Il ricorso cumulativo e quello collettivo
di Nicola Fasano
Accade spesso che al momento di intraprendere un contezioso contro il fisco ci si interroghi sulla possibilità (oltre che l’opportunità) di proporre per conto del medesimo contribuente un unico ricorso contro più atti relativi a diversi periodi di imposta (si parla in tal caso di “ricorso cumulativo”), oppure presentare un unico ricorso nei confronti di un atto impositivo per conto di più contribuenti (c.d. “ricorso collettivo”).
In linea generale, a parere di chi scrive, è consigliabile attenersi al principio “un atto, un ricorso”, al fine di evitare complicazioni processuali: si pensi per esempio alle fattispecie in cui un avviso di accertamento da impugnare ricada nel filtro del reclamo-mediazione, poiché l’ammontare della maggiori imposte contestate non supera il limite di 20.000 euro e l’altro invece no, perché le imposta contestate superano la soglia dei 20.000 euro. In questi casi, è evidente come si debba optare per ricorsi autonomi e separati.
Tuttavia, ci sono ipotesi in cui la scelta di accorpare varie potenziali impugnazioni in un unico ricorso ha innegabili pregi, soprattutto quando magari il valore della controversia non è elevato: il ricorso cumulativo, ed in particolare quello collettivo possono rappresentare un valido strumento per ridurre i costi di assistenza tecnica nel processo tributario, in quanto da un lato gli adempimenti da parte del professionista (notifica, iscrizione a ruolo, attività processuale, ecc.) si riducono, e dall’altro la suddivisione delle spese professionali per l’unico ricorso fra tutti gli interessati, potrebbe “convincere” questi ultimi ad adire i giudici tributari invece che accettare la pretesa del fisco al solo fine di evitare un lungo e costoso contenzioso. Potrebbe farsi l’esempio dell’avviso di rettifica in materia di imposta sulle successioni notificato dall’Ufficio ai diversi eredi, o dell’avviso di rettifica ai fini dell’imposta di registro notificato alle parti contraenti di una compravendita, coobbligate in solido.
Fatta questa premessa di carattere generale, con riferimento al ricorso cumulativo si deve ricordare che l’art. 104 c.p.c. prevede che contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo più domande anche non altrimenti connesse, purché nel rispetto delle norme sulla competenza per valore.
Ora, come confermato dalla Cassazione (fra le altre si veda la sentenza n. 19666/2004), tale previsione può essere estesa anche al giudizio tributario, a maggior ragione se si considera che nell’ambito delle controversie fiscali non c’è una “competenza per valore” dei giudici come in ambito civile.
Ovviamente, presupposto indefettibile per il ricorso cumulativo è la strettissima connessione delle imposte contestate nei vari atti. Un caso tipico, per esempio, riguardava il “vecchio” redditometro laddove ai fini dell’applicazione di tale strumento accertativo era necessario, ai sensi del previgente articolo 38, d.p.r. 600/1973, lo scostamento del 25% fra reddito dichiarato e reddito accertabile per almeno due periodi di imposta. L’Agenzia delle entrate era solita dunque accertare contemporaneamente, o quasi, due anni di imposta e sui relativi avvisi di accertamento era possibile esperire un unico ricorso (anche in considerazione del fatto che talvolta le Commissioni tributarie comunque riunivano i due procedimenti ai sensi dell’art. 29 del d. lgs. 546/92).
In ogni caso, il contributo unificato resta dovuto in relazione all’importo contestato in ciascun atto (che dunque non si cumulano), come chiarito dalla direttiva 2/2012 il Ministero dell’Economia e delle Finanze (sul punto tuttavia, non mancano pronunce di merito che si esprimono in senso contrario, cfr. CTP Campobasso n. 120/2013).
Per quanto riguarda il ricorso collettivo con cui più contribuenti (soprattutto coobbligati in solido) impugnano un atto di accertamento, il fondamento giuridico è rappresentato dall’art. 103 c.p.c. (in materia di litisconsorzio facoltativo) ai sensi del quale più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente dalla risoluzione di identiche questioni. La applicabilità del ricorso collettivo anche in ambito tributario oltre ad essere riconosciuta dalla giurisprudenza di merito (cfr. CTP di Modena n. 219/2007) è stato, di recente, “avallato” anche dalla giurisprudenza di legittimità in sede tributaria. Anzi, la Cassazione con la sentenza n. 4490/2013 è andata oltre, riconoscendo addirittura la possibilità di utilizzare il ricorso “cumulativo-collettivo” con cui in sostanza più contribuenti impugnano più atti impositivi. Premesso che è preferibile, in ogni caso, la presentazione di ricorsi distinti, al fine di evitare di incappare in pronunce di inammissibilità, va evidenziato che la Suprema Corte, in materia di contributi ai Consorzi di bonifica, nella sentenza citata ha ritenuto ammissibile, contrariamente a quanto deciso dai giudici di merito, il ricorso congiunto presentato da più contribuenti nei confronti di cartelle di pagamento relative a immobili distinti posto che oggetto del giudizio erano identiche questioni dalla cui soluzione dipendeva la decisione della causa.