10 Gennaio 2025

Il potere di sospensione degli effetti dell’atto: tra amministrativa, legale e giudiziale

di Gianfranco Antico
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Dallo scorso 18.1.2024 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 219/2023) è stato abrogato integralmente l’articolo 2-quater, D.L. 564/1994; norma che riconosceva – al comma 1 bis – anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appariva illegittimo o infondato. In caso di pendenza del giudizio, la sospensione degli effetti dell’atto cessava con la pubblicazione della sentenza. La sospensione degli effetti dell’atto, disposta anteriormente alla proposizione del ricorso giurisdizionale, aveva termine con la notificazione, da parte dello stesso organo, di un nuovo atto, modificativo o confermativo di quello sospeso. Nonostante l’avvenuta abrogazione, il medesimo potere di sospensione, espressamente fatto salvo dalla Relazione illustrativa al D.Lgs. 219/2023, per l’autotutela facoltativa, per le entrate (circolare n.21/E/2024), deve considerarsi, ovviamente, esercitabile anche nelle ipotesi di autotutela obbligatoria. In ogni caso, la sospensione disposta in sede di autotutela non comporta la sospensione dei termini processuali e l’atto eventualmente sospeso si continua a considerare legittimo e fondato fino all’eventuale accoglimento totale o parziale dell’autotutela.

Inoltre, continuano ad essere utilizzabili sia la sospensione giudiziaria, ex articolo 47, D.Lgs. 546/1992, che la sospensione amministrativa, ex articolo 39, D.P.R. 602/1972, se ne ricorrono i presupposti. Nel primo caso, il ricorrente, se dall’atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere alla corte di giustizia tributaria di primo o di secondo grado, presso la quale è pendente il giudizio, la sospensione dell’esecuzione dell’atto stesso, con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato. Nel secondo caso, se il ricorso contro il ruolo di cui all’articolo 19, D.Lgs. 546/1992, non sospende la riscossione, tuttavia, l’Ufficio ha facoltà di disporla, in tutto o in parte, fino alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado, con provvedimento motivato, che può essere revocato ove sopravvenga fondato pericolo per la riscossione.

Così come è pienamente in vigore la sospensione legale, di cui al comma 537, dell’articolo 1, L. 228/2012, secondo cui gli enti e le società incaricate per la riscossione dei tributi “ sono tenuti a sospendere immediatamente ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore, limitatamente alle partite  relative  agli  atti espressamente indicati dal debitore, effettuata ai sensi del comma 538”. In pratica, a differenza dalla sospensione amministrativa e giudiziale, la sospensione legale opera automaticamente, a prescindere dalla valutazione del fumus boni iuris e del periculum in mora. A pena di decadenza, entro 60 giorni dalla notifica, da parte del concessionario per la riscossione, del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa dal concessionario, il contribuente può presentare al concessionario per la riscossione una dichiarazione, anche con modalità telematiche, con la quale venga documentato che gli atti emessi dall’ente creditore prima della formazione del ruolo, ovvero la successiva cartella di pagamento o l’avviso per i quali si procede, sono stati interessati:

a) da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo;

b) da un provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore;

c) da una sospensione amministrativa comunque concessa dall’ente creditore;

d) da una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario per la riscossione non ha preso parte;

e) da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell’ente creditore.

Entro il termine di 10 giorni successivi alla data di presentazione della dichiarazione, il concessionario per la riscossione trasmette all’ente creditore la dichiarazione presentata dal debitore e la documentazione allegata, al fine di avere conferma dell’esistenza delle ragioni del debitore ed ottenere, in caso affermativo, la sollecita trasmissione della sospensione o dello sgravio direttamente sui propri sistemi informativi. In caso di mancato risposta, da parte dell’ente creditore, trascorso inutilmente il termine di 220 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite sono annullate. Sulla tematica annotiamo due pronunciamenti della Corte di Cassazione:

  • sentenza n. 28354/2019, che esamina preliminarmente, in quanto pregiudiziale, l’eccezione sollevata dalla società controricorrente di sopravvenuta cessazione della materia del contendere, ai sensi della L. 228/2012 (articolo 1, comma 540, come modificato dall’articolo 1, D.Lgs. 159/2015), norma che ha “l’obiettivo di migliorare la relazione con i debitori, che hanno subito, iscrizioni a ruolo, e quindi con l’esigenza di attivare la riscossione solo in presenza di un valido titolo esecutivo”. Tuttavia, ”l’annullamento non opera in presenza di motivi diversi da quelli elencati al comma 538, ovvero nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito”. Per la Corte, qualora il contribuente presenti domanda di sospensione ex articolo 1, comma 538, L. 228/2012, senza ottenere risposta dall’Agenzia delle entrate entro il termine di 220 giorni previsto, “il ruolo è annullato di diritto solo qualora i motivi posti a fondamento dell’istanza costituiscano cause potenzialmente estintive della pretesa tributaria
  • ordinanza n.30841/2024, secondo cui, in tema di riscossione delle imposte, quando sia presentata domanda di sospensione, ai sensi dell’articolo 1, comma 538, L. 228/2012, senza ottenere risposta dall’Agenzia delle entrate entro il termine di 220 giorni, “l’annullamento di diritto del ruolo non opera nei casi in cui il credito erariale è oggetto di sospensione giudiziale o amministrativa oppure è sub iudice, ovvero se i motivi posti a fondamento dell’istanza non costituiscono cause potenzialmente estintive della pretesa tributaria ai sensi delle lettere a) – f) del comma 538 e, a tal fine, va valutata anche una risposta tardiva da parte dell’Amministrazione finanziaria.». La Corte prende le mosse dal citato articolo 1, comma 538, L. 228/2012, che definisce, in modo rigoroso, il perimetro delle ipotesi in cui il debitore ha diritto ad ottenere la sospensione della riscossione. Gli Ermellini, nel condividere la sentenza della Corte di cassazione n. 28354/2019, ulteriormente precisano che, non solo a tal fine va considerata anche una risposta tardiva, ma l’effetto di annullamento non può che dipendere dal contenuto delle istanze, ossia dalla concreta riconducibilità della fattispecie concreta, oggetto di richiesta di sospensione, ad una delle ipotesi normativamente delineate. “Infatti, in tema di riscossione mediante ruolo non pare dubbio (cfr. Cass. Sez. 5, ordinanza n. 10939 del 23/04/2024) che al contribuente sia riconosciuta la facoltà di presentare istanza di sospensione finalizzata ad ottenere l’annullamento d’ufficio della pretesa creditoria, se azionata in difetto di un valido titolo esecutivo, con l’obiettivo di salvaguardare il principio di economicità dell’azione impositiva e rimediare ai difetti di comunicazione tra l’ente creditore e l’agente della riscossione”. Ne deriva che sono idonee a tale scopo soltanto le ipotesi di sospensione tipizzate, in quanto riferibili all’ente impositore o al suo credito, non già ad attività dell’agente della riscossione, al quale resta comunque demandata una delibazione sommaria delle istanze al fine di rigettare quelle apertamente dilatorie.