30 Gennaio 2019

Il nuovo codice della crisi e il ruolo centrale dei creditori

di Fabio Battaglia
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Il nuovo istituto delle procedure di allerta può costituire l’occasione per introdurre una vera cultura negoziale volta a valorizzare il ruolo dei creditori nella crisi di impresa.

Come noto oltre sessanta anni di vigenza della legge fallimentare del 1942, votata essenzialmente alla liquidazione ed al processo, hanno sterilizzato il ruolo dei creditori. In realtà nella disciplina delle procedure concorsuali, contenuta nel codice del commercio del 1882, ai creditori era assicurato un notevole spazio tramite l’assemblea dei creditori, vero e proprio organo della procedura e la delegazione dei creditori, nominata dall’assemblea stessa.

I problemi connessi ai sorti conflitti di interessi suggerirono al legislatore del 1942 di affievolire il ruolo dei creditori, i quali hanno finito per svolgere un ruolo assolutamente secondario se non inesistente.

In questo quadro i creditori coinvolti nell’insolvenza hanno ritenuto che il loro ruolo attivo si esaurisse con l’apertura di una procedura collettiva, rimettendosi tutto al tribunale ed agli organi nominati.

Ebbene, se questo atteggiamento passivo dei creditori poteva essere giustificato nell’ambito di una visione meramente liquidatoria della gestione delle crisi, è decisamente dannoso alla luce della riforma del 2006, il cui approccio culturale votato al salvataggio delle imprese è stato replicato nel codice della crisi che, però, adesso contempla l’introduzione di un sistema che può anticipare l’assunzione di provvedimenti ai primi sintomi di crisi.

Molto discusse sono le scelte relative alle modalità organizzative e di composizione dell’organismo (OCRI) volto a gestire le procedure di allerta e le modalità di individuazione dei parametri volti ad individuare l’insorgere della situazione di crisi e, tuttavia, tali questioni, certamente importanti, non sono cruciali quanto il ruolo che i creditori possono e devono assumere fin dall’apertura di un procedimento di composizione della crisi.

Ai sensi dell’articolo 19 del codice, il debitore può formulare istanza all’OCRI, anche all’esito dell’audizione scaturita da istanza del debitore stesso o dalla segnalazione degli organi di controllo societari (articolo 14) o dei creditori pubblici qualificati (articolo 15), affinché l’Organismo stesso fissi un termine non superiore a tre mesi, prorogabile fino ad un massimo di ulteriori tre mesi solo in caso di positivi riscontri delle trattative, per la ricerca di una soluzione concordata della crisi dell’impresa, incaricando il relatore di seguire le trattative.

Si ricorda che l’articolo 4, denominato “doveri delle parti”, prevede, al terzo comma, che i “creditori hanno il dovere, in particolare, di collaborare lealmente con il debitore, con i soggetti preposti alle procedure di allerta e composizione assistita della crisi, con gli organi nominati dall’autorità giudiziaria nelle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza e di rispettare l’obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite.”

Tale collaborazione leale non è soltanto un richiamo ad un atteggiamento corretto, ma anche ad un approccio professionale alla gestione delle trattative.

Non vi è dubbio che lo svolgimento delle trattative cui abbiamo assistito nell’ambito delle procedure ex articolo 67 L.F. o 182 bis L.F. ci hanno restituito tavoli caratterizzati da procedure estremamente farraginose e burocratizzate, risentendo della complessità delle strutture burocratiche interne e della lunghezza delle catene decisionali dei protagonisti principali di tali tavoli, ovvero il ceto bancario.

Gli strumenti di allerta e le procedure di composizione della crisi devono diventare l’occasione per lo sviluppo di una cultura volta ad una maggiore responsabilizzazione dei creditori onde valorizzare la natura negoziale di questi processi, introducendo efficienza e rapidità indotta da capacità decisionale fatta di competenza e professionalità.

A questo fine si ritiene che divenga centrale il ruolo di professionisti specializzati incaricati dai creditori per gestire queste complesse fasi.

Questa cosa ha certamente un costo, ma se lo strumento funzionerà, questo stesso costo sarà certamente minore di quello sistemico pagato per aver abbandonato un atteggiamento attivo e propositivo non appena si passava dalla procedura individuale a quella collettiva.

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La gestione della crisi d’impresa dopo l’introduzione del nuovo codice della crisi e dell’insolvenza