Il condono clemenziale è subordinato all’integrale pagamento
di Luigi FerrajoliCon la recente sentenza n. 417 del 13 gennaio 2016 la Corte di Cassazione ha statuito che la fattispecie di condono previsto dall’art. 9-bis della L. n.289/02 costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale e che, di conseguenza, è condizionato dall’integrale e tempestivo pagamento di quanto dovuto; il pagamento rateale determina, quindi, la definizione della lite pendente solo se le rate vengano tempestivamente pagate.
Com’è noto, l’articolo 9-bis della L. n.289/02 aveva previsto al comma 1 che “Le sanzioni previste dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, non si applicano ai contribuenti e ai sostituti d’imposta che alla data del 16 aprile 2003 provvedono ai pagamenti delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 ottobre 2002, per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data. Se gli importi da versare per ciascun periodo di imposta eccedono, per le persone fisiche, la somma di 3.000 euro e, per gli altri soggetti, la somma di 6.000 euro, gli importi eccedenti, maggiorati degli interessi legali a decorrere dal 17 aprile 2003, possono essere versati in tre rate, di pari importo, entro il 30 novembre 2003, il 30 giugno 2004 e il 30 novembre 2004”.
Nella fattispecie sottoposta all’esame della Suprema Corte, una società aveva aderito al condono, versando però solo la prima delle rate previste e lasciando scadere infruttuosamente quelle successive.
A seguito di controllo automatizzato ex art.36-bis del D.P.R. n.600/73, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso la cartella di pagamento, per il recupero di omessi versamenti per l’anno di imposta 2001 a seguito del diniego del condono a causa del mancato versamento delle rate successive alla prima.
La società aveva proposto ricorso, sostenendo che tale circostanza non comportava l’invalidità e/o l’inefficacia della definizione agevolata, ben potendo la lacuna essere colmata in via analogica, mediante l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo ex art.14 D.P.R. n.602/73 e l’irrogazione delle sanzioni ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n.471/97.
Tale teoria era stata condivisa sia dai giudici di primo grado che dai giudici dell’appello, pertanto la vicenda è giunta in Cassazione su ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
L’Amministrazione finanziaria ha, tra l’altro, lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art.9-bis L. n.289/02 per aver ritenuto la CTR che il mancato versamento delle rate successive alla prima non comportasse l’inefficacia del condono.
La Suprema Corte ha ritenuto il motivo meritevole di accoglimento, evidenziando che la tipologia di condono in esame, relativa alla possibilità di definire gli omessi e/o tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi o, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate dalla stessa L. n.289/02 negli artt. 7, 8, 9, 15 e 16, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario.
Secondo la Cassazione, “Ne consegue che, nell’ipotesi di cui all’art. 9-bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, in ordine alla determinazione del quantum, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 3, oltre agli interessi, il condono è condizionato dall’integrale e tempestivo pagamento di quanto dovuto ed il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se tale condizione venga rispettata, essendo insufficiente il pagamento della sola prima rata cui non segua l’esatto adempimento delle successive…”.
Infine, la Suprema Corte evidenzia che la disciplina di cui agli artt. 8, 9, 15 e 16 della L. n.289/02, nella parte in cui tali disposizioni statuiscono l’efficacia delle ipotesi di condono “premiale” da essi previste, ancorché le rate successive alla prima non siano integralmente e tempestivamente versate, non può essere oggetto di applicazione analogica, data la natura eccezionale delle disposizioni in materia di condono (vedi Cass. n. 19546 del 2011; n. 21364 del 2012; n. 25238 del 2013).
Sulla base di tali considerazioni la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la pronuncia di appello e, non ritenendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo la causa nel merito ai sensi dell’art.384 comma 2 c.p.c., con il rigetto del ricorso originario della contribuente.