8 Luglio 2020

I requisiti dell’interpello antielusivo

di Stefano Rossetti
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La scheda di FISCOPRATICO

Ai sensi dell’articolo 10-bis, comma 1, L. 212/2000, recante la “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”, configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.

Tali operazioni non sono opponibili all’Amministrazione finanziaria, la quale ridetermina i tributi sulla base delle disposizioni e dei principi elusi.

Quindi, affinché un’operazione possa considerarsi elusiva occorre la contemporanea sussistenza dei tre seguenti presupposti:

  • l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate;
  • la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
  • la circostanza che il vantaggio rappresenti l’effetto essenziale dell’operazione.

L’assenza di uno dei tre presupposti costitutivi dell’abuso determina un giudizio di assenza di elusività.

Le operazioni prive di sostanza economica sono, ai sensi dell’articolo 10-bis, comma 2, lettera a) L. 212/2000, quelle che non producono effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. In tal senso, sono ad esempio indici di mancanza di sostanza economica:

  • la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme;
  • la non conformità degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato.

Per “vantaggio fiscale indebito”, ai sensi dell’articolo 10-bis, comma 2, lettera b) L. 212/2000, s’intende il beneficio, anche non immediato, realizzato in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.

Occorre sottolineare però, che, a prescindere dai requisiti sopra visti, il legislatore ritiene non abusive in ogni caso le operazioni che sono giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente (articolo 10-bis, comma 3, L. 212/2000).

Dunque, per espressa previsione normativa non possono essere qualificate come operazioni abusive quelle che sono compiute seguendo logiche imprenditoriali e di miglioramento di carattere commerciale e/o produttivo. In altre parole, deve trattarsi di operazioni che, pur determinando, di fatto, un risparmio d’imposta fiscale, siano caratterizzate dalla presenza di ragioni diverse da quelle fiscali.

Quindi, sulla base di quanto sopra esposto, nella valutazione delle operazioni in ottica antielusiva l’Amministrazione finanziaria (risoluzione 93/E/2016 e risoluzione 101/E/2016) ha chiarito che:

  • occorre procedere prioritariamente alla verifica dell’esistenza del primo elemento costitutivo, vale a dire l’indebito vantaggio fiscale, in assenza del quale l’analisi antiabusiva si deve intendere terminata;
  • diversamente, al riscontro della presenza di indebito vantaggio, si proseguirà nell’analisi della sussistenza degli ulteriori elementi costitutivi (assenza di sostanza economica e essenzialità del vantaggio indebito);
  • solo qualora si dovesse riscontrare l’esistenza di tutti gli elementi, l’Amministrazione finanziaria procederà all’analisi della fondatezza e della non marginalità delle ragioni extra fiscali.

Nel giudizio di abusività occorre anche tenere in debita considerazione la previsione normativa secondo cui è garantita al contribuente la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un carico fiscale diverso (articolo 10-bis, comma 4, L. 212/2000).

Quando l’applicazione dell’articolo 10-bis L. 212/2000 è incerta, i contribuenti, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera c), L. 212/2000, possono richiedere, mediante presentazione di un’istanza di interpello, all’Amministrazione finanziaria di esprimersi sull’abusività di un’operazione secondo i principi sopra espressi.

In buona sostanza, il contribuente, dopo aver descritto l’operazione potenzialmente abusiva, deve dimostrare, nell’ambito dell’istanza, che non sussistono gli elementi per cui la fattispecie ai sensi dell’articolo 10-bis L. 212/2000 può essere considerata elusiva, ed in particolare:

  • l’assenza o la non essenzialità dell’indebito vantaggio fiscale;
  • la presenza di sostanza economica;
  • la presenza di valide ragioni extrafiscali non marginali.

Il contribuente, nell’ambito dell’istanza di interpello, non deve limitarsi a chiedere il parere dell’Agenzia delle Entrate in ordine all’abusività di una determinata operazione o fattispecie, ma dovrà declinare, nel dettaglio:

  • gli elementi qualificanti l’operazione o le operazioni;
  • il settore impositivo rispetto al quale l’operazione pone il dubbio applicativo;
  • le puntuali norme di riferimento, comprese quelle passibili di una contestazione in termini di abuso del diritto con riferimento all’operazione rappresentata;
  • le valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente.