28 Settembre 2013

I requisiti di professionalità ed indipendenza del professionista attestatore

di Andrea Rossi
Scarica in PDF

Le recenti novità relative agli istituti per la composizione negoziale della crisi di impresa hanno chiarito alcuni dubbi interpretativi che avevano animato il dibattito sorto successivamente alla riforma della legge fallimentare soprattutto per quanto attiene il ruolo del professionista attestatore contemplato nel novellato art. 67, comma terzo, lett. d) L.F., che individua i requisiti di professionalità e di indipendenza dell’attestatore ed a quest’ultimo articolo fanno rinvio i successivi artt. 161 (Concordato), 182-bis (Accordo di ristrutturazione del debito), 182-quinquies (Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti) e 186-bis (Concordato con continuità aziendale).

Ai sensi del citato art. 67, il professionista incaricato di redigere le attestazioni prescritte dalla legge fallimentare deve essere innanzitutto designato dal debitore; in merito la modifica apportata con il D.L. n. 83/2012 è apparsa opportuna, visto che l’originale rinvio ai criteri richiamati dall’art. 2501-bis, quarto comma del Codice civile, aveva fatto erroneamente ritenere applicabile alla nomina dell’attestatore la regola generale prescritta per la nomina dell’esperto incaricato di redigere la relazione sulla congruità del rapporto di cambio nelle fusioni, che prevede la designazione da parte del Tribunale.

Inoltre il professionista incaricato di redigere le attestazioni prescritte dalla Legge fallimentare deve avere i requisiti di professionalità previsti dall’art. 67, comma terzo, lett. d) e pertanto dovrà risultare iscritto nel registro dei revisori legali. La previsione impone alcuni approfondimenti, soprattutto laddove l’incarico non sia assunto da un singolo professionista iscritto al citato registro, bensì da una ­società tra professionisti ovvero da uno studio associato. Infatt,i come è noto, la legge n.183/2011 ha previsto la possibilità di costituire società tra professionisti aprendo il capitale anche a soci non iscritti agli albi professionali; in tali fattispecie, l’assunzione di un incarico di attestazione ai sensi della legge fallimentare (sia piano di risanamento, accordo di ristrutturazione del debito ovvero piano di concordato) potrà essere accettato purché la società professionale:

  1. abbia ad oggetto
    l’esercizio in via
    esclusiva delle attività di una professione regolamentata;
  2. i soci professionisti risultino
    iscritti in uno degli
    albi professionali richiamati dall’art. 28, lett. a), L.F. (avvocati, dottori commercialisti e ragionieri commercialisti);
  3. il
    socio
    designato per
    l’espletamento dell’incarico, oltre ad essere iscritto ad uno degli albi indicati nel punto precedente, risulti iscritto al
    registro dei revisori legali di cui all’art. 6 del D.lgs. n. 39/2010.

Per quanto attiene invece gli studi associati, non si rinvengono modifiche rispetto al passato apportate dall’art. 33 del D.L. n.83/2012; infatti in tale ipotesi, ai fini dell’assunzione dell’incarico di attestazione, è sufficiente che i professionisti associati siano in possesso dei requisiti previsti dal citato art. 28, lett. a) L.F. ed il professionista incaricato nel redigere l’attestazione sia iscritto nel registro dei revisori legali.

La nuova formulazione dell’art. 67, comma terzo, lett. d) L.F. prevede inoltre che il professionista attestatore debba essere indipendente e pertanto non può essere legato all’impresa committente ovvero a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento, ristrutturazione del debito o concordato da rapporti di tipo personale o professionale tali da compromettere l’indipendenza di giudizio ed in ogni caso:

(i) deve essere in possesso dei requisiti di cui all’art. 2399 Cod. Civ.

(ii) non deve aver prestato, neanche per il tramite di soggetti con il quale è unito in associazione professionale, negli ultimi cinque anni, attività di lavoro dipendente o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione e controllo.

Risulta pertanto evidente come il legislatore abbia voluto prevedere per l’attestatore requisiti di indipendenza ben più stringenti rispetto a quelli previsti dall’art.2399 per i membri del collegio sindacale; in modo particolare, dal punto di vista oggettivo, si ritiene che:

(i) L’indipendenza del professionista attestatore rispetto all’impresa in crisi deve essere valutata con riferimento agli ultimi cinque anni che vanno computati dal momento in cui risulterà sottoscritta l’attestazione;

(ii) L’indipendenza deve sussistere sia nei confronti del professionista incaricato che dell’eventuale associazione professionale di cui quest’ultimo faccia parte;

(iii) La valutazione dell’indipendenza dovrà essere effettuata sulla base delle prestazioni fornite a favore dell’impresa nell’ambito di rapporti di lavoro subordinato o di lavoro autonomo oltre che agli incarichi assunti negli organi di amministrazione o controllo, sempre all’interno dell’arco temporale precedentemente indicato. Pertanto si ritiene che non possano sorgere dubbi circa la compromissione dell’indipendenza dell’attestatore in presenza di rapporti di lavoro subordinato dello stesso attestatore o di un associato dello studio con l’impresa committente, mentre in presenza di rapporti di lavoro autonomo, è necessario fare una distinzione tra prestazione occasionale rispetto a prestazione d’opera continuativa, dove l’indipendenza viene sempre meno. Infatti, nel silenzio della legge, si ritiene che in presenza di una prestazione occasionale, l’attestatore non comprometta la propria indipendenza qualora la rilevanza della prestazione e l’entità del corrispettivo non siano di per sé significative.

Pertanto, dalla lettura letterale della norma, sembrerebbe esclusa la possibilità di reiterare gli incarichi di attestazione di piani di risanamento, di accordi di ristrutturazione del debito o di concordati da parte del medesimo professionista prima della scadenza del quinquennio; tale considerazione nasce dal fatto che in tale fattispecie ricorrono i presupposti oggettivi di cui all’art.67, comma terzo, lett. d) L.F. quali il quinquennio e l’espletamento di un’attività di lavoro autonomo. In merito tuttavia non si può non menzionare la differente conclusione a cui è giunto il Tribunale di Milano secondo il quale il professionista che ha attestato un piano di risanamento, di ristrutturazione del debito ovvero di concordato dichiarati inammissibili o rigettati, non è incompatibile se accetta il nuovo incarico anche qualora non sia decorso il quinquennio citato all’art.67 L.F.

Resta infine da chiarire cosa possa accadere in presenza di una attestazione redatta in assenza dei requisiti di professionalità ed indipendenza da parte del professionista incaricato; infatti in assenza dei requisiti previsti dall’art.67 comma terzo, lett.d) L.F., la relazione è da considerarsi priva di ogni attendibilità e, come tale, può essere invalidata dal giudice in sede di ammissione del concordato o di omologazione dell’accordo.