12 Aprile 2023

Il canone di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria alle società produttrici di energia rinnovabile

di Stefano ChirichignoVittoria Segre
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Il settore delle società che producono energia elettrica da fonti rinnovabili, che ha attraversato quasi un decennio di vere e proprie traversie per arrivare ad una ragionevole soluzione in termini di imposizione sulle superfici utilizzate, deve prendere atto che le certezze acquisite (in termini, per l’appunto, di tassazione Imu) sono seppur parzialmente minate dai dubbi sul “Canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria” in relazione all’occupazione del territorio comunale, con cavi e condutture, per la trasmissione, fino al distributore, dell’energia elettrica prodotta mediante tali impianti.

 

Il quadro normativo di riferimento

Il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, in base alle previsioni di cui alla Legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi da 816 a 836, L. 160/2019), ha sostituito – tra gli altri – la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) e il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP) a partire dal 1° gennaio 2021.

Il presupposto del canone, per quanto di interesse rispetto al caso in esame, è l’occupazione, anche abusiva,

  • delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e
  • degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico (comma 819).

Il canone è disciplinato dagli enti, con regolamento da adottare dal consiglio comunale o provinciale (comma 821).

Il comma 824 prevede genericamente che il canone sia determinato in base alla durata, alla superficie, espressa in metri quadrati, alla tipologia e alle finalità, alla zona occupata del territorio comunale o provinciale o della città metropolitana in cui è effettuata l’occupazione.

Il successivo comma 827 aggiunge alcuni riferimenti a tariffe standard giornaliere da applicare in base al numero di abitanti dei Comuni di volta in volta interessati (che devono trovare riscontro nel regolamento di cui sopra).

Tuttavia, il successivo comma 831 aggiunge che per le occupazioni permanenti del territorio comunale, con cavi e condutture, “da chiunque effettuate per la fornitura di servizi di pubblica utilità, quali la distribuzione ed erogazione di energia elettrica, gas, acqua, calore, di servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi e di altri servizi a rete”, il canone sia dovuto dai soggetti che occupano il suolo pubblico, anche in via mediata, attraverso l’utilizzo materiale delle infrastrutture del soggetto titolare della concessione sulla base del numero delle rispettive utenze moltiplicate per la seguente tariffa forfetaria:

  • Comuni fino a 20.000 abitanti: euro 1,50;
  • Comuni oltre 20.000 abitanti: euro 1.

In ogni caso l’ammontare del canone dovuto a ciascun ente non può essere inferiore a euro 800.

Il numero complessivo delle utenze è quello risultante al 31 dicembre dell’anno precedente ed è comunicato al Comune competente per territorio con autodichiarazione da inviare, mediante posta elettronica certificata, entro il 30 aprile di ciascun anno.

Si tratta di un’autocertificazione che deve essere datata e sottoscritta dal legale rappresentante della società con la quale è chiesto di:

  1. dichiarare di essere qualificati come soggetti titolati all’erogazione di pubblico servizio o attività strumentali ai servizi pubblici inerenti: a) rete idrica di approvvigionamento, b) rete elettrica, c) rete del gas, d) rete di teleriscaldamento, e) rete di telecomunicazione e cablaggi,
  2. dichiarare di aver erogato il servizio nel dato Comune al 31.12.2022,
  3. dichiarare il numero complessivo di utenze e l’ammontare dovuto.

Gli importi sono rivalutati annualmente in base all’indice Istat dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente.

Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma PagoPA.

In questo contesto, la norma di interpretazione autentica di cui all’articolo 5, comma 14-quinquies, lett. b), D. L. 146/2021 ha previsto che il citato comma 831 si deve interpretare nel senso che per occupazioni permanenti di suolo pubblico con impianti direttamente funzionali all’erogazione del servizio a rete devono intendersi anche quelle effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali alla fornitura di servizi di pubblica utilità, quali la trasmissione di energia elettrica e il trasporto di gas naturale. Per tali occupazioni il canone annuo è dovuto nella misura minima di 800 euro.

 

I chiarimenti del MEF

Tutto ciò premesso in linea generale, la disciplina è stata oggetto di un recente chiarimento che il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha fornito ad Enel Italia (risoluzione Min. Economia e Finanze n. 3/DF del 22.03.2022): quest’ultima aveva chiesto delucidazioni sull’applicazione del canone nel caso di occupazioni di suolo pubblico da parte di società operanti tramite impianti di produzione e trasmissione di energia elettrica (laddove la norma fa espresso riferimento a società operanti in uno stadio successivo, ovverosia la “distribuzione ed erogazione di energia elettrica” e la norma di interpretazione autentica fa espresso riferimento a società che effettuano “la trasmissione (…) e il trasporto” di energia).

Il quesito appare rilevante se si considera che la base imponibile del canone è calcolata “sulla base del numero delle rispettive utenze” ma, in effetti, le società operanti tramite impianti di produzione e trasmissione di energia elettrica non hanno alcun rapporto diretto con gli utenti (bensì unicamente con i distributori di detta energia).

Ebbene, la risposta del MEF chiarisce che:

  • in concreto nulla è stato innovato per quanto riguarda la specifica fattispecie a seguito dell’introduzione del canone; per cui, le indicazioni contenute nei documenti di prassi amministrativa ai fini TOSAP e COSAP devono ritenersi valide anche per il canone (ovverosia la circolare n. 1/DF del 20.01.2009, che richiama la risoluzione n. 7/DPF del 14.05.2002);
  • fra le attività strumentali disciplinate dal comma 831 (come interpretato dalla norma di interpretazione autentica sopra menzionata) che beneficiano del pagamento del canone nella misura minima di 800 euro deve essere ricompresa anche l’attività di produzione di energia elettrica, date le sue caratteristiche di complementarietà ed esclusività nell’ambito della filiera del sistema elettrico nazionale.

 

I dubbi in merito alla corretta quantificazione del canone

In merito all’ipotesi in cui nel Comune di riferimento una società possieda più di un impianto, ci si chiede se l’importo minimo dovuto come sopra descritto debba essere versato per ogni impianto o per singolo contribuente.

Le norme di riferimento non precisano nulla al riguardo; l’unica precisazione è contenuta nel comma 831-bis (riferito però ai soggetti titolati all’erogazione di pubblico servizio inerente alla rete di telecomunicazione) dove si precisa che tali soggetti “che non rientrano nella previsione di cui al comma 831, sono soggetti a un canone pari a 800,00 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente”.

In assenza di analoga previsione in merito al diverso caso dei soggetti operanti tramite impianti di produzione e trasmissione di energia elettrica, dovrebbe potersi ragionevolmente concludere che il canone si debba intendere assolto mediante pagamento dell’importo minimo (800,00 euro), indipendentemente dal numero di impianti situati nel Comune.

Di contro, seguendo la medesima impostazione, un impianto che si trovi “cavallo” di due (o anche più) Comuni, dovrebbe vedere moltiplicato l’onere in questione per il numero di Comuni su cui lo stesso insiste.

In termini di rispetto del principio generale di capacità contributiva, considerata la natura sostanzialmente impositiva (a dispetto della denominazione come “canone”) del balzello, non è certo un risultato appagante.

Probabilmente l’ennesimo prezzo da pagare alla sciagura nazionale del federalismo fiscale.