Il regime fiscale dei fabbricati in uso ai dipendenti
di Federica FurlaniNella pratica aziendale accade di frequente che il dipendente sia chiamato a svolgere le proprie mansioni fuori dalla sede di lavoro abituale, e che, quindi, un immobile che rientra nella disponibilità dell’impresa, a titolo di proprietà o locazione, venga utilizzato dallo stesso per questa specifica esigenza.
I casi che si possono presentare, da cui discende un trattamento fiscale differenziato per la società, sono i seguenti:
- fabbricati concessi ai dipendenti in trasferta temporanea (c.d. foresterie);
- fabbricati concessi in uso ai dipendenti;
- fabbricati concessi in uso ai dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza per esigenze di lavoro (c.d. fabbricati strumentali pro tempore).
Nel caso delle foresterie, l’articolo 95, comma 2, Tuir stabilisce che non sono deducibili i canoni di locazione anche finanziaria e le spese relative al funzionamento di strutture ricettive, salvo quelle relative a servizi di alloggio destinati a dipendenti in trasferta temporanea, che quindi trasferiscono temporaneamente la loro sede abituale lavorativa.
Di conseguenza se l’impresa mette a disposizione dei suddetti lavoratori un appartamento e ne sostiene i relativi costi, essi saranno deducibili dal reddito di impresa.
Se l’immobile utilizzato ad uso foresteria è di proprietà dell’impresa, trattandosi di immobile patrimonio e quindi non strumentale, le relative quote di ammortamento sono in ogni caso indeducibili ai sensi dell’articolo 90, comma 2, Tuir.
Diversa è l’ipotesi di un immobile concesso in uso ad un dipendente, con riferimento al quale il citato comma 2 stabilisce che i canoni di locazione anche finanziaria e le spese di manutenzione sono deducibili per un importo non superiore a quello che costituisce reddito per il dipendente stesso ai sensi dell’articolo 51, comma 4, lett. c), Tuir.
Nei limiti del fringe benefit riconosciuto al dipendente, le spese inerenti l’alloggio (locazione, manutenzioni ordinarie, utenze, …) sono quindi interamente deducibili.
Per quanto riguarda la determinazione del fringe benefit, nel caso di dipendente senza obbligo dimora, si assume la differenza tra la rendita catastale del fabbricato (e, in mancanza di questa, il valore dell’alloggio ad equo canone o ancora quello corrente in regime di libero mercato) aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore, e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato stesso; nel caso di obbligo di dimora (custode, portiere,…) si assume il 30% della predetta differenza.
L’ultimo caso riguarda i fabbricati concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica per esigenze di lavoro nel Comune in cui prestano l’attività.
In tal caso l’articolo 95, comma 2, Tuir per favorire la mobilità della forza lavoro, ha previsto un trattamento privilegiato per gli immobili destinati a garantire momentanee esigenze di accoglienza e prima sistemazione dei dipendenti che abbiano trasferito la propria residenza, assicurando la piena deducibilità delle spese di manutenzione e degli eventuali canoni di locazione, senza alcuna limitazione legata al fringe benefit, ma limitatamente al periodo d’imposta in cui si verifica il trasferimento e nei due periodi successivi.
Per questo triennio l’immobile, se di proprietà, viene qualificato come strumentale pro-tempore (articolo 43, comma 2, Tuir), con la conseguenza che tutti i costi, e non solo quelli di locazione e manutenzione, sono deducibili secondo le regole ordinarie.
Se oltre il termine del triennio l’immobile risulta ancora concesso allo stesso dipendente, si renderà invece applicabile la disciplina di parziale deducibilità, limitatamente al fringe benefit, prevista per gli immobili concessi in uso.
“L’intento che anima la disposizione in esame è quello di incentivare la mobilità dei dipendenti, sia italiani che stranieri, fornendo ai datori di lavoro uno strumento competitivo per attrarre sia manodopera che profili professionali d’eccellenza, rendendo più agevole lo spostamento e l’integrazione del personale nel nuovo contesto socio – culturale, oltre che professionale, e attenuando i disagi propri del trasferimento della residenza” (risoluzione AdE 214/E/2002).
In quest’ottica, la norma si rivolge sia ai soggetti neo assunti, sia a coloro che, successivamente all’instaurazione del rapporto di lavoro, debbano trasferirsi in un’altra sede situata in un comune diverso.
La norma non prevede un periodo minimo di permanenza: pertanto, se entro lo scadere del triennio previsto il dipendente lascia l’unità immobiliare, da quel momento la stessa non potrà più essere considerata strumentale e quindi, se assunta in locazione, i canoni e le spese di manutenzione non potranno più essere integralmente dedotti.
Qualora tuttavia l’immobile venga nuovamente concesso ad un dipendente che abbia trasferito la propria residenza, torneranno ad essere applicabili, per la medesima unità immobiliare, le previsioni di deducibilità.