I servizi di marketing e pubblicità infragruppo e la qualifica di stabile organizzazione
di Gabriele DamascelliUna società avente la propria sede legale in uno Stato membro UE non dispone di una stabile organizzazione in un altro Stato membro per il solo motivo che la prima detiene nel secondo una società controllata la quale mette a disposizione della prima mezzi umani e tecnici in forza di contratti con i quali questa le fornisce, in via esclusiva, servizi di marketing, pubblicità e rappresentanza, nonostante questi servizi abbiano o possano avere un’influenza diretta sul volume delle vendite della controllante.
Con tali argomentazioni, enucleate nella sentenza C-333/20, la Corte di Giustizia, riprendendo i principi espressi nel precedente C‑547/18, ha specificato i requisiti che codificano l’esistenza o meno di una stabile organizzazione (stabile organizzazione) all’estero ai fini dell’Iva tra società infra gruppo.
Nel caso in commento si è trattato essenzialmente di verificare se dalla lettura degli artt. 44, paragrafo 1, della Direttiva IVA n. 2006/112 e 11 del Regolamento di esecuzione n. 282/2011, si potesse evincere o meno la natura di stabile organizzazione di una società stabilita in Romania (società figlia), facente parte di un gruppo societario la cui controllante era situata in Germania, a fronte della sottoscrizione di un contratto di marketing, di pubblicità e di servizi di rappresentanza, disciplinato dal diritto tedesco, con il quale la controllata si impegnava a promuovere attivamente i prodotti della società tedesca in Romania, conformemente alle strategie ed agli stanziamenti stabiliti e sviluppati dalla società tedesca.
Ulteriori elementi di indagine, riferisce il giudice del rinvio, erano relativi sia alla circostanza che la società tedesca avrebbe avuto accesso ai mezzi tecnici detenuti dalla società rumena, quali computer, sistemi operativi e autoveicoli, sia anche e soprattutto alla presenza di mezzi umani, alle dipendenze di quest’ultima, in un numero complessivo superiore ai 200 dipendenti tra cui, in particolare, più di 150 rappresentanti commerciali.
L’ultimo elemento era poi rappresentato dal regime di mono committenza della società rumena nei confronti della sua controllante.
In punto di fatto la società madre tedesca, con sede legale in Germania ed appartenente al gruppo Menarini AG, commercializzava in Romania prodotti farmaceutici ai fini dell’approvvigionamento corrente dei distributori all’ingrosso di medicinali in tale Stato, mediante la società figlia la cui attività principale era la consulenza in management nel settore delle pubbliche relazioni e della comunicazione oltre a poter esercitare attività secondarie quali il commercio all’ingrosso di prodotti farmaceutici, e all’attività di agenzia pubblicitaria, attività di studio di mercato e di sondaggio dell’opinione pubblica.
Inoltre la società rumena era tenuta a garantire che la controllante fosse autorizzata a distribuire i propri prodotti in Romania, oltre a fornire assistenza negli studi clinici ed in altre attività di ricerca e sviluppo.
La società rumena inoltre riceveva gli ordini di prodotti farmaceutici provenienti dai distributori all’ingrosso in Romania e li trasmetteva alla società tedesca, oltre a trattare le fatture e trasmetterle ai clienti di quest’ultima.
A fronte di tale quadro fattuale, nonché dell’esistenza di un evidente rapporto commerciale tra le due società infragruppo, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte UE di chiarire se tale rapporto potesse qualificarsi quale prestazione di servizi, con esclusione di una qualificazione della società figlia quale stabile organizzazione della società tedesca, ciò anche al correlativo fine della corretta individuazione del luogo di tassazione delle prestazioni di servizi rese ad una stabile organizzazione ai sensi del combinato disposto degli articoli 44 Direttiva 2006/112 e 10 del Regolamento di esecuzione 282/2011.
Ai fini dell’individuazione del luogo delle prestazioni di servizi la Corte UE ricorda che (v. sentenze Dong Yang Electronics, C‑547/18, punto 26; Welmory, C‑605/12, punti 53 e 56; ARO Lease, C-190/95, punto 15; Faaborg-Gelting Linien, C-231/94, punto 16; Berkholz, 168/84, punto 17), ai sensi dell’articolo 44 della Direttiva Iva, il punto di collegamento più utile a tal fine è dato dal luogo in cui il soggetto passivo ha stabilito la sede della propria attività economica, rilevando la stabile organizzazione del soggetto passivo solo quale eventuale deroga a tale regola generale, utilizzabile solo nel caso in cui quella sede “non conduca ad una soluzione razionale o crei un conflitto con un altro Stato membro”.
Tale indagine, prosegue la Corte UE, deve poi essere condotta non già in funzione del soggetto passivo prestatore dei servizi, bensì del soggetto passivo beneficiario dei medesimi, determinando quindi la nozione di stabile organizzazione in funzione di quest’ultimo soggetto.
Occorre quindi esaminare il grado di permanenza e l’idoneità della struttura della stabile organizzazione, in termini di mezzi tecnici e umani, indagando la realtà economica e commerciale complessiva, senza che su tale aspetto possa in alcun modo influire “la circostanza che una società, prestatrice di servizi, è una società figlia di un’altra società, destinataria di tali servizi, stabilita in un altro Stato membro”, non potendo quindi dipendere la qualificazione di stabile organizzazione dal solo status giuridico dell’entità interessata.
Sebbene poi non sia necessario possedere direttamente i mezzi umani o tecnici per poter ritenere che un soggetto passivo disponga di una struttura avente un grado sufficiente di permanenza, è per contro necessario che tale soggetto passivo abbia il potere di disporre di tali mezzi umani e tecnici come se fossero i propri, sulla base, ad esempio, di contratti di servizio o di locazione che mettano tali mezzi a disposizione del soggetto passivo e che non possano essere risolti a breve termine.
È però da escludersi che l’esistenza sul territorio di uno Stato membro, di una stabile organizzazione di una società stabilita in uno Stato terzo, possa desumersi direttamente dalla sola circostanza che tale società ivi possiede una controllata.
Anticipando le conclusioni, la Corte UE sembra suggerire, per trovare la risposta, di osservare in maniera più organica la “realtà economica e commerciale” e lo fa mediante due chiavi di lettura che condurrebbero ad escludere la qualifica di stabile organizzazione della società rumena.
In primo luogo ci riferisce che, dagli elementi di fatto esposti dal giudice del rinvio, risulta che i servizi di pubblicità e marketing forniti dalla società rumena alla società tedesca miravano principalmente ad informare meglio, in Romania, i professionisti del settore sanitario nonché i consumatori in ordine ai prodotti farmaceutici venduti dalla società tedesca.
Al riguardo il personale della società rumena si limitava a ricevere ordini provenienti da nuovi distributori all’ingrosso di medicinali in Romania e a trasmetterli alla società tedesca, nonché a trasmettere fatture di quest’ultima ai suoi clienti in tale Stato membro, senza partecipare direttamente alla vendita e/o alla fornitura dei prodotti farmaceutici della società tedesca e senza assumere impegni nei confronti dei terzi a nome della controllante tedesca.
In secondo luogo, correttamente, osserva che i mezzi umani e tecnici che sarebbero stati messi a disposizione della società tedesca da parte della controllata e che consentirebbero, secondo l’Erario rumeno, di caratterizzare l’esistenza di una stabile organizzazione, sono i medesimi mezzi grazie ai quali la società rumena effettua le prestazioni di servizi a favore della società tedesca.
Orbene, argomenta la Corte UE, “gli stessi mezzi non possono essere utilizzati contemporaneamente per fornire e per ricevere gli stessi servizi”.
Tale “sovrapposizione” porta la Corte UE a concludere, data la dinamica complessiva del rapporto commerciale, nel senso che i servizi di marketing sono inizialmente ricevuti dalla società tedesca, la quale poi utilizza i propri mezzi umani e tecnici situati in Germania per eseguire tali contratti di vendita con i distributori dei suoi prodotti farmaceutici in Romania.
Conclude nel senso che, una valutazione secondo tali direttrici operata in punto di fatto dal giudice del rinvio, potrà condurre ad escludere la disponibilità, da parte della società tedesca, di una stabile organizzazione in Romania.