Il diniego al rimborso integrale del credito di rivalsa IVA
di Luigi FerrajoliNel caso di fatture emesse per prestazioni professionali svolte prima della dichiarazione di fallimento del committente, rimaste insolute e per le quali il contribuente ha già provveduto al versamento dell’imposta, qualora in sede di riparto fallimentare venga previsto il pagamento parziale dei crediti vantati nei confronti del fallimento ammessi al privilegio, il professionista non può richiedere il rimborso totale dell’Iva già versata, anche se il privilegio riguarda esclusivamente la base imponibile, essendo l’Iva ammessa al chirografo. Il rimborso dell’Iva potrà essere concesso solo nella misura determinata dalla differenza dell’Iva versata e l’ammontare dell’imposta determinato scorporando l’Iva dal pagamento parziale ottenuto in sede di riparto. Questo principio è stato affermato dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 5294/2024.
Nel caso deciso dalla Suprema Corte, un professionista emetteva fatture per prestazioni professionali per complessivi euro 48.000 (imponibile euro 40.000, IVA euro 8.000) nei confronti di una società, poi dichiarata fallita, effettuando integralmente il versamento dell’Iva indicata nelle fatture rimaste insolute, insinuandosi conseguentemente nel passivo fallimentare. In sede di riparto fallimentare veniva disposto il pagamento parziale del credito vantato nei confronti del fallimento nella misura del 45,20% dei crediti ammessi al privilegio, costituiti esclusivamente dalla base imponibile, essendo l’Iva ammessa al chirografo. In seguito a ciò, il contribuente richiedeva il rimborso dell’intera Iva già versata nella misura di euro 8.000, ritendo il pagamento parziale riferibile interamente alla quota capitale e non anche all’Iva. L’Agenzia delle entrate notificava diniego parziale del rimborso, procedendo alla restituzione di una minore somma pari alla differenza tra l’importo dell’IVA versata e la somma dell’imposta ottenuta scorporando la stessa dal pagamento parziale ottenuto in sede di riparto, ritenendo, quindi, che il versamento parziale fosse riferibile sia all’imponibile che all’imposta.
La Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il diniego parziale di rimborso disposto dall’Agenzia delle entrate, richiamando sul punto la risoluzione n. 127/E/2008, la quale, pur relativa ad una fattispecie diversa riguardante il credito di rivalsa Iva relativo a prestazioni di servizi svolti anteriormente alla procedura fallimentare, ma non comprovate da fattura, è applicabile anche al caso di specie, atteso che l’obbligazione derivante dalla prestazione professionale è un unicum comprensivo dell’imponibile e dell’Iva, per cui se il riparto fallimentare ha assegnato al creditore una quota del credito, questa quota va calcolata sull’importo complessivo del credito comprensivo dell’Iva.
La controversia involge la tematica del trattamento del credito di rivalsa Iva vantato dal professionista per prestazioni rese in favore dell’imprenditore successivamente dichiarato fallito. Nella specie, trattavasi pacificamente di prestazioni professionali svolte dal professionista in favore della società prima della dichiarazione del fallimento, con emissione delle fatture prima di tale data e pagamento dell’imposta calcolata sulla base imponibile indicata nelle fatture. L’Ufficio ha negato la restituzione dell’intero importo del credito di rivalsa Iva chiesto a rimborso, ritenendo che la somma assegnata in sede di riparto dovesse essere composta da base imponibile e imposta, in applicazione della citata risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 127/E/2008.
Nel caso in cui – come nella fattispecie che ci occupa – il professionista abbia emesso la fattura prima della dichiarazione di fallimento, anticipando il pagamento dell’Iva sulla fattura emessa per le prestazioni eseguite rispetto all’incasso della fattura, lo stesso può insinuarsi nel passivo fallimentare per l’importo totale: la quota relativa alla parte imponibile costituisce un credito privilegiato, mentre la quota relativa alla rivalsa dell’Iva è considerata quale credito chirografario.
La risoluzione n. 127/E/2008, con riferimento alla fatturazione delle prestazioni professionali nell’ambito delle procedure concorsuali, ha chiarito che, dal punto di vista degli adempimenti fiscali, il professionista che si insinua al passivo nell’ambito di una procedura concorsuale è portatore di un credito complessivo per prestazioni professionali, composto da imponibile ed imposta sul valore aggiunto, elementi strettamente collegati tra loro da un nesso inscindibile. Ne consegue che se il piano di riparto, approvato dal giudice fallimentare, dispone il pagamento parziale del credito riguardante le prestazioni professionali rese ante fallimento, ancorché lo stesso faccia riferimento alla sola voce imponibile iscritta tra i crediti privilegiati, sotto il profilo fiscale, i professionisti emetteranno fattura per un importo complessivo pari a quello ricevuto dal curatore, dal quale andrà scorporata l’Iva relativa. In altre parole, se l’importo liquidato dal giudice fallimentare risulta inferiore all’ammontare complessivo del credito professionale, comprensivo dell’Iva, al momento dell’emissione della fattura il professionista ridurrà proporzionalmente la base imponibile e la relativa imposta.
La detraibilità dell’imposta è consentita soltanto a condizione e nella misura in cui la componente Iva delle fatture in esame sia stata correttamente ricalcolata, e cioè attraverso lo scorporo dell’imposta dall’importo complessivo che i professionisti hanno ricevuto dal commissario straordinario. Diversamente, l’esercizio del diritto alla detrazione verrà ammesso solo previa “rettifica” da parte dei professionisti delle fatture emesse, con le modalità ed i termini previsti per l’emissione di note di variazione o, in alternativa, a seguito di regolarizzazione da parte del commissario straordinario delle fatture irregolari ricevute.
Secondo la Corte di cassazione, tale principio di inscindibilità non muta se l’Iva sia stata già versata prima della dichiarazione di fallimento o non ancora versata in quanto non emessa ancora la fattura, essendo il pagamento parziale in sede di riparto da imputare proporzionalmente all’imponibile e all’Iva.