5 Agosto 2014

Il realizzo controllato nello scambio di partecipazioni vale anche nel caso di minusvalenze?

di Sergio Pellegrino
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In un precedente contributo (si veda Euroconference NEWS del 24 luglio scorso) abbiamo analizzato il particolare regime di realizzo controllato previsto dall’art. 177 comma 2 del Tuir per il conferimento di partecipazioni mediante il quale la società conferitaria acquisisce o incrementa il controllo nella società della quale riceve le azioni o quote.

Per determinare quello che è l’eventuale effetto reddituale per il conferente, le partecipazioni ricevute per effetto del conferimento sono valutate in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla conferitaria a seguito dell’operazione: se l’aumento di patrimonio netto è pari al valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni conferite, non vi è alcuna imposizione, mentre se è superiore ad esso emerge una plusvalenza da assoggettare a tassazione.

Ma cosa succede se l’incremento del patrimonio netto della conferitaria è inferiore rispetto al valore fiscale delle azioni o quote da questa ricevute?

Di primo acchito, per omogeneità di trattamento, verrebbe da dire che si viene a realizzare una minusvalenza fiscalmente riconosciuta, ma, inevitabilmente, a diverse conclusioni è arrivata invece l’Agenzia che ha analizzato la fattispecie in questione nella risoluzione n. 38/E del 20 aprile 2012.

Il caso affrontato dalle Entrate era relativo ad una operazione di riorganizzazione di un gruppo familiare finalizzata a garantire un “sereno” ricambio generazionale.

L’operazione prospettata dagli istanti prevedeva il conferimento da parte di tutti i soci delle azioni detenute nella partecipata operativa in una holding di famiglia, non sulla base del valore normale delle stesse, ma ad un valore convenzionalmente stabilito tra le parti, assumendo un importo significativamente inferiore anche al patrimonio netto contabile.

Secondo la visione dell’Agenzia, la disposizione del secondo comma dell’art. 177 del Tuir derogherebbe alla regola generale contenuta nell’art. 9, che prevede il riferimento al valore normale, soltanto nel caso in cui dall’operazione emergano potenziali plusvalenze e non quando invece si vengono a realizzare minusvalenze.

Il documento di prassi giustifica questo tipo di conclusione facendo riferimento al dato letterale della norma, che non fa esplicito riferimento all’utilizzo del criterio “alternativo” per la determinazione delle minusvalenze, ma l’argomentazione appare piuttosto debole, così come tale risulta essere anche il riferimento all’assimilabilità della “nuova” disposizione con il previgente art. 3 del D.Lgs. 358/1997.

Più convincente è invece l’osservazione che, avallando l’utilizzo del regime di realizzo controllato anche per la determinazione delle minusvalenze, il comportamento contabile tenuto dalla società conferitaria consentirebbe di generare componenti negativi fiscalmente riconosciuti: in questo modo si andrebbe decisamente al di là della ratio della norma che si pone l’obiettivo di consentire di effettuare queste operazioni a “costo zero”, ossia senza l’emersione di plusvalenze imponibili.

Per tenere conto dei differenti valori fiscali delle partecipazioni detenute dai singoli soci, come era nel caso di specie, la società conferitaria può in alternativa procedere ad aumenti di capitale nominale iscrivendo una riserva sovrapprezzo azioni di ammontare diverso per ciascun socio: in questo modo si ottiene la neutralità dell’operazione, mantenendo nel contempo inalterati i rapporti partecipativi preesistenti.