Il conferimento congiunto di partecipazioni qualificate
di Ennio VialIn tema di conferimento di partecipazioni il legislatore ha introdotto un nuovo comma 2 bis all’articolo 177 Tuir, che estende il regime di realizzo controllato di cui al comma 2 anche alle ipotesi di conferimento di partecipazioni non di controllo, ma solamente qualificate.
Le previsioni del comma 2 contemplano un regime derogatorio rispetto a quello ordinario contenuto nell’articolo 9 Tuir. Secondo la regola ordinaria, la plusvalenza è calcolata come differenza tra il valore normale delle partecipazioni conferite e il costo fiscalmente riconosciuto delle stesse in capo al socio.
L’articolo 177, comma 2, Tuir contiene un regime derogatorio che permette di sostituire, ai fini del calcolo della plusvalenza, il valore normale con un valore pari all’incremento del patrimonio netto della conferitaria a seguito del conferimento. Si badi che il riferimento viene fatto all’incremento del patrimonio netto e non al semplice incremento del capitale sociale.
Non si tratta, a ben vedere, di un vero e proprio regime di neutralità fiscale come quello del conferimento di azienda contenuto nell’articolo 176 Tuir, quanto, piuttosto, di un regime a realizzo controllato. In sostanza, il conferente è in grado di pilotare la plusvalenza pilotando (legittimamente) l’incremento del patrimonio della conferitaria a seguito dell’operazione.
Tra la condizioni previste dalla norma, tuttavia, vi è l’acquisizione o l’integrazione del controllo da parte della società conferitaria. Il controllo non è individuato in modo generico, bensì in base all’articolo 2359, comma 1, n. 1, cod. civ., ossia nel controllo consistente nella maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria.
Era precluso, in passato, il conferimento attraverso cui la conferitaria acquisiva una partecipazione non di controllo. Sul punto, tuttavia, è intervenuto il legislatore in sede di conversione del decreto crescita (D.L. 34/2019).
In particolare, il nuovo comma 2 bis dell’articolo 177 Tuir, inserito ad opera dell’articolo 11-bis, comma 1, D.L. 34/2019, prevede che, quando la società conferitaria non acquisisce il controllo di una società, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, numero 1), cod. civ., né incrementa, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo, la disposizione di cui al comma 2 del presente articolo (ossia il regime di realizzo controllato) trova comunque applicazione ove ricorrano, congiuntamente, due condizioni.
Il primo requisito prevede che le partecipazioni conferite rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 25 per cento. Si tratta, in sostanza, della definizione di partecipazione qualificata che, in parte, differisce dalla partecipazione di collegamento definita dall’articolo 2359 cod. civ..
La seconda condizione è che le partecipazioni siano conferite in società, esistenti o di nuova costituzione, interamente partecipate dal “conferente”. Si noti come il legislatore, riferendosi al conferente, abbia utilizzato il singolare.
Qualche perplessità è appunto emersa tra gli operatori leggendo nella norma che la holding deve essere partecipata dal conferente e non dai conferenti. L’uso del singolare, tuttavia, non pare implicare il fatto che il comma 2 bis possa trovare applicazione solamente nel caso in cui il conferente sia solamente un unico socio.
Infatti, al di là della formulazione normativa, che letteralmente parla di “conferente” e non di “conferenti”, la norma deve trovare applicazione anche nel caso di più soggetti conferenti.
Ciò per una serie di ragioni. Innanzitutto la lettera a) parla di partecipazioni conferite che rappresentano, “complessivamente” determinate soglie partecipative. L’uso dell’avverbio “complessivamente” ben si confà alla pluralità dei soci conferenti e non avrebbe alcun senso se si ammettesse solo il conferimento da parte dell’unico socio.
In secondo luogo, si deve osservare come il precedentemente citato comma 2, che risulta pacificamente applicabile anche nel caso di più soci conferenti, laddove determina i criteri per determinare “reddito del conferente”, utilizza il singolare.
Anche in questo caso, tuttavia, l’uso del singolare non esclude la possibile pluralità dei soci che è stata riconosciuta in diverse occasioni da parte dell’Agenzia.
Da ultimo, la pluralità dei soci dovrebbe essere ammessa per ragioni di ordine logico-sistematico.
Taluni, limitandosi alla mera parafrasi della norma, non hanno preso posizione sulla questione.
Non è tuttavia mancato chi ha rilevato che, in armonia con l’interpretazione resa in diverse occasioni dall’Ufficio in relazione all’articolo 177, comma 2, Tuir (circolare 320/E/1997; risposta a istanza a interpello n. 138 del 2019, risposta a istanza di interpello n. 147 del 2019), sarebbe in ogni caso auspicabile includere nell’ambito di applicazione del nuovo comma 2-bis il conferimento effettuato con atto unico da parte di più soggetti a una società interamente partecipata dagli stessi, purché sia idoneo a far assumere alla conferitaria una partecipazione che rappresenti “complessivamente” le percentuali relative alla qualificazione.
24 Agosto 2020 a 12:05
Gli interventi del Dott. Vial sono sempre garanzia di qualità e preparazione professionale