Il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in società di persone
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365Un tema delicato che di tanto in tanto concentra l’interesse degli operatori, ed in modo particolare in questo periodo, è la corretta determinazione del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in società di persone in regime di contabilità semplificata.
La questione assume una rilevante attualità poiché le società in contabilità semplificata che vorranno assegnare l’immobile ai soci dovranno considerare quale sarà l’eventuale gravame fiscale che si genererà sugli stessi.
In linea generale tale imponibile non costituirebbe, ovviamente, un reddito da capitale, bensì un reddito “partecipativo” (anche se non esiste la categoria reddituale del reddito da partecipazione quindi si tratterebbe di un reddito di impresa attribuito al socio), tuttavia determinato come un reddito da capitale, cioè per differenza tra la somma in denaro o il valore normale del bene ricevuto ed il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Sul punto è chiara la circolare 37/E/2016 quando afferma che per l’assegnazione agevolata non si può ritenere che in tutti i casi il socio non subisca alcuna tassazione a causa del fatto che già è stata versata dalla società l’imposta sostitutiva: “Questo differenziale negativo non può essere attribuito al meccanismo di applicazione della disciplina agevolativa in esame, ma a vicende ad essa estranee quali, ad esempio, la circostanza che il socio assegnatario abbia acquistato la partecipazione ad un valore più basso rispetto al valore economico della società. In tal caso, pertanto, non possono trovare applicazione le norme specifiche previste dalla disciplina agevolativa in esame, ma quelle ordinarie che prevedono la tassazione come utile di tale differenziale negativo ai sensi dell’articolo 47, comma 7, del Tuir, eventualmente tassabile separatamente, se ne ricorrono i presupposti, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera l, del Tuir”.
Vero è che in linea generale i soci di società di persone in contabilità ordinaria difficilmente si troveranno nella condizione di far emergere un imponibile: infatti il costo della partecipazione viene incrementato dagli utili attribuiti fiscalmente per trasparenza ma non distribuiti, oltre ad essere incrementato dall’imponibile su cui la società ha versato l’imposta sostitutiva.
Quindi, attribuendo l’immobile al socio, il plusvalore eventuale è “coperto” dall’imposta sostitutiva, ed il resto delle riserve distribuite è già insito nel costo della partecipazione (o come riserve di utile o di capitale).
Non si può escludere, tuttavia, che in determinati e rari casi, si formi un imponibile: potrebbe essere l’ipotesi nella quale la partecipazione sia stata acquistata per un corrispettivo molto ridotto (ad esempio acquisto tra parenti), e quindi minore rispetto al valore del patrimonio netto esistente nella società.
Vi sono però anche casi in cui l’imponibile da assegnazione in capo al socio può nascere per effetto della determinazione del costo partecipazione, o meglio per le difficoltà a procedere a tale determinazione.
È il caso specifico delle società di persone in contabilità semplificata per le quali non vi è una deroga dal processo di determinazione del costo della partecipazione così come determinato dal combinato disposto dell’articolo 47, comma 7, e 68, comma 6, Tuir.
In questo senso ancora la circolare 37/E/2016 afferma chiaramente che: “ La medesima tassazione in capo al socio potrebbe verificarsi, peraltro, anche nel caso in cui l’assegnazione sia effettuata da società in contabilità semplificata, non essendo prevista una specifica deroga in tal senso dalle norme del Tuir. Si tratta anche in questo caso di un reddito che assume la natura di utile. Al riguardo, si precisa che il costo fiscale della partecipazione del socio in contabilità semplificata deve essere determinato in via extracontabile con le stesse modalità previste dall’articolo 68, comma 6 del Tuir”.
Ma se non vi sono deroghe per la determinazione del costo della partecipazione per società di persone il procedimento non può che essere il seguente: capitale sociale sottoscritto e versato, aumentato degli utili fiscalmente attribuiti per trasparenza, decrementato degli utili distribuiti ed altresì decrementato per effetto delle perdite fiscali altrettanto attribuite.
È immediato notare come sia complesso stabilire, per società che non hanno un regime contabile che permetta di identificare un patrimonio netto, sia l’elemento utile attribuito per trasparenza (salvo monitorare le dichiarazioni dei redditi degli anni pregressi) sia, e soprattutto, l’elemento riserve distribuite, non disponendo di movimenti bancari contabilizzati.
Tale difficoltà può essere superata solo con due percorsi alternativi:
- rinunziare al computo degli utili attribuiti per trasparenza e a quelli distribuiti limitandosi a considerare la quota percentuale di capitale sociale. È chiaro che utilizzando questa prima soluzione si avrà quasi certamente un reddito imponibile per effetto della assegnazione;
- una seconda ipotesi è quella di immaginare la costruzione di uno stato patrimoniale iniziale (come se si aderisse al regime di contabilità ordinaria), attestando così l’entità del patrimonio netto e considerando che per la differenza con il capitale sociale esso può essere definito riserva di utile non distribuita (quindi incrementale del valore della partecipazione).
A tale riguardo diventa importante chiarire l’effetto, sul costo della partecipazione, di una eventuale rivalutazione dei beni eseguita nel passato.
È noto che il saldo attivo generato in regime di contabilità semplificata non è mai una riserva in sospensione di imposta, nemmeno se la società aderisse al regime ordinario facendo emergere nel patrimonio netto il saldo attivo stesso.
Ma possiamo dire che, avendo versato l’imposta sostitutiva per ottenere il riconoscimento fiscale della rivalutazione, il saldo attivo, quale riserva di utili, incrementi il costo della partecipazione?
A parere di chi scrive la risposta deve essere positiva per motivi di carattere logico-sistematico.
Infatti immaginiamo che non sia stata eseguita la rivalutazione e che cedendo il cespite si rilevi una plusvalenza tassabile per attribuzione ai soci: in tal caso nessuno dubiterebbe che tale imponibile incrementa il costo della partecipazione.
Ebbene, la rivalutazione con imposta sostitutiva anticipa l’emersione della plusvalenza già tassando (sebbene con imposta agevolata, ma questo è l’effetto appeal voluto dal legislatore) la medesima.
Ora essendo il maggior valore rivalutato un dato fiscalmente riconosciuto non dovrebbero sussistere dubbi sulla possibilità di considerare tale incremento patrimoniale come una riserva di utili attribuita ai soci e, come tale, incrementale del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Sul punto non constano pronunce ufficiali della Agenzia delle Entrate ma solo un Interpello similare della DRE Lombardia del 23.02.2009 che, pur se con riferimento ad una questione non del tutto uguale, aveva espresso parere contrario a tale riconoscimento.
L’interpello non è mai stato seguito da una pronuncia della Agenzia Centrale, per cui sul tema si auspica un ripensamento.