4 Novembre 2014

Il prezzo valore fa sorgere il diritto al rimborso

di Alessandro BonuzziSergio Pellegrino
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La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 95/E di ieri ammette l’esercizio dell’opzione per il regime del
prezzo valore anche per gli atti di trasferimento di immobili ad uso abitativo acquisiti in sede di
espropriazione forzata o di
pubblico incanto già registrati alla data del recente intervento della
Corte Costituzionale sul tema. L’eventuale maggiore imposta di registro versata per effetto dell’applicazione del regime ordinario può essere chiesta a rimborso a condizione che la relativa istanza sia accompagnata da un’apposita dichiarazione nella quale il contribuente dà evidenza dell’opzione.
L’art. 44 del d.P.R. n. 131/1986 stabilisce che, ai fini dell’imposta di registro, la base imponibile degli immobili venduti a seguito di espropriazione forzata o, in generale, di trasferimenti coattivi è costituita dal
prezzo di aggiudicazione o
dall’indennizzo riconosciuto. Gli
artt. 2 e 10 del D.Lgs. n. 347/1990 prevedono che il medesimo criterio rilevi anche con riferimento, rispettivamente, all’imposta ipotecaria e catastale.
Fino a poco tempo fa, per espressa previsione normativa, per questi trasferimenti non era possibile optare per il cosiddetto sistema del “prezzo valore” introdotto
dall’art. 1, comma 497, della L. n. 266/2005. In base a tale regime, per le cessioni nei confronti di persone fisiche non imprenditori aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, su specifica richiesta della parte acquirente, la base imponibile rilevante ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale è costituita dal valore dell’immobile determinato applicando al valore della rendita catastale rivalutata del 5 per cento un dato
coefficiente che varia a seconda che il fabbricato goda della qualifica di “prima casa” o meno. Nella generalità dei casi questo sistema alternativo risulta meno oneroso rispetto a quello ordinario; pertanto, il fatto che non potesse essere applicato nell’ambito delle cessioni immobiliari “coattive”, rappresentava, per la parte acquirente, un aggravio non di poco conto e, peraltro, ingiustificato.
A dirimere la questione ci ha pensato la
Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 6 dello scorso gennaio, l’organo di garanzia ha dichiarato l’illegittimità del citato comma 497 nella parte in cui prevedeva l’impossibilità di optare per il regime del “prezzo valore” nei trasferimenti aventi ad oggetto immobili abitativi acquisiti in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico incanto. A parere della Corte, infatti, “
la mera differenziazione del contesto acquisitivo non è dunque sufficiente a giustificare la discriminazione di due fattispecie caratterizzate da una sostanziale omogeneità” (in tal senso la
circolare n.2/E/2014).
Preso atto di tale pronuncia, un contribuente, mediante
interpello, ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se sia possibile ottenere il
rimborso della maggiore imposta di registro versata in conseguenza della mancata applicazione del criterio di determinazione della base imponibile del prezzo valore e se, a tal fine, sia necessaria la previa integrazione dell’atto nel quale effettuare la richiesta al notaio. Nella relativa istanza l’interpellante chiariva che la compravendita in questione faceva riferimento ad un rogito registrato in data
21 novembre 2011 relativo ad un fabbricato abitativo acquisito mediante
asta pubblica. Inoltre, precisava che egli non aveva richiesto l’applicazione del sistema del prezzo valore proprio in considerazione del particolare contesto in cui si era perfezionato l’acquisto.
La risposta fornita dall’Ufficio, con la
risoluzione n. 95/E in commento, è positiva. In particolare, l’Agenzia ritiene che, ancorché l’atto di trasferimento sia già stato registrato, il contribuente possa, comunque, esercitare l’opzione per l’applicazione del regime del prezzo valore. La scelta deve essere esplicitata con
apposita dichiarazione da rendere nell’istanza di rimborso della maggiore imposta di registro versata nei termini previsti dall’art. 77 del d.P.R. n. 131/1986, ovvero
entro tre anni dal giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è
sorto il diritto alla restituzione. Tale apertura trova ragione nel fatto che la mancata richiesta di applicazione del regime forfettario non è dipesa da una scelta del contribuente, ma da una divieto dettato dalla norma. Inoltre, tenuto conto che l’atto in argomento è stato concluso nel novembre 2011, nel caso prospettato, a parere dell’Agenzia, risulta ancora pendente il predetto termine triennale per chiedere il rimborso.
Pertanto, a seguito di specifica istanza, l’Ufficio sarà tenuto a rideterminare l’imposta di registro (nonché ipotecaria e catastale) dovuta in base al criterio del prezzo valore e a rimborsare l’eventuale versamento eccedente a tutte le persone che, per solo per il fatto di aver acquistato un fabbricato abitativo a seguito di espropriazione forzata o di pubblico incanto, hanno applicato il regime ordinario.
Infine appare ragionevole ritenere che la sentenza della Corte Costituzionale sia
novativa nel senso che sia idonea a far sorgere il diritto alla restituzione della maggiore imposta versata. Quindi, a beneficio del contribuente, il termine di tre anni di cui al citato art. 77 dovrebbe decorrere, a ritroso, dal giorno della relativa
pubblicazione.