Il codice del terzo settore e la semplificazione fiscale – II° parte
di Guido MartinelliProseguendo l’analisi avviata con il precedente contributo, giova sottolineare che ulteriori complicazioni possono nascere per quegli enti del terzo settore (aps o meno) che svolgono la pratica sportiva dilettantistica come attività di interesse generale e, a tal fine, sono anche regolarmente iscritti al Registro Coni delle società e associazioni sportive dilettantistiche.
La circolare 18/E/2018 dell’Agenzia delle entrate, fornendo la risposta ad alcuni quesiti emersi nel tavolo di confronto aperto con l’apposita commissione Coni, ha ritenuto, ad esempio, che i corrispettivi derivanti dalla cessione del diritto sportivo alla partecipazione ad un determinato campionato o dei diritti sulle prestazioni sportive di un atleta, ove questa non abbia intento speculativo (acquisto per la rivendita), possano godere, ai fini dei redditi, della decommercializzazione del provento ai sensi di quanto previsto dall’articolo 148, comma 3, Tuir.
La circolare assumeva il presupposto che, sia il cedente che il cessionario, fossero “solo” associazioni o società sportive dilettantistiche e, pertanto, perfettamente legittimate, sussistendone i presupposti, ad utilizzare la norma di favore da ultimo citata.
Ma se la cedente o la cessionaria fossero “anche” enti del terzo settore, nei confronti dei quali non appare possibile applicare l’articolo 148 Tuir (ai sensi di quanto previsto dall’articolo 89, comma 1, lett. a, D.P.R. 117/2017, di seguito “cds”) cosa si dovrà fare? Se la cedente fosse solo iscritta al registro Coni si applicherà la decommercializzazione che invece verrà meno se la titolare del diritto in questione fosse anche iscritta al Runts?
E se, come ritiene lo scrivente, venisse confermato che la cessione dei diritti sulle prestazioni degli atleti sia soggetta ad Iva ai sensi dell’articolo 4 L. 398/1991, applicabile come tale alle sportive ma non agli enti del terzo settore (vedi lettera c del citato articolo 89, comma 1, cts) dovremmo ritenere che la cessione dell’atleta di un sodalizio iscritto solo a registro Coni applica la defiscalizzazione ai fini delle imposte sui redditi ma è assoggetta ad Iva? Ciò significherebbe, poi, che la sportiva anche iscritta al Runts assoggetterà ad imposta sui redditi il corrispettivo della cessione ma non ad iva applicando l’articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972?
Questo significherà quindi che il corrispettivo per la cessione non entrerà nel plafond della L. 398/1991 per la sportiva iscritta solo al registro Coni entrando, invece, nel plafond del regime forfettario di cui all’articolo 86 cts per la sportiva del terzo settore.
Nessuno credo potrà negare che la fattispecie non sia per nulla “semplificata”.
Qualche ulteriore considerazione sui corrispettivi specifici per servizi conformi alle finalità istituzionali versati da soci e tesserati, oggi defiscalizzati ai fini delle imposte sui redditi, sia per le associazioni che per le società sportive dilettantistiche, dal combinato disposto di cui all’articolo 148, comma 3, Tuir e articolo 90, comma 1, L. 289/2002.
Avendo il codice del terzo settore riservato questa possibilità agevolativa solo alle associazioni di promozione sociale ne deriva, di conseguenza, che le società sportive dilettantistiche che intendessero entrare nel terzo settore (ad esempio come impresa sociale) non potrebbero godere mai di tale trattamento di favore.
Ma l’aspetto curioso che si voleva evidenziare è il trattamento del corrispettivo versato dal “familiare convivente” (ad esempio coniuge o figlio) dell’associato.
Per le associazioni sportive iscritte solo al registro Coni l’importo versato dal familiare convivente sarà sempre imponibile, sia ai fini Iva che ai fini delle imposte sui redditi, salvo che il medesimo non sia anche tesserato ad un ente sportivo nazionale riconosciuto dal Coni.
Per le associazioni di promozione sociale iscritte anche al registro Coni l’importo sarà decommercializzato ai fini delle imposte sui redditi, ma sarà soggetto a Iva.
Per l’ente del terzo settore sportivo non iscritto al Runts nella sezione delle aps, l’importo sarà sempre e comunque commerciale sia ai fini Iva che ai fini delle imposte sui redditi, salvo che l’attività sia svolta con modalità non commerciali ai sensi di quanto previsto dall’articolo 79, comma 2, cts.
Un’ultima considerazione deriva dalla lettura del comma 5 bis del citato articolo 79 cts. Viene riportato un elenco di proventi che, a determinate condizioni, sono ritenuti non commerciali, “tenuto conto altresì del valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività svolte con modalità non commerciali”.
Come si potrà calcolare questo valore normale? Anche qui, purtroppo, sarà necessario lasciare il campo alla prassi amministrativa.