Il nuovo abuso del diritto – parte III
di Sergio PellegrinoNei due contributi precedenti (“Il nuovo abuso del diritto – parte I” e “Il nuovo abuso del diritto – parte II”) abbiamo definito la nozione di abuso del diritto o elusione fiscale e gli elementi che devono sussistere affinché possano essere ravvisati gli estremi di una condotta abusiva.
Soffermiamoci oggi sugli aspetti “procedurali” e sanzionatori e sulla decorrenza della nuova disciplina.
Innanzitutto, a livello procedurale, va segnalata una scelta innovativa nella tempistica della presentazione dell’eventuale interpello all’Agenzia delle Entrate.
Il comma 5 dell’articolo 10 bis della legge 212/2000 prevede infatti la possibilità di presentare interpello senza che questo debba essere necessariamente preventivo rispetto al compimento dell’operazione: lo deve essere invece rispetto alla presentazione della dichiarazione dei redditi all’interno della quale si producono gli effetti dell’operazione.
Nei commi 6, 7 e 8 viene delineata la procedura che deve essere seguita dall’Agenzia per contestare l’abuso del diritto.
L’Ufficio, prima dell’avviso di accertamento, deve notificare al contribuente, a pena di nullità, una richiesta di chiarimenti, dando 60 giorni di tempo per fornirli.
Nel caso in cui i chiarimenti non vengano formulati o non siano ritenuti “convincenti”, l’Ufficio procederà con l’emanazione di un atto impositivo che dovrà contenere, sempre a pena di nullità, motivazioni analitiche in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, ai vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente (e del perché non siano stati ritenuti validi).
Non può contenere invece altri eventuali addebiti, che dovranno essere eventualmente contestati con un atto separato.
Nel comma 9 viene ripartito l’onere probatorio tra Amministrazione Finanziaria e contribuente.
La prima, per effettuare la contestazione, deve dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, provando l’assenza di sostanza economica, facendo ricorso agli indicatori fissati dalla norma (e magari dalla raccomandazione della Commissione Europea del 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva) e la prevalenza del beneficio fiscale indebito.
Il contribuente, per contrastare la tesi dell’Ufficio, dovrà invece dimostrare l’esistenza di ragioni extra fiscali non marginali che hanno determinato la scelta di porre in essere l’operazione con quella determinata strutturazione.
Un aspetto importante da mettere in evidenza è quello relativo ai profili penali: il legislatore ha escluso la rilevanza penale delle operazioni che costituiscono abuso del diritto, con una esplicita previsione contenuta nel comma 13 dell’articolo 10 bis, superando in questo modo il dibattito che si è avuto invece in questi anni.
La norma precisa invece l’applicabilità delle sanzioni amministrative tributarie.
Per quanto riguarda la decorrenza dell’applicazione della nuova disciplina, il comma 5 dell’articolo 1 del decreto 128/2015 stabilisce che essa abbia efficacia a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto.
Considerato che il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 agosto, i 15 giorni di vacatio legis scadono il 2 settembre e quindi la nuova disciplina si applica di fatto dal 1° ottobre.
Il legislatore ha però previsto la sua applicabilità anche per le operazioni poste in essere in data anteriore per le quali non sia ancora stato notificato il relativo atto impositivo.
Gli accertamenti già notificati dovrebbero quindi “viaggiare” secondo le precedenti regole, anche se è evidente che in sede di contenzioso, di fronte ad una contestazione di elusività dell’operazione sulla base dell’ormai soppresso articolo 37 bis del D.P.R. 600/1973 o di abuso del diritto che non tenga conto della nuova disciplina, sarà opportuno dimostrare come le operazioni poste in essere non siano in contrasto con l’articolo 10 bis dello Statuto.
Se questa condizione dovesse sussistere, nonostante la contraria previsione normativa, c’è da sperare infatti che si sviluppi un filone giurisprudenziale che ripristini una situazione di equità tra operazioni equivalenti, che non possono essere discriminate a seconda della circostanza che sia stato già o meno emesso un atto impositivo.