Il riporto delle perdite fiscali in caso di fusione
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariNel caso in cui le società partecipanti alla fusione non siano riconducibili nel novero delle c.d. “bare fiscali” e l’operazione non sia elusiva, non può trovare applicazione il vincolo temporale di riporto delle perdite fiscali pregresse. In particolare, ai sensi dell’articolo 10-bis, primo comma, della L. 212/2000, “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”. Pertanto, i presupposti per la configurazione dell’abuso del diritto sono essenzialmente tre:
- assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate;
- realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
- vantaggio fiscale quale effetto essenziale dell’operazione.
Costituiscono operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti ed i contratti, anche collegati tra loro, inidonei a produrre effetti significativi diversi da vantaggi fiscali. A tale riguardo, come chiarito dalla Relazione illustrativa collegata al D.Lgs. 128/2015, perché i vantaggi connessi ad un’operazione possano essere ritenuti indebiti, deve sussistere la violazione di norme e principi dell’ordinamento, in particolare di quelli collegati alla disciplina tributaria, in modo da poter adeguatamente distinguere il perseguimento del legittimo risparmio di imposta dall’elusione. Inoltre, i vantaggi fiscali indebiti devono essere fondamentali rispetto a tutti gli altri fini perseguiti dal contribuente. In ogni caso, non si considerano abusive le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, al fine del miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa, ovvero dell’attività professionale del contribuente.
In merito alle disposizioni limitative di riportabilità delle perdite fiscali nell’ambito delle operazioni di fusione, di cui all’articolo 172, comma 7, del Tuir, può esserne accordata la disapplicazione alle società per le quali non sia possibile verificare la sussistenza dei requisiti di vitalità economica e/o del patrimonio netto.
Tali requisiti richiedono che:
- dal conto economico della società, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. Tali requisiti di vitalità economica devono essere verificati e continuare a sussistere fino al momento in cui la fusione viene eseguita;
- sussista il limite quantitativo rappresentato dal patrimonio netto della società che riporta le perdite risultante dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater, del cod. civ., determinato senza tener conto dei conferimenti e versamenti effettuati negli ultimi 24 mesi anteriori alla data in cui si riferisce il bilancio, ovvero, la predetta situazione patrimoniale.
Risulta essenziale che le società partecipanti alla fusione, aventi perdite fiscali a riporto, non siano soggetti privi di capacità produttiva, vale a dire che non siano annoverabili tra le c.d. “bare fiscali” e che il mancato superamento dei requisiti di cui all’articolo 172, comma 7, citato sia dovuto a fattori meramente contingenti e non ad un effettivo depotenziamento di tali società.
Ai fini della non ascrivibilità delle società partecipanti alla fusione del novero delle c.d. “bare fiscali”, pare quindi di poter affermare che sia consentita la disapplicazione della norma citata, anche in base alla verifica in merito alla non elusività dell’operazione di fusione nel suo complesso, ossia analizzando se la medesima operazione configuri o meno un abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10-bis della L. 212/2000.
A tale riguardo, occorre verificare se:
- la realizzazione dell’operazione sia o meno sorretta da valide ragioni di natura extrafiscale;
- l’eventuale vantaggio fiscale possa o meno essere ritenuto essenziale se paragonato alla totalità delle utilità potenzialmente conseguibili;
- la fusione realizzata sia o meno coerente con il fondamento giuridico della società e risponda a normali logiche di mercato.