Il requisito della “certezza” dell’investimento 4.0 agevolato
di Debora ReverberiLa complessità di un contratto di acquisizione di un bene strumentale può comportare insidie nella corretta individuazione del momento di effettuazione dell’investimento oggetto di agevolazione coi crediti d’imposta di cui all’articolo 1, commi 184-197, L. 160/2019 e di cui all’articolo 1, commi 1051-1063 e 1065, L. 178/2020.
Nelle risposte agli interpelli 723/2021 e 895/2021 l’Agenzia delle entrate ha infatti richiamato esplicitamente il requisito di “certezza” dell’investimento sancito dall’articolo 109, comma 1, Tuir con la conseguenza che l’inquadramento degli investimenti complessi impone l’individuazione dell’“adempimento decisivo” previsto contrattualmente a carico del fornitore, dal quale dipende il saldo del corrispettivo.
È questo il caso di contratti che, oltre alla mera fornitura del bene mobile, prevedono attività ulteriori a carico del commissionario, quali a titolo esemplificativo e non esaustivo le seguenti:
- le modifiche tecniche da apportare ai macchinari secondo determinate specifiche dettate dal committente;
- il collaudo presso il fornitore (c.d. FAT, Factory Acceptance Test), formalizzato con la sottoscrizione di un c.d. PAC, Preliminary Acceptance Certificate;
- il trasporto e l’installazione del bene presso l’acquirente;
- il collaudo presso l’acquirente (c.d. SAT, Site Acceptance Test) formalizzato con la sottoscrizione di un c.d. FAC, Final Acceptance Certificate;
- l’addestramento e la formazione del personale dell’acquirente.
L’individuazione del momento di effettuazione dell’investimento complesso richiede dunque, secondo l’Amministrazione finanziaria, l’analisi di una molteplicità di elementi desumibili sia dalla lettura del contratto di acquisizione del bene, sia dal comportamento concludente posto in essere dal committente.
Nelle risposte agli interpelli 723/2021 e 895/2021 l’Agenzia delle entrate ha seguito, per la formulazione dei propri pareri, i seguenti steps:
- lettura dei contratti di acquisizione con individuazione dell’“adempimento decisivo” a carico del commissionario;
- lettura dei contratti di acquisizione con individuazione del frazionamento dei corrispettivi;
- analisi delle dinamiche finanziarie;
- in caso di pagamento anticipato del saldo, avvenuto prima dell’“adempimento decisivo”, analisi delle eventuali garanzie emesse dal commissionario a copertura del rischio di un successivo inadempimento contrattuale.
Emerge dunque un’inedita importanza attribuita alle movimentazioni finanziarie nell’individuazione dei momenti di effettuazione di investimenti regolati da contratti complessi: pagamenti anticipati del saldo potrebbero infatti rivelare la maturazione della ragionevole certezza dell’investimento in un momento antecedente a quello contrattualmente previsto.
Per contra il rilascio di garanzie a favore del committente da parte del commissionario, a tutela del mancato adempimento degli obblighi contrattuali del fornitore in caso di pagamento anticipato del saldo, potrebbe indurre a posticipare il momento di effettuazione dell’investimento all’“adempimento decisivo”.
Qualora il contratto di acquisizione preveda in particolare la cessione di beni non standardizzati prodotti sulla base di specifiche richieste tecniche definite dell’acquirente, esso risulterebbe inquadrabile, secondo la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7624/2013, nella fattispecie del “contratto di appalto”, in quanto caratterizzato dalla prevalenza del “fare” sul “dare”, con volontà delle parti contraenti di attribuire maggiore importanza al processo produttivo del bene piuttosto che al suo trasferimento.
Ai fini dell’individuazione del momento di effettuazione dell’investimento realizzato tramite contratto di appalto, come specificato sin dagli albori della disciplina dell’iperammortamento dalla circolare AdE 4/E/2017 e conformemente all’articolo 109 Tuir, “i relativi costi si considerano sostenuti dal committente alla data di ultimazione della prestazione ovvero, in caso di stati di avanzamento lavori, alla data in cui l’opera o porzione di essa, risulta verificata ed accettata dal committente”.
Il momento di ultimazione del servizio è in tal caso di regola individuato nel momento di “accettazione senza riserve” dell’opera dell’appaltatore da parte del committente che, solitamente, coincide con la positiva esecuzione del collaudo finale formalizzata con la sottoscrizione del FAC, Final Acceptance Certificate.
Sul tema la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 16349/2014, ha stabilito che nei contratti di appalto “concorrono alla formazione del reddito d’impresa…omissis…esclusivamente i ricavi per i corrispettivi dei lavori ultimati…omissis…ovverosia di quelli in ordine ai quali sia intervenuta l’accettazione del committente, derivante dalla positiva esecuzione del collaudo, o anche in conseguenza dell’espressione, per facta concludentia, di una volontà incompatibile con la mancata accettazione (accettazione tacita)”.
In tal caso, secondo la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10452/2020, il presupposto dell’accettazione tacita è rappresentato dalla consegna dell’opera al committente e il fatto concludente consiste nella ricezione senza riserve del bene, anche in assenza di verifica.
Anche l’Agenzia delle entrate, nella recente risoluzione 77/E/2021, ritiene che l’accettazione dell’opera possa avvenire “per facta concludentia”, ravvisandosi tacitamente in comportamenti che evidenziano una “ricezione senza riserve” da parte del committente.
L’accettazione tacita potrebbe evincersi ad esempio dai seguenti documenti, che richiederebbero un’indagine ad hoc:
- documentazione contabile (bilanci d’esercizio, libri contabili e registro dei beni ammortizzabili);
- corrispondenza tra le parti;
- fatture relative alle utenze, per comprovare il momento di effettiva entrata in funzione del bene in relazione ai consumi energetici, di gas o acqua.
La data di accettazione tacita delle opere coinciderebbe pertanto col momento di effettuazione dell’investimento ai fini dell’applicazione del credito d’imposta in esame.