26 Ottobre 2013

Il GSE salva gli impianti fotovoltaici dalle società di comodo

di Leonardo Pietrobon
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La Commissione Tributaria Provinciale di Bolzano, con la sentenza 30/4/2013 n. 46/2/13, stabilisce che la cessione energia prodotta da un impianto fotovoltaico al GSE ed il mancato raggiungimento dei ricavi minimi, previsti dalla disciplina delle società di comodo, di cui all’art. 30 L. n. 724/1994, può creare una condizione oggettiva che consente la disapplicazione della citata normativa. Questa, in strema sintesi, la conclusione a cui sono giunti i giudici di primo grado con la citata pronuncia.

La questione esaminata dai giudici di primo grado, oltre a trattare nel merito la problematica circa l’applicazione o meno della normativa società di comodo, si esprime sulla questione di costante attualità, ossia l’impugnabilità della risposta fornita dall’Amministrazione finanziaria alle istanza di interpello presentate dai contribuenti, nel caso in cui – come nel caso di specie – l’interpellante non condivida il diniego alla disapplicazione e l’indicazione da parte dell’Agenzia delle entrate che tali atti non rientrano tra quelli “per i quali è ammesso il ricorso giurisdizionale di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992”.

Su tale questione, la CTP di Bolzano, richiamano la recente pronuncia della Corte di Cassazione n. 17010 del 5/10/2012, afferma che il contribuente può “impugnare direttamente l’atto di diniego sottoscritto dal direttore regionale dell’Agenzia delle entrate”, in quanto:

a) l'”elenco” degli atti impugnabili davanti al giudice tributario è suscettibile di interpretazione estensiva, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.);

b) vari elementi escludono che all’atto di risposta negativa rispetto all’istanza di interpello disapplicativo riguardanti le società di comodo possa attribuirsi natura di semplice parere interpretativo (come sostiene l’agenzia delle Entrate) non potendo negarsi che il contribuente, destinatario della risposta, abbia l’interesse, ex art. 100 cod. proc. civ., ad invocare il controllo giurisdizionale sulla legittimità dell’atto posto in essere”.

Per quanto riguarda la questione di merito – disapplicazione della normativa sulle società di comodo – la CTP di Bolzano si sofferma ad analizzare sia le questioni meramente applicative della normativa e sia le condizioni oggettive, tali per cui la società non è stata in grado di realizzare i ricavi minimi stabiliti in applicazione dell’art. 30 L. n. 724/1994.

In primo luogo, i giudici di primo grado condivide la tesi della ricorrente, secondo cui il differenziale tra i ricavi dichiarati e quelli presunti è del tutto modesto, se viene considerato che il moltiplicatore dei ricavi presunti, assunto a riferimento dalla ricorrente, è del 15%, avendo classificato l’impianto in questione nella categoria residuale “Altri beni mobili. In merito a tale classificazione, la CTP di Bolzano ritiene inoltre che, in base alle dimensioni dell’impianto (circa 1 Mw), sia, tuttavia, più corretto qualificare lo stesso impianto come bene “immobile”, con conseguente applicazione della percentuale del 6% per la determinazione dei ricavi presunti.

La conclusione a cui sono giunti i giudici di primo grado è del tutto condivisibile, anche alla luce delle indicazioni fornite dall’Agenzia del Territorio con la nota del 22.6.2012 n. 31892, con la quale, trattando la questione dell’accatastamento degli impianti fotovoltaici, giunge alla conclusione che gli impianti fotovoltaici, non di piccole dimensioni, godono di una propria autonomia funzionale e reddituale, motivo per cui devono essere classificati catastalmente nella categoria D/1 – opifici.

La medesima “tesi” può essere ricercata anche nella C.M. n. 38 del 23/6/2010, con la quale l’Agenzia delle Entrate ha affermato che un impianto fotovoltaico assume la qualifica di bene immobile quando non è possibile separare il bene mobile dall’immobile (terreno o fabbricato), senza alterare la funzionalità dello stesso o quando, per riutilizzare il bene in un altro contesto con le medesime finalità, debbono essere effettuati antieconomici interventi di adattamento.

Circa, poi, le questioni sollevati dall’Agenzia delle Entrate, secondo cui la ricorrente si sarebbe “accontentata” di cedere indirettamente l’energia elettrica prodotta dall’impianto al GSE, mediante il c.d. “ritiro dedicato”, senza valutare la possibilità di realizzare un maggior guadagno accedendo alla “Borsa elettrica” o mediante la vendita diretta della stessa energia ad un grossista, a parere della CTP di Bolzano non sono condivisibili. A parere dei giudici di primo grado, infatti, la scelta di cedere l’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico al GSE rappresenta, secondo gli esperti, una scelta assolutamente conveniente, sia per la convenienza delle tariffe e sia per la semplicità gestionale del meccanismo scelto.

Ma oltre a tali aspetti, meramente “quantitativi”, che rappresentano sicuramente un aspetto “difficilmente” negoziabile dai soggetti responsabili di impianti fotovoltaici, la Commissione mette in evidenza un aspetto di indubbio interesse, ossia che la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica, e conseguentemente la realizzazione dei rispettivi ricavi, è legata a fattori esterni, indipendenti dalla volontà e dalle capacità imprenditoriali. In altri termini, indirettamente, i giudici di primo grado affermano l’esistenza di possibili condizioni oggettive che non permettono il realizzo dei ricavi minimi presunti in base all’art. 30 L. n. 724/1994 e, quindi, una disapplicazione della normativa relativa alle società di comodo.