27 Novembre 2019

Il modello 231 si estende ai reati fiscali

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

Il D.L. 124/2019 ha notevolmente inasprito le pene in caso di frode fiscale perpetrata tramite l’utilizzo e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Attualmente, il legislatore ha previsto l’applicazione  della reclusione da quattro a otto anni nei confronti del soggetto che, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ossia al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, utilizza o emette fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (ex articoli 2 e 8 D.Lgs. 74/2000).

Ai fini fiscali è previsto un differente profilo sanzionatorio:

  • i costi relativi all’acquisto di beni o servizi derivanti dalla contabilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti sono deducibili dal reddito d’impresa allorquando vengano rispettati i requisiti previsti per la deducibilità dei costi (competenza, inerenza, certezza e obiettiva determinabilità ex articolo 109 Tuir);
  • i costi derivanti dall’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti sono del tutto indeducibili dal reddito d’impresa, in quanto riferiti a beni o servizi mai scambiati o effettivamente prestati.

Ciò premesso, giova ricordare che il D.Lgs. 231/2001 prevede anche una responsabilità amministrativa a carico delle società, enti o associazioni anche prive di personalità giuridica qualora vengano commessi, nell’interesse o a vantaggio della persona giuridica, particolari reati espressamente previsti dalla Legge (c.d. reati presupposto).

In particolare, individuato il delitto rilevante ai fini dell’applicazione della normativa de qua, il giudice penale può applicare le sanzioni pecuniarie specificatamente previste per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, di seguito indicate:

  • sanzione pecuniaria;
  • sanzioni interdittive;
  • confisca;
  • pubblicazione della sentenza.

Nel manuale operativo della Guardia di Finanza, diramato con la circolare 1/2018 sono state valutate, quali fattispecie delittuose presupposto della disciplina in rassegna, le ipotesi di autoriciclaggio, di associazione per delinquere, anche a carattere transnazionale e di false comunicazioni sociali che possono concorrere con gli illeciti penali-tributari, ovvero avere questi ultimi quali reati fine o presupposto.

Il citato documento di prassi aveva già affermato che una delle fattispecie penali compresa nel catalogo dei reati presupposto, che danno luogo alla responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/2001, è l’associazione per delinquere – anche a carattere transnazionale – che potrebbe avere i delitti tributari tra i reati fine.

In buona sostanza, un’entità giuridica potrà essere chiamata a rispondere delle sanzioni prescritte dalla disciplina in tema di responsabilità degli enti – anche in punto di aggressione cautelare dei beni sociali – qualora i vertici aziendali (o persone loro sottoposte) pongano in essere, nell’interesse o a vantaggio della persona giuridica, un’associazione per delinquere, anche transazionale, finalizzata alla commissione di delitti tributari.

Inoltre, i reati tributari possono concorrere con i delitti di false comunicazioni sociali previsti dagli articoli 2621, 2621-bis e 2622 cod civ..

Di conseguenza, qualora il management di una società o persone a questo “sottoposte” pongano in essere condotte illecite finalizzate sia all’evasione fiscale che alla formazione di un bilancio mendace e tali reati siano realizzati nell’interesse o a vantaggio della persona giuridica, nei confronti di quest’ultima potranno essere applicate specifiche sanzioni (pecuniarie, interdittive, cautelari), in relazione alle sole prescrizioni dettate in materia di reati societari (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume I – parte II – capitolo 3 “L’attività investigativa”, pag. 260).

In linea con le argomentazioni logico-giuridiche diramate dalla prassi operativa, il decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2020 (D.L. 124/2019) ha incluso, tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa delle società e degli enti, anche la presentazione della “dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti inesistenti” (ex articolo 2 D.Lgs. 74/2000).

In merito, l’articolo 39, comma 2, del citato D.L. 124/2019 (rubricato “Modifiche della disciplina penale e della responsabilità amministrativa degli enti”), ha inserito il nuovo articolo 25-quinquiesdecies D.Lgs. 231/2001 il quale prevede che In relazione alla commissione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote”.

Quindi possiamo concludere che, in relazione alle nuove disposizioni, le società dovranno adeguare i propri modelli organizzativi andando proprio a individuare le eventuali criticità che, nella particolare ipotesi di frode fiscale, possano anche coinvolgere la propria azienda ai fini penali.

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Le novità fiscali del D.L. 124/2019