I termini per il rimborso ex art. 10 della Convenzione Italia-Francia
di Luigi Ferrajoli“Il pagamento previsto dall’art. 10 della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e la Francia il 5 ottobre 1989, ratificata e resa esecutiva dalla L. 7 gennaio 1992, n. 20, esula dal sistema dei rimborsi d’imposta, sicchè la relativa istanza non soggiace al termine decadenziale di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 ma deve essere avanzata nel termine generale di prescrizione di cui all’art. 2946 cod. civ.“
Con questa statuizione contenuta nella sentenza n. 20978 dello scorso 16 ottobre 2015 i giudici della Corte di Cassazione ancorano la previsione convenzionale al termine prescrizionale ordinario decennale previsto dall’art. 2946 c.c..
Si tratta di una pronuncia in linea con i precedenti della giurisprudenza di legittimità di cui alle precedenti sentenze n. 691 del 16 gennaio 2015 e n. 13678 del 22 luglio 2004.
Questa la questione sottoposta all’attenzione del Supremo Collegio.
Una nota Società attiva nel settore moda impugnava il silenzio rifiuto dell’Amministrazione finanziaria avverso la richiesta di rimborso presentata per gli anni dal 1994 al 2003 dalla società contribuente ai sensi dell’art.10 della Convenzione italo-francese sulle doppie imposizioni ratificata con L. n.20/92.
In base a tale disposizione un residente della Francia che riceve dividendi distribuiti da una società residente in Italia ha diritto al rimborso dell’ammontare corrispondente alla “maggiorazione di conguaglio” afferente tali dividendi, diminuito della ritenuta alla fonte prevista al paragrafo 2, se la stessa è stata effettivamente versata dalla società in relazione a detti dividendi. Il rimborso deve essere richiesto, nei termini stabiliti dalla legislazione italiana, per il tramite della stessa società che in questo caso agisce a nome e per conto del richiedente, residente in Francia.
Con riferimento alle annualità 1995, 1996 e 1998 l’Amministrazione finanziaria eccepiva la decadenza della richiesta di rimborso secondo quando previsto dall’art. 38 d.P.R. n. 602/73 in base al quale le istanze di rimborso da parte dei percipienti delle somme assoggettate a ritenuta devono essere presentate entro il termine di quarantotto mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata.
I primi giudici accoglievano l’eccezione dell’Ufficio dichiarando inammissibile il ricorso proposto dalla Società contribuente con riferimento alle annualità 1995, 1996 e 1998 mentre, nel merito, lo accoglievano con riferimento alle altre annualità.
All’appello dell’Amministrazione finanziaria seguiva la costituzione in giudizio della società contribuente con proposizione di appello incidentale per la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui dichiarava l’inammissibilità dell’impugnativa per decadenza del diritto al rimborso.
Sul gravame la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo – Sezione Staccata di Pescara decideva per il rigetto dell’appello principale dell’Ufficio e l’accoglimento della doglianza formulata incidentalmente dalla contribuente.
La sentenza veniva dunque impugnata dall’Agenzia delle entrate per cinque motivi di diritto, tra cui, per quanto qui di interesse, per la presunta violazione dell’art.38 del d.P.R. n.602/73 nella parte in cui la sentenza d’appello non aveva riconosciuto l’eccezione di decadenza del diritto della Società ad ottenere una somma corrispondente al credito di imposta, formulata dall’Amministrazione appellante con riguardo alle annualità più risalenti.
La Corte di Cassazione non ha dubbi di sorta sul punto e, confermando l’orientamento giurisprudenziale in precedenza espresso, dopo aver richiamato la disposizione di cui all’art. 10 della Convenzione italo-francese le attribuisce una portata per così dire “sovranazionale” precisando che ai fini dell’applicazione della disposizione convenzionale non possa farsi riferimento alle disposizioni previste dal nostro legislatore per i rimborsi d’imposta bensì debba invocarsi il più ampio termine prescrizionale di cui all’art.2946 cod. civ..
Così, conclude il Supremo Collegio prima di rivolgersi agli altri motivi di diritto “nel caso di specie il termine decennale di prescrizione non era spirato al momento della domanda di rimborso”.
Di più ampia motivazione la precedente sentenza n. 691 del 16 gennaio 2015 che illustra come dalla lettera della norma convenzionale cennata si evinca che, pur vertendosi in materia tributaria, il pagamento in questione è estraneo al sistema dei rimborsi di imposta e, nel richiamare principi già espressi con riferimento all’applicazione della Convenzione Italia-Regno Unito, specifica che la ratio sottesa a tale dictum risiede nella natura del tributo ”perchè nel caso in esame il tributo è stato pagato dalla società italiana che ha erogato i dividendi non per errore o in eccedenza rispetto al dovuto, ma in ottemperanza alla legge, e il diritto ad una parziale restituzione legittima alla relativa azione non la società italiana, ma il solo socio estero, in base ad una previsione garantistica del riequilibrio fiscale delle posizioni di soci residenti in Stati diversi”.
Di tal che in assenza di un’apposita disposizione decadenziale presente nelle singole convenzioni l’interprete ritiene che il termine di cui possa giovarsi il soggetto estero che aziona un diritto, non strettamente qualificabile come “rimborso”, è quello generale di prescrizione dei diritti soggettivi fissato dall’art.2946 cod. civ..