26 Novembre 2019

Il calcolo del “DSCR” come indice significativo della crisi

di Fabio Landuzzi
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Nella struttura ad albero che, dalla lettura combinata dei commi 1 e 2 dell’articolo 13 del Codice della Crisi di impresa e dell’insolvenza, conduce alla formazione del sistema di indici significativi della situazione di crisi dell’impresa, si coglie l’esistenza di un ordine gerarchico in cui si individuano, dapprima, due “indici significativi” applicabili in modo generalizzato a tutte le imprese:

  1. il primo, è il patrimonio netto negativo;
  2. il secondo, è il c.d. “Debt Service Coverage Ratio” (in sigla, il DSCR).

Il DSCR è un indicatore idoneo a misurare la condizione enunciata al comma 1 dell’articolo 13, ovvero la “sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare”.

Alla luce anche delle indicazioni contenute nel documento pubblicato in bozza dal Cndcec (“Crisi d’impresa – Indici di allerta” – 20 ottobre 2019) è opportuno precisare al riguardo che:

  • il calcolo del DSCR si deve fondare su dati prospettici, per la precisione ad almeno 6 mesi; avrebbe infatti poca utilità un calcolo basato su dati storici, con riguardo ad un indicatore che intende misurare la performance finanziaria dell’impresa intesa come capacità di sostenere i flussi di uscita legati al suo indebitamento finanziario (ossia, la capacità di pagare capitale e interessi per le rate in scadenza nei 6 mesi seguenti);
  • se l’impresa non è in grado di produrre dati prospettici affidabili, allora il DSCR non è utilizzabile. La responsabilità del calcolo del dato è dell’organo amministrativo, e rientra nell’ambito della adeguatezza degli assetti organizzativi dell’impresa; quanto invece al giudizio di affidabilità del DSCR fornito dall’impresa, il documento del Cndcec demanda questa valutazione agli organi di controllo (e/o al revisore) secondo il loro “giudizio professionale”;
  • se il DSCR a 6 mesi è disponibile e la base dati utilizzata per il suo calcolo è ritenuta affidabile, il Cndcec fornisce il benchmark di confronto: se l’indice è superiore a 1, ciò è sintomo di sostenibilità dei debiti finanziari nei 6 mesi successivi; se l’indice è inferiore a 1, ciò è sintomo di incapacità di sostenimento delle obbligazioni rivenienti a 6 mesi dal debito finanziario. Si configura allora un fondato indizio di crisi che deve essere poi attentamente valutato e ponderato.

Il Cndcec propone due modalità di calcolo del DSCR; entrambe presuppongono la capacità dell’impresa di produrre un budget di tesoreria affidabile (l’orizzonte temporale di 6 mesi può essere esteso se ciò rende più agevole e affidabile il calcolo).

Il primo approccio calcola il DSCR ponendo:

  • al denominatore: tutte le uscite previste per il rimborso delle quote capitale dei debiti finanziari (incluse le quote capitale dei leasing finanziari),
  • al numeratore: tutte le risorse disponibili per pagare i debiti finanziari, e perciò, le liquidità iniziali più tutte le entrate finanziarie dei 6 mesi, meno tutte le uscite finanziarie dei 6 mesi (a sola esclusione delle uscite relative al rimborso dei debiti finanziari posti al denominatore del rapporto). Fra le uscite, occorre tener conto anche della gestione degli investimenti; fra le entrate finanziarie si tiene conto delle linee di credito accordate e non utilizzate, ma disponibili nei 6 mesi (ad esempio, per le linee autoliquidanti si dovrebbero assumere quelle riferibili ai crediti commerciali anticipabili).

Il secondo approccio calcola il DSCR ponendo:

  • al denominatore: il debito “non operativo” da rimborsare nei 6 mesi composto da:
  1. pagamento di capitale e interessi su debiti finanziari;
  2. debiti tributari e contributivi (inclusivi di sanzioni e interessi) non correnti, ossia per i quali non sono rispettate le scadenze di legge;
  3. debiti commerciali e diversi scaduti oltre i limiti fisiologici;
  • al numeratore: i flussi di cassa al servizio dei debiti, ossia:
  1. i flussi di cassa derivanti dalla gestione operativa più quelli del ciclo degli investimenti (come definiti nell’OIC 10);
  2. le liquidità iniziali;
  3. le linee di credito accordate e non utilizzate, ma disponibili nei 6 mesi.

La scelta del metodo da utilizzare è figlia della qualità dei dati disponibili. Per le imprese di minori dimensioni, con le dovute accortezze, potrebbe essere plausibile fare un riferimento analogico anche alle semplificazioni proposte dall’Oic 9 ai fini della misurazione della c.d. “capacità di ammortamento” nella stima delle perdite durevoli di valore, tenendo conto però delle assunzioni esplicitate dallo stesso Oic 9 ai fini della affidabilità del metodo semplificato.

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La gestione della crisi d’impresa dopo l’introduzione del nuovo codice della crisi e dell’insolvenza