Il rimborso delle imposte alle società cessate
di Luigi FerrajoliÈ frequente che, al termine della liquidazione, l’attivo del bilancio finale di liquidazione risulti composto unicamente da crediti tributari.
In relazione alle modalità con cui si deve procedere al rimborso di tali crediti tributari occorre evidenziare che, ai fini Iva, l’articolo 5 D.M. 26.02.1992 dispone che “qualora una società sia cancellata dal registro delle imprese, l’Ufficio può eseguire il rimborso al liquidatore regolarmente legittimato, nella sua qualità di rappresentante legale della società in fase di estinzione, sempreché il credito sia stato evidenziato nel bilancio finale di liquidazione depositato nella cancelleria del Tribunale. Nel caso in cui, al momento della cessazione dell’attività il credito d’imposta sia stato ceduto a terzi, il titolo di spesa è intestato direttamente al cessionario del credito stesso”.
Pertanto, affinché la liquidazione possa chiudersi anche in vigenza di crediti Iva da rimborsare, il citato D.M. impone il rispetto delle seguenti condizioni:
- il rimborso deve essere erogato al liquidatore della società cancellata;
- il credito Iva di cui si chiede il rimborso deve essere esplicitamente indicato nel bilancio finale di liquidazione e nel piano di riparto depositato;
- ci sia formale cessione del credito a favore di terzi, ai sensi degli articoli 1260 e ss. cod. civ. perché questi ultimi possano incassare il credito Iva;
- ci sia formale cessione del credito a favore dei soci o dei liquidatori perché gli stessi possano incassare il credito Iva.
Tale norma, a parere dell’Amministrazione finanziaria, detta regole valide anche per i rimborsi di crediti tributari diversi da quelli Iva disciplinati dal citato D.M. 26.02.1992.
In tale senso, l’Agenzia delle entrate, nella risoluzione 77/E/2011 ha ulteriormente specificato che:
- “(…) come avviene per le società di persone, può essere riconosciuta direttamente ai soci la titolarità del diritto al rimborso, pro quota, delle imposte”;
- “circa il soggetto cui materialmente eseguire i rimborsi (…) tenuto conto della compagine sociale delle società di capitali, spesso costituita da un numero considerevole di soci, si ritiene opportuno il conferimento di una delega alla riscossione ad uno di essi o ad un terzo, al fine di evitare l’erogazione del rimborso a ciascun socio in proporzione alle quote sociali”.
In alternativa a quanto sopra, sempre secondo l’Agenzia delle entrate, i soci titolari del diritto del rimborso potrebbero delegare all’incasso anche lo stesso ex liquidatore “previa comunicazione della predetta delega al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate”.
L’articolo 5 D.M. 26.02.1992 individua fra le condizioni per accedere al rimborso del credito Iva l’indicazione del credito nel bilancio finale di liquidazione.
Tuttavia, va rammentato che il D.M. in questione costituisce attuazione del D.L. 47/1992, che non è stato convertito in legge.
Si è posto, pertanto, il problema di valutare le conseguenze derivanti dall’omissione di tale indicazione, in relazione al quale la Corte di Cassazione ha più volte affermato che l’omessa indicazione del credito fra le poste attive del bilancio finale di liquidazione non è di ostacolo al rimborso da parte dell’Agenzia delle entrate.
Da ultimo, la Suprema Corte, con sentenza n. 9192/2016, ha specificato che: “va premesso che il credito d’imposta non sorge al momento della sua esposizione nella dichiarazione annuale, poiché, la fonte degli obblighi tributari, a norma dell’articolo 1 del decreto Iva, è costituita unicamente dal coinvolgimento del contribuente in una delle operazioni imponibili considerate da tale disposizione. Ne consegue che la sussistenza di detto credito in capo al contribuente non può essere negata solo perché esso non sia stato indicato nella dichiarazione annuale o nel bilancio di esercizio o bilancio finale di liquidazione, in quanto anteriormente ceduto a terzi (Cass. 10808/2012). Ne deriva che il credito di una società posta in liquidazione, relativo al rimborso dell’imposta richiesto a norma dell’articolo 30 del decreto Iva all’atto della dichiarazione fiscale dell’ultimo anno di attività, non è condizionato dall’esposizione del credito stesso nel bilancio finale della società, anche se assente per essere stato quel credito ceduto. Infatti l’efficacia probatoria dei libri sociali, derivante dalla normativa pubblicistica, attiene ai rapporti di debito e credito inerenti all’esercizio dell’impresa, mentre la contabilità Iva, pur non avendo alcuna efficacia probatoria in tali rapporti, documenta comunque il debito fiscale, rendendone possibile il controllo da parte dell’amministrazione finanziaria (Cass. 13345/2012). Dunque, il fisco, in presenza dei detti adempimenti Iva, non può sottrarsi al rimborso, con effetto liberatorio, nei confronti della società cedente, alla luce dell’articolo 1264 cod. civ., in mancanza di notifica al debitore ceduto della cessione del credito relativo al rimborso, e quindi anche di accettazione della cessione”.