Il coefficiente di ammortamento per i beni strumentali concessi in uso a terzi
di Fabio LanduzziAi fini contabili, così come indicato nel Principio contabile Oic 16, par 10, l’ammortamento rappresenta come noto la modalità di ripartizione del costo di un’immobilizzazione tecnica nel periodo della sua stimata vita utile, e si concretizza nella identificazione di un criterio “sistematico e razionale” di allocazione temporale del costo sostenuto per l’investimento.
Giova ricordare come anche la giurisprudenza di Cassazione abbia in più occasioni sottolineato tale concetto, laddove ha definito l’ammortamento come la “ripartizione per competenza (con metodo sistematico e razionale) del costo di acquisizione di beni con riferimento alla loro «vita utile», negli anni in cui la loro utilità funzionale ed economica si connette al processo produttivo dell’impresa partecipando al risultato dei singoli esercizi, in rapporto al deperimento fisico o tecnologico o economico (e perciò giuridico) di essi” (Cassazione, n. 10225/2017).
Il criterio sistematico di cui si è dato atto nei sopra citati riferimenti tecnici si traduce nella quantificazione della quota di ammortamento di competenza di ciascun esercizio, il cui driver è a sua volta rappresentato, come noto, dalla stima della residua possibilità di utilizzazione del bene strumentale.
Ebbene, nel formulare questa stima, l’Oic 16, par. 63, rammenta che non si deve avere riguardo, o quantomeno non in via diretta ed esclusiva, alla durata “fisica” del cespite, bensì alla sua durata “economica”.
La durata “economica” di un cespite si concretizza in termini operativi nel tempo in cui si prevede che quel bene strumentale potrà produrre utilità per l’impresa che lo impiega, un concetto che nel linguaggio contabile si riassume appunto nella stima della “vita utile” del bene.
Molteplici sono i fattori che possono concorrere a definire la “vita utile” del cespite; ad esempio, il deterioramento dovuto al tempo, le condizioni di impiego, il grado di obsolescenza tecnica, le politiche di manutenzione, ecc..
Passando dal piano contabile a quello fiscale, sappiamo che esiste una misura massima deducibile dell’ammortamento annuo che è stabilita dall’articolo 102, comma 2, Tuir, il quale rimanda all’applicazione dei coefficienti fissati nel D.M. 31.12.1988.
Questi coefficienti, seppure datati ed in molti casi oggi anacronistici, sono stati comunque determinati secondo categorie di beni fra loro ritenuti sufficientemente omogenei in base al normale periodo di deperimento nei vari settori produttivi, cercando di dare rilevanza al “processo di usura cui è sottoposto” il bene.
Tutto quanto detto sinora ci consente di proiettarci con un buon bagaglio tecnico al caso particolare dei beni strumentali concessi in uso a terzi a vario titolo; ad esempio, in locazione operativa oppure in comodato, nell’ambito dell’attività caratteristica dell’impresa concedente.
Si pone allora la questione di come individuare ai fini fiscali il “giusto” coefficiente di ammortamento da applicare a tali beni, e precisamente se sia quello che caratterizza il settore di appartenenza del concedente, oppure dell’utilizzatore del bene strumentale.
Sulla questione consta una recente interpretazione espressa dall’AIDC nella Norma di comportamento n. 213 secondo cui, proprio facendo tesoro delle considerazioni sopra esposte, il riferimento dovrebbe correttamente andare nel senso di dare preminenza all’attività esercitata dall’utilizzatore del bene strumentale.
Dal punto di vista civilistico, non vi sono dubbi che è nella sfera di tale soggetto che il bene riceve gli effetti dei fattori, alcuni dei quali sopra elencati, incidenti sulla sua vita utile.
Sotto il profilo tributario, appare quindi consono abbandonare un approccio formale di mero arroccamento sulle griglie del DM succitato sul lato del concedente, per preferire invece un approccio che privilegi il profilo sostanziale (si veda anche la sentenza della Corte Cassazione n. 13506/2000).
Anche dal punto di vista strettamente normativo, poi, i coefficienti indicati dal DM, come abbiamo visto, sono fissati secondo il deperimento ed il consumo dei beni a seconda del settore produttivo, per cui è giocoforza rilevante il contesto in cui quel bene viene effettivamente impiegato che ne può condizionare il suo grado di usura.
Infine, si può ricordare in questa direzione anche un più recente arresto della giurisprudenza di merito (CTR Emilia Romagna, sentenza n. 1226/2021), proprio afferente ad un caso relativo ad una locazione di un immobile industriale.