Il credito d’imposta previsto per l’incremento dell’occupazione resta valido anche nel caso di assunzione di familiari
di Davide De GiorgiRaffaello Fossati
I giudici della Sezione V del Supremo Consesso, con la sentenza n.3120 del 12 febbraio 2014, chiariscono che il riconoscimento del credito d’imposta previsto ex art. 7, L. 23 dicembre 2000, n. 388, introdotto dal legislatore per stimolare l’occupazione, è legittimo anche nel caso in cui l’assunzione riguardi un familiare.
Letteralmente “capovolgendo” le conclusioni tratte nella sentenza emessa dai giudici della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 65/06/07, depositata il 4 luglio 2007, viene specificato che la spettanza del bonus assunzioni in commento NON PUO’ essere letta alla luce delle disposizioni previste ex art. 60 D.P.R. n. 917/1986 (già art. 62, comma 2) che non consentono la deducibilità dal reddito dei compensi corrisposi, fra l’altro, agli ascendenti per il lavoro svolto nell’impresa.
In punto di diritto i Giudici rilevano che la disposizione in esame “contiene una disciplina esaustiva in ordine agli incentivi spettanti per l’incremento dell’occupazione, stabilendo con tassatività i requisiti soggettivi ed oggettivi per la loro fruizione, tra i quali NON è compresa l’insussistenza di rapporti familiari tra il datore di lavoro e il lavoratore assunto”.
Richiamando la giurisprudenza formatasi sul punto, i Giudici ritengono arbitrario affermare l’esclusione del beneficio fiscale nel caso di assunzione di familiari sulla base della norma fiscale supra richiamata.
Già in precedenza infatti, con la sentenza n.9298 del 17 aprile 2013, la Corte di Cassazione aveva avuto modo di chiarire che la normativa sugli incentivi per la nuova occupazione elenca requisiti soggettivi e oggettivi tassativi ai fini della fruizione dei benefici, senza fare alcun riferimento alla esclusione dell’agevolazione per l’assunzione dei familiari, dovendosi desumere “a contrario” che non sia esclusa la possibilità di godere dell’agevolazione per l’assunzione dei familiari.
I giudici nella circostanza richiamata si soffermano sulla diversa ratio delle due normative.
Questi chiariscono che “Mentre l’art. 62 T.u.i.r. esenta da tassazione in capo al lavoratore le somme non ammesse in deduzione dal reddito del datore di lavoro, l’agevolazione per l’incentivo dell’occupazione, ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 7, assume la veste di credito d’imposta, senza incidere nella determinazione del reddito d’impresa”.
Anche in questo caso, sulla scia di una giurisprudenza consolidata, la sentenza della C.T.R. viene quindi cassata e la causa viene rinviata ad altra sezione della stessa Commissione tributaria regionale.
La Corte inoltre evidenzia il fatto che “trattandosi dell’assunzione di un familiare, le cui prestazioni vengono normalmente rese affectionis vel benenevolentiae causa, occorre una prova rigorosa degli elementi costitutivi dei rapporto di lavoro e, in particolar modo, dei requisiti indefettibili della subordinazione e della onerosità”.
In conclusione si può affermare che il criterio sistematico di interpretazione, come fornito dalle pronunce in commento, consente l’applicazione alla agevolazione del credito d’imposta, previsto ex art. 7, L. n. 388 del 2000, anche nel caso di assunzione di familiari (nella fattispecie il genitore del datore di lavoro).