Il costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni detenute dal trust
di Ennio VialLa risposta ad interpello n. 401 di ieri affronta un caso, invero a prima vista non particolarmente interessante, di un trust trasparente che percepisce dividendi da una società di capitali e che li imputa ai beneficiari del reddito.
Si tratta di un trust che riceve dividendi e realizza plusvalenze da società di capitali, dove il trustee è obbligato a trasferire una parte di detti redditi al disponente e beneficiario.
L’Agenzia, in relazione ai dividendi, conclude che gli stessi devono essere imputati per trasparenza al beneficiario che sconterà su di essi l’Irpef progressiva.
Le conclusioni dell’Agenzia sono necessitate in quanto il trust trasparente e quello opaco hanno in comune il fatto che l’imponibile viene determinato dal trust solo che, mentre il trust opaco fa confluire i redditi nel quadro RN determinando il conteggio dell’Ires, nel trust trasparente i redditi confluiscono nel quadro PN e da lì imputati ai beneficiari.
La base imponibile è ovviamente la stessa ed è pari al 100% per gli utili maturati dal 2017 e al 77.74% per quelli maturati fino al 2016.
Un po’ più confusa è la questione circa la tassazione della plusvalenza. Il contribuente propone di imputarla per trasparenza al beneficiario. La soluzione non poteva essere accettata dall’Agenzia, in quanto le plusvalenze da cessioni quote in capo agli enti non commerciali scontano l’imposta sostitutiva del 26% come nel caso della società semplice o della persona fisica che opera come privato.
L’Agenzia precisa correttamente che “relativamente alla plusvalenza realizzata a seguito della cessione della partecipazione della Società Alfa alla Società Beta, nel medesimo periodo d’imposta, si fa presente che la stessa costituisce un reddito diverso ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c), Tuir assoggettabile ad imposizione sostitutiva nella misura del 26 per cento ai sensi dell’articolo 5 del d.lgs. 21 novembre 1997, n. 461 in capo al Trust e, pertanto, non concorre alla formazione del reddito complessivo ai sensi dell’articolo 143 del Tuir”.
Le conclusioni sono condivisibili perché, non solo sono in linea con i precedenti interventi dell’Ufficio e, segnatamente, la circolare 48/E/2007, ma altresì perché conformi al dato normativo.
Altro tema che potrebbe essere interessante, attiene alla determinazione del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al trust. Ovviamente deve essere il costo del disponente.
La circolare 48/E/2007 precisa che “Qualora il trasferimento dei beni in trust abbia ad oggetto titoli partecipativi il trustee acquisisce l’ultimo costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione”.
In realtà, diverse cose sono successe negli ultimi 15 anni. All’epoca questa impostazione era legata al fatto che la disposizione di beni in trust era soggetta all’imposta di donazione e il donatario, per legge, subentra nel costo del donante.
Invero, il fatto che ora nel trust si sconti l’imposta di donazione solo al momento del passaggio dal trustee al beneficiario, non muta il principio della continuità, anzi, lo rafforza. Le conclusioni di 15 anni fa devono, quindi, intendersi come confermate.
Nella nuova risposta, tuttavia, è contenuto questo passaggio che potrebbe essere male interpretato.
Si legge che “Ai fini della determinazione della predetta plusvalenza, non potrà essere utilizzato il valore rideterminato ai sensi dell’articolo 5 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, della partecipazione in Alfa, da parte del Beneficiario anteriormente alla costituzione del Trust”.
Una prima lettura potrebbe essere quella secondo cui l’Agenzia intende rivedere i principi della circolare 48/E/2007. Ma non solo. Si abroga anche la previsione del Tuir che prevede il trasferimento del costo al donatario. Il trust, il donatario, ma anche l’intestazione fiduciaria comporterebbero l’azzeramento del costo fiscalmente riconosciuto.
Una interpretazione alternativa più ragionevole e rispettosa della circolare 48/E/2007, che compie 15 anni in questi giorni, e della norma, è quella secondo cui il beneficiario non usa il costo rivalutato perché non è lui ad essere assoggettato a tassazione.
Infatti, l’Agenzia non ha fatto altro che rispondere alla terza domanda posta dall’istante ove si chiedeva se il Beneficiario «possa avvalersi, ai fini dell’assolvimento delle proprie obbligazioni fiscali conseguenti alla cessione, da parte del Trust» della partecipazione in Alfa, del valore rideterminato anteriormente alla costituzione del Trust.
Spero di non leggere in giro a caratteri cubitali che l’Agenzia ha rivisto il principio della continuità del costo fiscalmente riconosciuto.