5 Dicembre 2024

Il correttivo Ires e la nuova fiscalità della liquidazione

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

Il Correttivo Ires interviene in modo rilevante anche sulla fiscalità della liquidazione. Peraltro, in questa procedura si generano anche rilievi fiscali, per così dire indiretti, ovvero derivanti dalle modifiche del Documento OIC 5 di cui si attende la pubblicazione ufficiale. Quindi ci troviamo in un momento di grande incertezza per quanto riguarda la liquidazione societaria in chiave sia contabile che fiscale, talché può essere opportuno fare un po’ di chiarezza, a partire dalle ricadute fiscali del “nuovo” OIC 5.

 

Le ricadute fiscali del nuovo OIC 5

Anzitutto, nel “nuovo” OIC 5 cambia la natura del fondo rischi ed oneri futuri che perde la sua prospettiva prognostica e viene alimentato solo dalle obbligazioni certe in contropartita di componenti negativi iscritti direttamente a conto economico. Quindi, il fondo non risulta più alimentato da poste iscritte direttamente a stato patrimoniale, il che aveva creato il dubbio di come dedurre i costi (al momento della loro effettiva maturazione, si intende) senza un passaggio a conto economico.  Il dubbio era stato sviscerato dall’interpello della DRE Lombardia n. 904/74/2015, in cui venivano legittimate la variazioni in aumento ed in diminuzione direttamente nel modello Redditi; variazioni da eseguirsi  al momento di maturazione della competenza economica, ma alla luce della modifica intervenuta sulla gestione contabile del fondo, non serve più la citata interpretazione, poiché i componenti negativi transitano a conto economico e potranno essere dedotti, ovviamente, nel rispetto del principio di competenza. Quindi, se verranno iscritti nel Fondo degli accantonamenti la cui deduzione non è prevista dal Tuir se non al momento di maturazione del costo, sarà necessario gestire, in primis, la variazione in aumento per rettificare l’iscrizione del costo a Conto economico, e secondariamente la variazione diminutiva al momento della maturazione del costo stesso.

 

Le modifiche in tema di provvisorietà dei periodi intermedi di liquidazione

Certamente il passaggio innovativo principale, in tema di fiscalità della liquidazione, è rappresentato dai nuovi commi 2 e 3 dell’articolo 182, Tuir, laddove si modifica un punto fermo dello stesso Tuir, ossia la provvisorietà della determinazione del reddito negli esercizi intermedi di liquidazione nella ipotesi in cui tali periodi non superino il numero di 3 per le società di persone e 5 per le società di capitale. L’idea di fondo dalla quale muove l’attuale articolo 182, Tuir, è che l’intero periodo di liquidazione costituisca un unico maxi-periodo d’imposta, e da qui la determinazione provvisoria degli imponibili. Peraltro, per le società di persone si affianca, a tale aspetto, una peculiarità: mentre i redditi dei periodi intermedi sono attribuiti ai soci (ancorché in via provvisoria) le perdite di esercizio non sono attribuibili, se non verificandone la loro sussistenza nel momento di chiusura della liquidazione.

 

L’attuale scenario normativo sulla sospensione delle perdite nelle società di persone

Prima di analizzare la portata delle novità del Correttivo, vale la pena mettere a fuoco i problemi a tutt’oggi irrisolti in via ufficiale, che l’applicazione della attuale stesura normativa ha portato con sé. Sulla interpretazione dell’attuale articolo 182, comma 2, ultimo periodo, Tuir, sono state proposte varie  interpretazioni legittimate da un dato letterale certamente ambiguo: “ Se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell’articolo 8.”

Chi scrive, ritiene che la più convincente sia quella secondo cui la norma citata non può risultare applicabile solo nel caso in cui la liquidazione si chiuda entro 3 esercizi. Ricordiamo, infatti, che la determinazione provvisoria del reddito degli esercizi intermedi di liquidazione si ha solo nell’ipotesi in cui la liquidazione stessa non si protragga per più di 3 esercizi compreso quello di inizio della procedura. Superando i 3 esercizi si avrebbe, retroattivamente, il passaggio da determinazione provvisoria a definitiva, e le perdite di esercizio, non imputate a suo tempo, sarebbero vanificate. Tutto ciò appare palesemente incongruo, ma non è così semplice individuare una corretta procedura. Le combinazioni sono molteplici, ma il primo punto da sviscerare è se la locuzione “chiude in perdita” debba essere riferita solo all’ultimo esercizio o se sia comunque da riferire all’intero bilancio di liquidazione, ancorché di durata superiore a 3 esercizi. Al riguardo sembra più ragionevole ipotizzare che il riferimento sia all’intera fase di liquidazione, il che permette di ritenere che, ove si abbia una perdita complessiva, questa sia attribuibile ai soci. Ciò può verificarsi sia alternandosi, negli esercizi intermedi, utili e perdite, sia presentandosi una successione di perdite. Vediamo questo esempio:

  1. Esercizio 1° di liquidazione = perdita 100
  2. Esercizio 2° di liquidazione utile 10
  3. Esercizio 3° di liquidazione utile 5
  4. Esercizio 4° di liquidazione utile 15.

Perdita complessiva = 70, che, si ritiene, debba essere attribuibile ai soci. In questo caso, occorre capire quale sia la sorte delle imposte versate in relazione ai periodi in utile ormai divenuti definitivi, poiché delle due l’una: o le imposte versate vengono considerate rimborsabili, oppure occorre attribuire l’intera perdita di 100 ai soci, diversamente ragionando si avrebbe una irrazionale penalizzazione.

Se nell’esempio sopra riportato la perdita dell’esercizio 1 fosse stata pari a 10, resterebbe fermo che tale perdita non sarebbe in nessun caso attribuibile ai soci, poiché il risultato complessivo della liquidazione (intera) sarebbe un utile, sebbene anche questa conclusione appare penalizzante, laddove elimina la fruizione di una perdita, ma su questo punto si vedrà la soluzione proposta dal Correttivo Ires.

Se, invece, il primo esercizio si chiude in perdita e poi si manifestano ulteriori perdite negli esercizi successivi si prospettano due possibili casi: o la liquidazione si chiude entro un triennio ed allora la perdita complessiva viene imputata per trasparenza ai soci, oppure essa si protrae oltre i 3 anni ed allora deve ritenersi che l’intera perdita, come sommatoria di tutte le perdite generate nei singoli esercizi (e non attribuite ai soci) sia comunque da attribuire ai soci per una eventuale compensazione con redditi di impresa, oppure per un riporto in avanti agli esercizi successivi, sperando di intercettare, entro un quinquennio dalla chiusura  della liquidazione, redditi di impresa imputabili al socio. Questa ultima tesi contrasta con il dato normativo, secondo cui in presenza di liquidazione ultra-triennali, i redditi dei singoli esercizi sono determinati in modo definitivo, ma è l’unica che presenta una certa ragionevolezza, essendo palesemente inaccettabile pensare che perdite di esercizio, correttamente determinate, non siano imputate ai soci.

È chiaro che tutta questa ambiguità è collegata al tema della provvisorietà della determinazione dei periodi di liquidazione intermedi ed è proprio su questo punto che interviene il Correttivo Ires, proponendo una soluzione sia per le società di capitali sia per quelle di persone, che analizzeremo in un prossimo intervento.