Il fondo patrimoniale in frode ai creditori conduce al reato di sottrazione fraudolenta
di Gianfranco AnticoIl reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, disciplinato dall’articolo 11 D.Lgs. 74/2000, punisce con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte dirette o dell’Iva ovvero di interessi o sanzioni relative a dette imposte, di ammontare complessivo superiore a euro 50 mila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni, idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione.
Il D.L. 78/2010, convertito con modificazioni dalla L. 122/2010, ha fra l’altro innalzato la pena nell’ipotesi in cui l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro 200 mila (reclusione da un anno a sei anni).
Inoltre, nell’articolo 11 D.Lgs. 74/2000, è stato aggiunto un secondo comma, che punisce la falsità nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale, ossia quando ivi siano indicati elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi.
La norma risulta sostanzialmente modificata rispetto al vecchio articolo 97, comma 6, D.P.R. 600/1973, atteso che prescinde dall’atto di accertamento, punendo anche atti fraudolenti non legati temporalmente all’attività di controllo del Fisco.
A differenza della norma previgente, dunque, da una parte viene a mancare il presupposto della condotta, dall’altra l’evento materiale previsto si trasforma da “danno” in “pericolo”, manifestando il chiaro interesse dello Stato non solo all’effettiva riscossione dei tributi, ma anche alla conservazione delle garanzie patrimoniali che presidiano il credito tributario.
Affinché possa configurarsi la condotta delittuosa la norma prevede, quindi, la sussistenza di due presupposti: il compimento di atti aventi la finalità di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o dell’Iva, dei relativi interessi e sanzioni amministrative; il superamento della soglia di punibilità di euro 50.000, calcolata sull’ammontare delle imposte dovute, oltre agli interessi e alle sanzioni amministrative irrogate dall’Ufficio.
Il reato – come indicato nella circolare 154/E/2000 (punto 3.4) – si perfeziona con “la semplice idoneità della condotta a rendere inefficace la procedura di riscossione, e non anche l’effettiva verificazione dell’evento”.
Il delitto contempla, quindi, una condotta esclusivamente commissiva, consistente nell’alienazione simulata di beni del proprio patrimonio o il compimento di altri atti fraudolenti sui beni propri o altrui preordinati al fine di pregiudicare l’efficacia della riscossione coattiva.
Il dolo specifico che contraddistingue la fattispecie consiste nel voler evitare il pagamento delle imposte e/o di interessi e sanzioni.
Se il fondo patrimoniale è quel complesso di beni destinati a garantire e soddisfare le obbligazioni contratte per le necessità ed i bisogni della famiglia (ma non è un autonomo soggetto giuridico) e si struttura, quindi, con il vincolo di destinazione apposto su determinati beni o sui diritti a questi connessi, in forza del quale gli stessi formano un “patrimonio di destinazione“, i cui frutti sono diretti al soddisfacimento delle obbligazioni contratte nell’interesse della famiglia, ciò non toglie che possa essere oggetto di attacco da parte del Fisco.
In sede giurisprudenziale, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21013 del 31.05.2012, ha affermato che la costituzione di un fondo patrimoniale può integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, in quanto può essere atto idoneo ad ostacolare il soddisfacimento di una obbligazione tributaria.
Nel caso di specie, risulta accertato che l’imputato, unitamente alla moglie, aveva costituito un fondo patrimoniale nel quale confluivano i diritti di proprietà del suo patrimonio immobiliare ed i diritti di usufrutto. Il tutto veniva effettuato allorquando la Guardia di Finanza aveva iniziato una verifica tributaria nei confronti dell’imputato (in senso conforme, Corte di Cassazione, sentenza n. 40561/2012).
Interessanti ancora le conclusioni raggiunte dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 41704 del 26.09.2018: l’immobile conferito in un fondo, dopo la notifica di tre avvisi di accertamento, è indice di reato di sottrazione fraudolenta.
E ancora in questi giorni, con la sentenza n. 19603 del 10.05.2023, i giudici di Piazza Cavour hanno ravvisato il reato di sottrazione fraudolenta nell’ipotesi di costituzione in fondo patrimoniale dei beni immobili in comunione tra il debitore e la consorte e successiva donazione di parte di essi al figlio.
Nel caso in questione, la Corte di Appello ha evidenziato come l’esistenza del debito erariale e il suo ammontare si ricavino dagli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza e dalla successiva denuncia dell’Agenzia delle Entrate, nella quale si dà atto della esistenza di un debito erariale di elevato ammontare, superiore alla soglia di punibilità, derivante da sei cartelle esattoriali relative agli anni d’imposta dal 2008 al 2012.
La concatenazione di atti negoziali privi di reale giustificazione ha come unica funzione quella di sottrarre i beni al soddisfacimento delle ragioni erariali, “salvaguardando il patrimonio familiare, prima apponendovi un vincolo di destinazione e poi trasferendone a titolo gratuito una parte, senza alcuna giustificazione, al figlio, allo scopo dichiarato dal ricorrente medesimo di tutelare gli interessi del proprio figlio”.
Si tratta, per gli Ermellini, di chiare condotte fraudolente, volte a sottrarre i beni al soddisfacimento delle ragioni erariali, o, comunque, a renderle più difficoltose, “attraverso la realizzazione di più atti negoziali privi di giustificazione e che hanno avuto il solo effetto di apparentemente trasferire parte dei beni del ricorrente a un terzo, in assenza di apprezzabili ragioni economiche”.