Il disegno di legge governativo sullo sport – II° parte
di Guido MartinelliIl secondo comma del primo articolo del nuovo disegno di legge delega governativo sullo sport istituzionalizza l’iter di approvazione dei decreti delegati stabilendo, inoltre, che, dall’attuazione della delega descritta nel precedente contributo e prevista dal primo comma, non devono derivare nuovi oneri per la finanzia pubblica e che entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti delegati (che ricordo dovranno essere emanati entro un anno dalla data di eventuale approvazione della bozza di legge in esame) potranno essere emanati nuovi provvedimenti integrativi e correttivi dei decreti medesimi.
Detta tempistica è forse una delle cose che lascia maggiormente perplesso il lettore di queste nuove disposizioni.
Infatti si assiste ad una immediata perdita di funzioni oggi svolte da parte del Coni, sia a livello centrale che territoriale, senza che sia data immediata indicazione di chi dovrà svolgerle (il riferimento principe è alla diffusione e alla promozione dello sport e dell’attività motoria, nonché della relativa impiantistica).
Il rischio di un vuoto, sotto questo profilo, appare allarmante. Ci si augura che il dibattito parlamentare risolva questo aspetto del problema.
L’articolo 2 prevede la costituzione dei c.d. “centri sportivi scolastici”.
Il riferimento alla loro costituzione “secondo le modalità e nelle forme previste dal codice del terzo settore di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117” porta a ritenere che queste nuove realtà si collocheranno “tra gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”. Il riferimento alle cariche associative fa presumere la natura “associazionistica” di tali centri
D’altro canto, l’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche è una delle attività di interesse generale di cui si possono occupare gli enti del terzo settore.
Per tali centri viene indicato che l’attività dovrà essere svolta “nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili … e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
Pertanto la scommessa sarà sul come e quanti istituti scolastici riusciranno a costituire questi centri e quale tipo di attività sarà svolta.
Appare dubbio che questa possa essere legata alla partecipazione alle attività agonistiche ufficiali delle varie Federazioni sportive costituendo, se così fosse, una sorta di “ASD pubbliche” che indubbiamente andrebbero a “sconvolgere” i già delicati equilibri esistenti tra le attuali ASD e SSD iscritte al registro Coni.
L’articolo 3 disciplina la cessione, il trasferimento o l’attribuzione del “titolo sportivo” che consente la partecipazione di una società sportiva professionistica ad una determinata competizione nazionale “qualora ammessi dalle singole federazioni sportive”.
La lettura della norma appare quindi limitata solo al calcio e alla pallacanestro e produrrà il problema della sua eventuale applicazione estensiva anche alle cessioni dei titoli sportivi dei campionati dilettantistici (come accade ad esempio nella pallavolo).
L’articolo 4 contiene una delega per il riordino “delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché del lavoro sportivo”.
Premesso che, anche in questo caso, viene concesso al Governo un anno di tempo per l’approvazione del decreto relativo, si conferma il principio della specificità del rapporto di lavoro sportivo (che, pertanto, presumibilmente potrà continuare a godere di una disciplina diversa di quella prevista per gli ordinari rapporti di lavoro).
Viene (finalmente!!) individuata la necessità di caratterizzare la figura del lavoratore sportivo, indipendentemente dalla natura professionistica o dilettantistica dell’attività svolta e con la definizione “della relativa disciplina in materia assicurativa, previdenziale, e fiscale e delle regole di gestione del relativo fondo di previdenza”.
Si ipotizza, pertanto, una figura diversa dalla attuale, almeno per l’attività dilettantistica (che oggi non gode di alcuna copertura previdenziale o assicurativa) ma, contrariamente a quanto previsto dal disegno di legge Barbaro, pendente al Senato (atto. 999) non si individua al momento alcuna soluzione operativa al problema.
Si ipotizzano norme che possano facilitare la collocazione lavorativa di ex atleti nonché il mantenimento dei rapporti di collaborazione amministrativo – gestionale di natura non professionale rese in favore dei sodalizi dilettantistici: “tenendo conto delle peculiarità … e del fine non lucrativo”.
Si prevede anche una riforma della L. 91/1981 sul professionismo sportivo (e qui non possono essere taciute le perplessità sul come possa un decreto delegato modificare una legge dello Stato) senza dare un orientamento della direzione in cui andrà questa riforma, fatto salvo un generico riferimento “ai principi riconosciuti del diritto sportivo e ai consolidati orientamenti della giurisprudenza”.
Viene previsto il riconoscimento giuridico della figura del laureato in scienze motorie (ma per fargli fare cosa?) e il trasferimento delle competenze attualmente svolte dal Ministero della difesa nei confronti dei poligoni di tiro (materia complessa che implicherà anche la necessità di professionalità non facilmente reperibili sul mercato del lavoro).
Anche in questo caso, ai dodici mesi previsti per i decreti si potranno aggiungere i ventiquattro indicati per l’emanazione dei correttivi, e, nel caso in cui ci fosse la necessità di maggiori oneri a carico dello Stato, i decreti potranno trovare attuazione solo dopo l’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzieranno le occorrenti risorse finanziarie.