Il concetto di democrazia negli statuti delle Ssd
di Guido MartinelliIl comma 17 dell’articolo 90 L. 289/2002 ha codificato nel nostro ordinamento le società di capitali sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, ormai universalmente definite come Ssd.
In realtà il panorama sportivo già alla data di entrata in vigore di detta norma vedeva presenti molte società di capitali dilettantistiche senza scopo di lucro.
Il presupposto per la loro costituzione era dato dalla L. 91/1981 sul professionismo sportivo, che allora prevedeva, per le società sportive professionistiche, la costituzione in società di capitali non profit, disciplina che veniva applicata, in via analogica, anche nel mondo dilettantistico.
In più, la legge istitutiva del Coni, parlando di società e associazioni, aveva fatto ritenere ammissibile l’utilizzo di tale figura giuridica che, inizialmente, aveva come fine la richiesta di mutui dell’istituto per il credito sportivo che allora potevano essere concessi solo a società sportive dotate di responsabilità limitata.
Si discusse sulla natura di questi enti, in particolare anche alla luce della circolare n. 21/2003 della Agenzia delle entrate che in proposito scriveva: “ In particolare, viene introdotta una nuova tipologia di società di capitali che si caratterizza per le finalità non lucrative e che si inserisce nell’ordinamento giuridico come una peculiare categoria di soggetti societari”.
L’esame letterale dell’articolo 90, comma 17, lett. c (“…società sportiva di capitali costituita secondo le disposizioni vigenti”) e comma 18, lett. e (“le società sportive … per le quali si applicano le disposizioni del codice civile”) portò però a ritenere che le Ssd dovessero considerarsi, a tutti gli effetti, società disciplinate dal quinto libro del codice civile (e, quindi, soggette comunque agli adempimenti da questo previsti indipendentemente dalle agevolazioni fiscali godute) e quindi che non debbono e possono essere considerate società di diritto speciale.
La legittimazione era legata alla distinzione che veniva fatta tra lucro oggettivo e soggettivo.
Il primo pacificamente ammesso stante la natura di impresa del soggetto in questione; il secondo, ossia la distribuzione del profitto tra gli associati, tassativamente vietato.
Ciò premesso il comma 1 del medesimo articolo 90 prevede che alle Ssd si possano applicare “le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche”: principale tra queste, per quanto oggi di nostro interesse, l’articolo 148, comma 3, Tuir.
In particolare il problema che oggi si pone è se le SSd debbano inserire nei loro statuti le specifiche clausole previste dal comma 8 dell’articolo 148 Tuir al fine di poter godere della defiscalizzazione dei corrispettivi specifici previsti dal comma 3.
Tra queste, in particolare, quelle concernenti la democraticità del rapporto associativo previste dalle lettere c) ed e) della citata disposizione agevolativa.
Lo spunto per questa riflessione nasce da una sentenza della CTR Marche (sez. II, n. 295 del 22.06.2020), la quale respinge il ricorso proposto da una Ssd avverso un accertamento dell’Agenzia, confermato in primo grado.
I giudici di appello, dopo aver ricordato la costante giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale deve prevalere, ai fini della utilizzabilità delle agevolazioni fiscali previste dalle norme in esame per il mondo dello sport dilettantistico, la sostanza sulla forma, analizzano se la contribuente abbia i requisiti per godere della agevolazione di cui all’articolo 148, comma 3, Tuir, in particolare se l’attività sia conforme a statuto e se l’attività sia rivolta a terzi.
Contraddittorio appare il chiedersi, come si propone il Giudicante, se l’attività sia conforme a statuto, dopo aver affermato che la ricorrente “è indubitabilmente una società sportiva dilettantistica ai sensi dell’articolo 90”.
Se così non fosse non potrebbe avere i requisiti per il riconoscimento ai fini sportivi legato all’iscrizione al Registro Coni, regolarmente posseduta dalla Ssd.
Ma il punto che a noi più interessa è quello dove viene indicato che lo statuto avrebbe dovuto possedere: “indefettibili requisiti… tra i quali rientra, diversamente da quanto opina parte appellante, anche quello della democraticità delle attività svolte”.
Ciò comporta, secondo il giudizio della Commissione, “che il tesserato della ssd deve volere ed essere consapevole che mediante la richiesta di iscrizione, egli diviene centro di imputazione di diritti e di doveri in seno alla ssd”.
Onestamente non si comprende quale rapporto, sotto il profilo civilistico, possa assumere il tesserato secondo la prospettazione dei Giudici di Appello.
Possiamo solo ricordare che l’Agenzia delle entrate, nella sua circolare 18/E/2018 ha confermato che le “società sportive dilettantistiche non sono soggette all’obbligo di prevedere statutariamente la clausola della democraticità, valevole invece per le associazioni sportive dilettantistiche”: conseguentemente, queste, a differenze della Asd “non devono integrare i propri statuti con le clausole concernenti la democraticità del rapporto associativo previste dalle lettere c) ed e) del comma 8 dell’articolo 148 del Tuir”.