I Vip (ma non solo) al nodo della residenza fiscale
di Ennio VialVita PozziIl Fisco ha “colpito” diversi personaggi famosi accertandone la fittizia residenza fiscale in Paesi considerati paradisi fiscali.
Come noto, l’art. 2 del Tuir prevede alcuni criteri fra loro alternativi per stabilire se un soggetto si deve o meno considerare fiscalmente residente in Italia.
La norma stabilisce che “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta, sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori … ” individuati, fino a quando non sarà emanata la nuova white list di cui all’art. 168-bis del Tuir, dal D.M. 4.5.1999.
In sostanza, i criteri alternativi per essere considerati fiscalmente residenti in Italia sono tre: l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, il domicilio inteso come centro di affari e interessi o la residenza per la maggior parte del periodo di imposta. E’ prevista, inoltre, una presunzione di residenza fiscale in Italia se il contribuente trasferisce la residenza in un Paese considerato paradiso fiscale come, ad esempio, il Principato di Monaco e la Svizzera.
Gli accertamenti sul tema nell’ultimo decennio hanno spesso coinvolto personaggi conosciuti del mondo dello sport e dello spettacolo: da questi casi possiamo ovviamente trarre delle indicazioni utili anche per i nostri Clienti.
Un primo caso noto è quello relativo al campione motociclistico Valentino Rossi.
Il campione aveva trasferito la residenza fiscale in Inghilterra e dichiarava in Italia esclusivamente il reddito da fabbricati relativo ad alcuni immobili. L’Amministrazione finanziaria, disconoscendo tale trasferimento, aveva emesso alcuni avvisi di accertamento milionari dimostrando che aveva mantenuto il centro degli interessi vitali nel nostro Paese.
A seguito degli avvisi di accertamento che gli erano stati notificati, Valentino Rossi ha deciso di chiedere la procedura di accertamento con adesione (con un versamento di circa 35 milioni di euro) e di riportare in Italia la residenza fiscale.
Un altro campione del motociclismo oggetto delle “attenzioni” dell’Amministrazione finanziaria è Loris Capirossi, il quale si era iscritto all’Aire dal 1995 poiché aveva, nel 1994, trasferito la residenza anagrafica nel Principato Monaco: per l’Agenzia delle Entrate lo stesso era soggetto all’imposizione fiscale italiana in quanto avrebbe mantenuto la sede principale degli affari nel nostro Paese.
Si contestava la residenza in Italia alla luce dei numerosi conti correnti aperti presso istituti bancari italiani, ai frequenti bonifici dall’estero all’Italia con somme rilevanti, ai numerosi acquisti posti in essere nel territorio dello stato, alla detenzione di una villa ampiamente pubblicizzata dalla stampa e luogo eletto a suo ritiro. Il motociclista si era difeso evidenziando un’abituale frequenza di esercizi monegaschi e la facoltà attribuita alla madre di operare con una sua carta di credito, sottoscrivendo a suo nome gli acquisti con essa effettuati.
La Corte di Cassazione ha confermato la “supermulta fiscale” nei confronti del campione di motociclismo, sanzionato con più di 2 milioni di euro.
In questo caso il nodo focale è stato il tema del domicilio, ossia del centro degli interessi personali e professionali. A nulla sono valse le obiezioni del motociclista secondo cui era sempre in giro per il mondo e non poteva quindi permanere in Italia per la maggior parte dell’anno: ciò che era oggetto di contestazione, infatti, non era la residenza civilistica, quanto piuttosto il domicilio.
Un certo rilievo, forse inopportuno, è stato dato alla presenza della madre in Italia, quasi che il campione non avesse alcuna vita personale altrove.
Anche l’attrice Ornella Muti ha affrontato l’Agenzia delle Entrate che le contestava il centro degli affari e interessi in Italia alla luce della presenza dei figli nel nostro paese.
La Corte di Cassazione ha accolto le tesi difensive dell’attrice, affermando che “i giudici d’appello hanno espressamente motivato in ordine ai doveri giuridici e morali discendenti dall’affidamento dei figli minori alla … con impossibilità di portarli fuori dell’Italia per più di tre settimane, avendo affermato … che l’affidamento dei figli non comporta necessariamente la costante presenza del genitore affidatario ma solo la spettanza a quest’ultimo della potestà genitoriale, e che, nella specie, i figli erano seguiti durante le assenze della genitrice da persona di assoluta fiducia”.
Si afferma, in sostanza, che l’affidamento dei figli non comporta la necessità di una costante presenza in Italia e si evidenzia come, fuori dall’Italia, l’attrice aveva importanti relazioni personali. La sentenza è oltremodo originale: i figli giovani tendono ad essere un elemento di attrazione della residenza particolarmente significativo, ma qui l’elemento è stato superato dalla propria vita di relazione tenuta all’estero.