12 Maggio 2015

Il concordato in continuità nei numeri

di Claudio Ceradini
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Prendiamo il piano che qualche settimane fa abbiamo tentato di sostenere mediante un accordo di ristrutturazione del debito, ex art. 182bis L.F., e tentiamo di riproporlo in un concordato in continuità. Si era rilevato che mancavano soldi per renderlo attuabile, il fabbisogno finanziario generato dal pagamento dei fornitori, anche se pur modestamente falcidiati, era superiore alla combinazione tra capacità aziendale di produrre liquidità e ricapitalizzazione eseguita dai soci, che sono disponibili a rischiare i loro soldi, ma in condizioni di successo perlomeno possibile, se non probabile.

Per sintesi, tenendo conto che nei primi tre anni di piano si sarebbe provveduto (i) al pagamento dei dissenzienti per 1.000, (ii) a versare i primi due acconti sul rientro quinquennale degli altri per 1.608, (iii) ottenendo una falcidia di 780 ed (iv) il rientro a favore delle banche per soli 600, dilazionato in cinque anni, rimanendo operativa l’originaria struttura degli affidamenti (3.100), purtuttavia alla fine del triennio la coperta risultava corta.

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