Il decreto sulla giustizia civile inizia il lavoro
di Claudio CeradiniIl Consiglio dei Ministri la scorsa settimana ha licenziato il testo, che voci di corridoio solitamente affidabili indicano come suscettibile di qualche non trascurabile modifica prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, del decreto cosiddetto sulla giustizia civile, letteralmente “recante modifiche alle disposizioni in materia fallimentare, civile e processuale civile, e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”. A noi interessa la parte fallimentare (giuridicamente parlando ovviamente), per comprendere cosa cambierà, e se le modifiche siano o meno efficaci, in potenza.
Il decreto riserva undici articoli (dall’1 all’11) ad interventi per nulla secondari in modifica della legge fallimentare. I primi quattro riguardano il concordato preventivo, così come l’ottavo. Gli artt. 5, 6, 7 e 11 riguardano invece il fallimento, ed intervengono soprattutto su due questioni che hanno consentito purtroppo nella prassi applicativa degli ultimi anni comportamenti poco virtuosi, per non dire abusi, e molte, moltissime inefficienze. Gli artt. 9 e 10 infine introducono un nuovo istituto, o meglio una significativa variante di uno vecchio, e cioè l'”accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari“.
Cerchiamo di procedere con ordine e partiamo dal concordato preventivo, procedura che come abbiamo avuto modo di notare qualche settimana fa soffre di una grave, forse letale, crisi di identità e soprattutto di applicazione. L’ultimo “Osservatorio su fallimenti, procedure e chiusure di imprese” (CERVED – Giugno 2015), evidenzia che nei primi tre mesi del 2015 si è avuto un calo del 25% delle procedure di concordato preventivo, dato perentorio e preoccupante, specie se raffrontato con il dato 2014, in cui il calo annuo del 21% si è realizzato con un primo trimestre in aumento (8%). Il 2015, se non cambia niente, rischia di assomigliare agli ultimi attimi del Titanic, per dimensione e rapidità di naufragio. Ora, è pur vero che il rapporto PMI 2014 (sempre CERVED) ci svela un altro risvolto della storia, e cioè che se il 30% delle società che entrano in concordato resta sul mercato dopo un anno, la percentuale cala al 19% dopo due, e al 13,6% dopo tre, rendendo chiaro che il problema della gestione della crisi non è solo giuridico e/o giurisprudenziale, ma più profondo e generale, come se il sistema economico nel suo complesso fosse stato colto impreparato all’inizio, e non sia riuscito ad adeguarsi al diverso approccio che la recessione impone. Ma il problema giuridico e soprattutto giurisprudenziale esiste eccome, e quindi vediamo come il decreto ha iniziato il lavoro che molto più sostanzialmente ci aspettiamo dalla Commissione presieduta da Renato Rordorf nel prossimo futuro.
L’art. 1 del decreto, che apre il Capo I (Facilitazione della finanza nella crisi) interviene in modifica dell’art. 182quinquies L.F.. La questione è nota, e riguarda le enormi difficoltà che qualsiasi serio progetto di risanamento incontra nella copertura del fabbisogno finanziario. Non tutto può fare il legislatore, qualcosa, chi di mestiere eroga credito, deve pur metterci di suo, ma quando le modifiche entreranno in vigore la richiesta della finanza “ponte” o “interinale” che sostiene l’azienda dall’ingresso in procedura alla sua conclusione sarà più semplice. L’autorizzazione al Tribunale potrà essere richiesta anche nel corso della “prenotazione” e senza che il piano concordatario sia definito. Si dovrà evidentemente esporre le ragioni per le quali il finanziamento si rende necessario e quali siano le urgenti necessità che lo rendono indispensabile. Saranno prededotti, chiaramente e inequivocabilmente, perlomeno della versione oggi disponibile del decreto, quindi tendenzialmente poco rischiosi, a meno che non servano, sotto mentite spoglie, a finanziare ulteriori perdite. E quindi i professionisti che assistono il debitore si pongano il problema prima, dosino le richieste, e solo dopo i giudici siano chiamati ad autorizzare, visto che le informazioni che possono loro richiedere sono solo sommarie. Se poi magari, siccome con le autorizzazioni non si paga alcunchè, le banche erogassero, sarebbe gradito.
Meno straordinaria pare la novità delle offerte concorrenti, che il nuovo art. 163bis L.F. disciplinerà. Quando il Commissario Giudiziale non ritenesse congrua la vendita preconfezionata che accompagna il piano concordatario, potrà invitare il Tribunale ad aprire una procedura competitiva. Non ci pare una grande novità, il Tribunale quando vuole la impone comunque, e non serve dirgli che ci sarebbe un contratto e che andrebbe rispettato. Un inciso dell’introducenda norma, al primo comma, pare importante, molto. Il trasferimento dell’azienda potrebbe avvenire anche prima dell’omologazione. Dovrebbe significare che l’esclusione dall’applicabilità dell’art. 2560 c.c., oggi ancorata semplicemente al richiamo, per quanto applicabile, dell’art. 105 contenuto nel penultimo comma dell’art. 182 L.F., sarebbe anticipata? Sarebbe una gran cosa, che eviterebbe di dover “tirare a campare” fino all’omologa, di dover inventare operazioni complesse di affitto ed impegno all’acquisto, e che consentirebbe addirittura di poter conferire l’azienda subito. Sarebbe molto utile, ma non siamo sicuri di aver ben compreso, l’ottimismo inganna talvolta.
Più dirompente la modifica all’art. 163. I creditori potrebbero confezionare una proposta di concordato alternativa rispetto a quella del debitore, quando la sua imponesse falcidia superiore al sessanta per cento (per il momento, è una delle cose che rumors dicono cambieranno). Intenzione positiva. Le diverse proposte sarebbero poi poste in approvazione e la più votata prevarrebbe. Non è facile che accada. Ove possibile, il debitore stesso coinvolge spesso alcuni creditori nel confezionare la proposta, a vario titolo (partneship, partecipazione al capitale, accordi concordatari, etc.). Ove invece la proposta fosse in contrasto con il debitore, temo che ai creditori manchino troppe informazioni per poter confezionare una proposta seria nei tempi, ristrettissimi tra l’altro, che la nuova norma imporrebbe. Non credo che si formerà la coda di creditori appassionati a questa opzione.
Martedì prossimo ci occuperemo di cosa cambia nel fallimento, oltre che aggiornarvi sulle variazioni, se il testo si fosse consolidato.