Così i giudici di legittimità, con lasentenza n. 10072/2019, hanno accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti della CTR della Puglia, che ha deciso l’annullamento di un avviso di liquidazione, per imposta di registro, emesso ai fini della revoca dei benefici provvisoriamente concessi per l’acquisto di un immobile da adibire ad abitazione principale, in quanto la contribuente non ha rispettato il limite temporale dei diciotto mesi per il trasferimento della residenza.
La sentenza di secondo grado impugnata riportava che la dimostrazione della variazione della residenza nel termine dei 18 mesi non poteva essere limitata alla certificazione del Comune ma, diversamente, doveva essere riscontrata oggettivamente e dai comportamenti concludenti della contribuente, costituiti dall’istanza per il cambio di residenza e dal pagamento della Tarsu per l’anno di compimento del termine ultimo previsto dalla norma.
Contrariamente, come affermato dalla Suprema Corte, il requisito della destinazione del nuovo immobile ad abitazione principale deve intendersi riferito al dato anagrafico e non al dato meramente fattuale sostitutivo della certificazione anagrafica, a nulla rilevando il sostenimento di spese, quali, nella fattispecie, spese condominiali e utenze, che possano provare la destinazione dell’immobile.
In particolare, ai fini della determinazione della residenza, i giudici di legittimità affermano che “la prevalenza del dato anagrafico sulle risultanze fattuali deve tuttavia tener conto della unicità del procedimento amministrativo inteso al mutamento dell’iscrizione anagrafica, sancito anche dal D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, articolo 18, comma 2, (contenente il regolamento anagrafico della popolazione residente), che, nell’affermare la necessità della saldatura temporale tra cancellazione dall’anagrafe del comune di precedente iscrizione ed iscrizione in quella del comune di nuova residenza, stabilisce che la decorrenza è quella della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel comune di nuova residenza”.
Nella fattispecie, pertanto, la contribuente non è riuscita a provare che il mancato perfezionamento della procedura di iscrizione anagrafica nel Comune ove è sito l’immobile acquistato, non è a lei stessa addebitabile.
Ai fini dell’applicazione dell’agevolazione “prima casa”, si rammenta che, ai sensi della nota II bis), Parte Prima della Tariffa, allegata al D.P.R. 131/1986, l’immobile deve essere ubicato:
- nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca, entro 18 mesi dall’acquisto, la propria residenza. L’impegno relativo al trasferimento successivo della residenza deve essere attestato, a pena di decadenza, nell’atto di acquisto;
- se diverso, nel territorio del Comune in cui l’acquirente svolge la propria attività;
- se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, nel territorio del Comune in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende;
- se l’acquirente è cittadino italiano emigrato all’estero, nell’intero territorio nazionale, purché l’immobile sia acquistato come “prima casa” sul territorio italiano. La condizione di emigrato può essere documentata attraverso il certificato di iscrizione Aire o può essere autocertificata.