18 Ottobre 2023

Il riassorbimento dei disallineamenti (civilistici e fiscali) delle immobilizzazioni materiali

di Stefano Rossetti
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Nella realtà operativa della generalità delle imprese, il piano di ammortamento civilistico dei beni viene fatto solitamente coincidere con la massima misura ammessa in deduzione dalla disciplina fiscale. Questa prassi è adottata per non creare disallineamenti tra il valore civilistico del bene e quello fiscale, che dovrebbero essere gestiti per il tramite di variazioni in aumento e/o in diminuzione.

La divergenza tra le due discipline si origina dalle diverse finalità perseguite dal legislatore, nell’ambito dei differenti contesti di applicazione.

Le principali differenze tra le due discipline riguardano:

  • l’inizio della procedura di ammortamento;
  • la deduzione integrale ed immediata dal reddito d’impresa dei cespiti di costo unitario inferiore ad euro 516,46;
  • la durata del piano di ammortamento;
  • l’adozione di un’aliquota ridotta, in relazione al primo anno di ammortamento fiscale.

In merito al disallineamento derivante dalla differente quantificazione della prima quota di ammortamento (civilistica e fiscale), si evidenzia che:

  • il principio contabile Oic 16, paragrafo n. 61, prevede che “la regola di utilizzare la metà dell’aliquota normale d’ammortamento per i cespiti acquistati nell’anno è accettabile, se la quota d’ammortamento ottenuta non si discosta significativamente dalla quota calcolata a partire dal momento in cui il cespite è disponibile e pronto per l’uso”;
  • l’articolo 102, comma 2, primo paragrafo, Tuir, stabilisce la riduzione alla metà della quota di ammortamento deducibile per il primo esercizio.

Quindi, nell’ipotesi in cui l’impresa acquisti i beni strumentali nella prima o nell’ultima parte dell’esercizio (tendenzialmente il primo o l’ultimo trimestre) può essere valutata la possibilità di calcolare la prima quota di ammortamento civilistico secondo il metodo del prorata temporis, con ciò creando un disallineamento tra le due discipline. A questo punto gli scenari possono essere due:

  • se la prima quota civilistica, calcolata con il metodo del prorata temporis, è maggiore di quella fiscale (aliquota ridotta alla metà), allora la quota civilistica è deducibile nel limite di quella fiscale. In questa ipotesi occorre operare una variazione in aumento di carattere transitorio, la quale genera un disallineamento di valori;
  • se la prima quota civilistica, calcolata prorata temporis, è inferiore a quella fiscale, allora l’importo ammesso in deduzione è pari alla quota civilistica.

Nel differente caso, in cui l’acquisto venga effettuato nei mesi centrali dell’esercizio, l’impresa può ridurre alla metà l’aliquota civilistica senza creare, in tal modo, alcun disallineamento tra le due discipline.

Nell’ipotesi in cui si venga a generare un disallineamento tra il valore contabile e fiscale del bene, il riassorbimento dello stesso non avviene al termine del periodo di ammortamento civilistico, ma “nel primo periodo di imposta in cui vi è capienza per la deduzione dell’ulteriore quota di ammortamento fiscale”. In tal modo si è espressa l’Amministrazione finanziaria con la risposta ad istanza di interpello n. 761/2021.

L’Agenzia delle entrate, in riferimento al caso di specie, mutua il principio che era stato espresso nella risoluzione n. 98/E/2013 in riferimento alle modalità di “riassorbimento”, ai fini Ires e Irap, della svalutazione delle immobilizzazioni materiali avente rilevanza solo civilistica.

Con la sopra citata risoluzione era stato chiarito che la svalutazione può essere recuperata, ai fini Ires, deducendo delle quote di ammortamento più alte rispetto aquelle imputate al conto economico, attraverso l’effettuazione di variazioni in diminuzione nella dichiarazione dei redditi; tali variazioni devono essere determinate nella misura massima consentita, pari alla differenza tra:

  • la quota di ammortamento fiscale (calcolata in base al coefficiente previsto dal D.M. 31.12.1988) e;
  • la quota di ammortamento imputata a conto economico.

Ad avviso dell’Agenzia delle entrate, il principio espresso dalla risoluzione n. 98/E/2013 – che consente di riassorbire il disallineamento derivante dalla svalutazione solo civilistica attraverso un incremento delle quote annue di ammortamento fiscale (fino al limite massimo costituito dal coefficiente tabellare) – vale, a maggior ragione, anche per il disallineamento derivante dall’applicazione dell’articolo 102, comma 2, Tuir, ovvero dalla diversa dinamica temporale dell’ammortamento civilistico rispetto all’ammortamento fiscale.

Alle medesime conclusioni, si dovrebbe giungere anche nel caso del disallineamento derivante dalle diverse regole che disciplinano il momento relativo all’imputazione delle quote di ammortamento. Nello specifico, i criteri per l’individuazione del momento da cui far iniziare l’ammortamento sono diversi:

  • il principio contabile Oic 16 par. 61 prevede che “l’ammortamento decorre dal momento in cui l’immobilizzazione è disponibile e pronta per l’uso”. Quindi, da un punto di vista civilistico, devono essere ammortizzati tutti quei cespiti di proprietà dell’impresa che sono impiegati nel processo produttivo o che sono astrattamente idonei ad essere immessi nel processo produttivo, ma non sono entrati ancora in funzione;
  • l’articolo 102, comma 1, Tuir, prevede che “le quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l’esercizio dell’impresa sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione”.

Ciò comporta che, qualora non dovesse coincidere la disponibilità del bene con l’entrata in funzione, si rende necessario gestire tale situazione mediante l’effettuazione di una variazione in aumento in dichiarazione dei redditi, in quanto la quota di ammortamento civilistico non risulterebbe deducibile ai fini fiscali. Anche in questo caso, dunque, il riassorbimento dovrebbe avvenire nel primo periodo d’imposta utile.