22 Ottobre 2015

Il nuovo abuso del diritto – parte IV

di Sergio Pellegrino
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Concludiamo la nostra analisi della disciplina dell’abuso del diritto, soffermandoci sulle implicazioni “pratiche” del nuovo scenario venutosi a creare per effetto dell’introduzione nel nostro ordinamento dell’articolo 10 bis dello Statuto dei diritti del contribuente.

Sulla base di quanto illustrato nei precedenti contributi (“Il nuovo abuso del diritto – parte I”, “Il nuovo abuso del diritto – parte II” e “Il nuovo abuso del diritto – parte III”), appare evidente come potrà cambiare in modo sostanziale la valutazione circa la “tenuta” di una serie di operazioni che in passato sono state frequentemente “aggredite” dall’Amministrazione finanziaria, invocando ora la disciplina antielusiva (se ricorrevano i presupposti di cui al soppresso articolo 37 bis del D.P.R. 600/1973), ora la sussistenza dell’abuso del diritto (sulla base della giurisprudenza sviluppata dalla Corte di Cassazione, non essendovi una norma positiva che lo definisse in modo puntuale).

La fattispecie paradigmatica di questo (auspicabile) cambiamento di rotta è rappresentata dalla c.d. cessione indiretta d’azienda, ossia la “combinata” operazione di conferimento dell’azienda seguita dalla cessione delle partecipazioni nella conferitaria.

Come è noto, nel campo della fiscalità diretta il legislatore ha inteso incentivare un’operazione di questo tipo, introducendo nell’articolo 176 del Tuir una disciplina di assoluto favore per questa modalità “alternativa” di circolazione dei complessi aziendali: il conferimento d’azienda avviene in neutralità di imposta e la successiva cessione delle partecipazioni nella società conferitaria può beneficiare del regime Pex.

Il comma 3 della disposizione stabilisce esplicitamente che le operazioni in questione non rilevano ai fini dell’applicazione dell’articolo 37-bis del D.P.R. n. 600/1973: il D.Lgs. 128/2015, nel sopprimere la norma in questione, ha previsto che ogni riferimento alla stessa debba oggi essere letto in relazione al nuovo articolo 10 bis della Legge 212/2000. Quindi, possiamo affermare che la cessione indiretta d’azienda non costituisce abuso del diritto (o elusione fiscale, atteso che i due termini sono divenuti equipollenti).

Sin qui però cos’è avvenuto sul versante della fiscalità indiretta?

L’Agenzia delle Entrate, supportata anche da alcune pronunce dei giudici di legittimità, ha spesso riqualificato le due operazioni, ai fini dell’imposta di registro, come cessione diretta dell’azienda, pretendendo quindi l’applicazione dell’imposta in misura proporzionale (si veda al riguardo, fra le altre, l’ordinanza della Cassazione n. 5877 del 13 marzo 2014).

La posizione dell’Amministrazione finanziaria è stata giustificata sulla base di una lettura in chiave antielusiva, contestatissima dalla dottrina, dell’articolo 20 del D.P.R. 131/1986, rubricato Interpretazione degli atti (norma che dovrebbe avere una funzione decisamente diversa rispetto a quella prospettata).

Nel nuovo scenario, nel quale come si è detto, l’articolo 10 bis dello Statuto rappresenta una norma che dispiega la propria efficacia in relazione a tutti i tributi, imposta di registro compresa, ritengo difficile che l’Agenzia possa perpetuare una lettura dell’operazione afflitta da un’incomprensibile forma di “strabismo”: da premiare nel mondo delle dirette, da considerare abusiva in quello delle indirette.

Dovremmo avere quindi (il condizionale è d’obbligo, atteso che gli Uffici presumibilmente una qualche “resistenza” al cambiamento la potrebbero opporre) un immediato tangibile risultato derivante dalla novella legislativa: quello di “sdoganare” nuovamente un’operazione estremamente interessante dal punto di vista operativo e professionale.

Rimanendo sempre nel campo dei trasferimenti “indiretti” dei complessi aziendali, ragioniamo su un’operazione simile, ma sin qui poco praticata, attesa (anche) la mancanza di “copertura” a livello di fiscalità diretta (non essendovi una norma di portata analoga a quella del comma 3 dell’articolo 176 del Tuir): la scissione e la successiva cessione delle partecipazioni nella società nella quale, a seconda di come abbiamo configurato l’operazione, è rimasto o è confluito il compendio aziendale (rispettivamente scissa o beneficiaria).

Mentre il conferimento per essere neutrale deve riguardare necessariamente un’azienda o un ramo d’azienda – e sulla sussistenza di questa condizione vi potrebbe essere un’insidia e quindi un rischio accertativo -, così non è per la scissione: posso quindi effettuare una scissione in regime di neutralità anche in relazione ad un singolo elemento patrimoniale (ad esempio se devo “separare” un immobile o alcuni immobili che non configurino un ramo aziendale).

Fino ad oggi l’operazione di scissione e cessione delle partecipazioni della società “veicolo” è stata generalmente considerata elusiva dall’Amministrazione finanziaria.

Con l’articolo 10 bis, anche in questo caso, le cose dovrebbero cambiare.

Ricordiamoci infatti che il comma 3 stabilisce che “Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extra fiscali non marginali anche di ordine organizzativo e gestionale che rispondono a finalità di miglioramento strutturale e funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente” e che il successivo comma 4 prevede che “Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportante un diverso carico fiscale”.

Quali possono essere le valide ragioni extra fiscali per giustificare una scelta di questo tipo?

Ad esempio, in presenza di un complesso aziendale fortemente patrimonializzato, magari con la presenza di immobili di valore significativo, il soggetto interessato ad acquisire l’azienda potrebbe non voler acquisire gli immobili, o semplicemente non avere risorse sufficienti per farlo.

O ancora, più semplicemente, potrebbe pretendere di “evitare” la cessione diretta dell’azienda, non volendo assumersi il rischio fiscale connesso ad un’operazione di questo tipo (in primis la rideterminazione dell’avviamento).

Considerato il fatto che la presenza di ragioni extra fiscali non marginali “sterilizza” la norma anti-abusiva, nei casi esemplificati l’operazione di scissione seguita dalla cessione delle partecipazioni dovrebbe dunque superare il vaglio dell’articolo 10 bis.