Il fondo per attivare il trust di Jersey
di Ennio VialVita Pozzi
Il trust regolato dalla legge di Jersey necessita di un fondo per essere attivato. Infatti, l’art. 2 della legge di Jersey sui trust del 1984 (Revised Edition 13.875) stabilisce, nella sostanza, che un trust esiste quando una persona (denominata trustee) detiene un fondo in trust nell’interesse di una o più persone qualificabili come beneficiari.
La questione diviene di particolare importanza qualora il disponente intenda istituire il trust redigendo un atto programmatico, per poi compiere gli atti dispositivi in uno o più momenti successivi.
Come deve comportarsi il trustee in questa fase di interstizio tra l’istituzione e la dotazione? La questione potrebbe essere di particolare delicatezza in quanto, se egli fosse attivo da subito nel suo ruolo dovrebbe farsi carico di determinate esigenze eventualmente sottoposte a lui dai beneficiari. Nella sostanza, l’inesistenza del patrimonio rende di fatto impossibile qualsiasi sua iniziativa.
Tuttavia, astraendoci per un attimo dal mondo reale per fare una veloce incursione nel Paese delle meraviglie, potremmo sostenere che il trustee potrebbe anche inventarsi qualcosa come, ad esempio, andare in banca e chiedere un mutuo per acquistare un immobile da mettere a reddito e con i canoni di locazione eccedenti la rata del mutuo e le imposte, dare il sostentamento ai beneficiari. Spero di non essere stato eccessivamente ridicolo!
Sul punto il Prof. Lupoi giustamente osserva che “un trust istituito in mancanza di alcun fondo è valido, ma senza che sorga alcuna obbligazione a carico del trustee: il suo compito inattuabile e le sue obbligazioni inesigibili”.
Pertanto, se in sede di atto istitutivo il disponente si impegna a trasferire dei beni, la data di efficacia del trust è quella in cui si perfeziona il suddetto trasferimento. Diversamente, se in sede di istituzione del trust il disponente trasferisce al trustee una banconota da 5 euro, il trust è comunque validamente formato dal momento iniziale.
Si tratta di una finzione ritenuta legittima ma che andrebbe poi approfondita in relazione agli eventuali profili di responsabilità del trustee, atteso che in questo caso il trust è realmente venuto ad esistenza.
Le ragioni che portano a scindere l’istituzione e la dotazione del trust sono le più varie.
Un caso è quello della riservatezza: il disponente che si reca in banca o presso uffici vari può mostrare solo l’atto meramente istitutivo evitando di palesare (ove non necessario) gli atti dispositivi effettuati un’ora dopo sempre presso lo stesso notaio.
Altre volte, la dicotomia discende da motivi eminentemente pratici. Se il disponente deve acquistare un immobile a favore del trust (eventualmente trattenendo l’usufrutto o il diritto di abitazione) deve necessariamente istituire il trust in un momento anteriore, anche al limite solo di una settimana.
L’istituto rimane per così dire inattivo come un software che entra in funzione solo a seguito dell’inserimento della registration key.
Sul punto si deve segnalare la sentenza del Tribunale di Firenze (n. 3316 del 19 settembre 2008), che ha considerato nullo il trust il cui fondo è destinato ad essere incrementato all’esito di un giudizio di divisione di beni in comunione, in quanto la disposizione dell’atto istitutivo, sottoposta alla condizione che alcuni beni tra loro alternativi (in quanto oggetto del giudizio di divisione) entrino in futuro a fare parte del patrimonio del disponente, non è idonea ad identificare i beni conferiti in trust nella loro attuale appartenenza.
Il trust è stato ritenuto nullo nonostante l’apporto di 10 milioni di lire in quanto ritenuti inadeguati al perseguimento delle finalità dell’istituto.
Anche in questa sede è bene ribadire quanto precisato in altra occasione e cioè che ogni sentenza risente delle peculiarità del trust che analizza concretamente e non può essere generalizzata sic et simpliciter.