Il recupero del credito relativo alle imposte estere
di Nicola FasanoNell’ambito della tematica relativa al credito di imposta per le imposte pagate a titolo definitivo all’estero, una questione poco approfondita è il termine entro cui deve essere effettuata la detrazione del credito. Altra criticità degna di nota è quella sulla spettanza del credito, in sede di accertamento da parte dell’Ufficio, in caso di omessa presentazione della dichiarazione nel suo complesso o del reddito estero.
Per quanto riguarda la prima problematica, l’art. 165, c. 4, Tuir prevede che la detrazione deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo di imposta cui appartiene il reddito estero cui si riferisce l’imposta da detrarre, a condizione che l’imposta estera sia divenuta definitiva (nel senso che sia irripetibile e non a titolo di acconto) prima della presentazione della dichiarazione italiana. Una deroga è prevista dall’art. 165, c. 5, Tuir per i redditi di impresa prodotti tramite stabile organizzazione o da controllate rientranti nel consolidato mondiale, per cui è ammesso che la definitività arrivi nel termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo rispetto a quella in cui l’imposta, ancora “provvisoria”, è detratta.
Dal dettato dell’art. 165, c. 4, è sparito l’inciso (in precedenza contenuto nella corrispondente previsione dell’allora art. 15 Tuir, in vigore fino al 31.12.2003) “a pena di decadenza”. Da ciò ne dovrebbe conseguire che in caso di omesso calcolo del credito nella dichiarazione relativa al periodo in cui l’imposta estera è divenuta definitiva (pur a fronte dell’indicazione del reddito estero) sarà comunque possibile presentare oltre che una dichiarazione integrativa a favore del contribuente (non oltre il termine per la presentazione della dichiarazione successiva, qualora si aderisca prudenzialmente all’orientamento prevalente delle Entrate), una istanza di rimborso entro 48 mesi dal versamento, ai sensi dell’art. 38, d.P.R. 602/73.
Ciò sia in considerazione del mutato contesto normativo di riferimento, sia della giurisprudenza della Cassazione che, addirittura con riferimento al “vecchio” art. 15 Tuir, sulla base della generale emendabilità della dichiarazione dei redditi ha ammesso la configurabilità di un rimborso per le imposte estere non incluse, per errore di fatto o di diritto, nella dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui sono state pagate (Cass. 2277/2011). Non mancano tuttavia pronunce di segno opposto, sempre relative al previgente dato normativo (Cfr. Cass. 18371/2005), che però, con riferimento all’attuale art. 165, c. 4, Tuir, sembrano ora non avere più alcun appiglio normativo.
Altra questione molto delicata è quella derivante dalla disposizione di cui all’art. 165, c. 8, Tuir, secondo cui la detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata. Ci si chiede cioè se tale disposizione produca i suoi effetti anche in sede di accertamento, consentendo in sostanza all’Ufficio di recuperare a tassazione il reddito estero non dichiarato senza riconoscere il credito per le imposte pagate dal contribuente. Il quesito, di particolare attualità vista l’ormai prossima entrata in vigore della voluntary disclosure (con riferimento ovviamente ai redditi differenti da quelli per cui si applicano imposte sostitutive che precludono il riconoscimento del credito), dovrebbe risolversi nel senso di riconoscere il generale principio del divieto di doppia tassazione, universalmente riconosciuto, oltre che quanto previsto dall’art. 75, d.P.R. 600/73 secondo cui “nell’applicazione delle diposizioni concernenti le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia”, ivi comprese le Convenzioni contro le doppie imposizioni, che all’art. 23 (seguendo il Modello Ocse) espressamente prevedono i metodi (credito di imposta o esenzione) per evitare o attenuare la doppia imposizione. Pertanto, quanto meno nell’ambito delle procedure di adesione (nonché, a maggior ragione nell’ambito della “voluntary” in cui comunque è previsto un calcolo analitico delle imposte) e in presenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni fra l’Italia e il Paese estero, non dovrebbero sussistere dubbi circa il riconoscimento del credito estero. Sul punto sarebbe auspicabile un chiarimento ufficiale che uniformasse l’operato degli Uffici.