzialmente soggetto ad Irap.

L’ultimo step del ragionamento attiene alla possibilità, in caso di trust paradisiaco, di poter applicare le esimenti previste dal comma 2 dell’articolo 47 bis Tuir, ossia quella relativa allo svolgimento di una attività commerciale o quella connessa all’effettivo assoggettamento a tassazione dei redditi in un Paese a fiscalità ordinaria. La risposta positiva è tutt’altro che scontata in considerazione del fatto che le esimenti sono meramente menzionate dall’articolo 47 bis, essendo altre le norma del Tuir che ne disciplinano l’efficacia. Si tratta, in particolare, degli articoli 47 relativo alle persone fisiche, e dell’articolo 89 relativo alle società.

È tuttavia assente una norma che disciplini gli effetti nel caso del trust. Tale contesto crea non poca incertezza per gli operatori che si trovano a gestire la posizione di beneficiari italiani di trust non appartenenti alla UE. I casi più frequenti sono i quelli del trust USA, Svizzeri, Sanmarinesi e, dall’anno prossimo, anche inglesi.