Il ruolo effettivo ricoperto dal socio fa scattare la responsabilità
di Marco BargagliA fronte delle irregolarità fiscali constatate a carico di un’associazione per l’omesso versamento delle ritenute operate sui compensi corrisposti a soggetti terzi, la responsabilità dei soci va attentamente valutata in relazione alle attività svolte e ai ruoli effettivamente esercitati, risultando irrilevante l’incarico formalmente attribuito alla persona fisica (ad esempio, essere titolare di una determinata carica in seno all’ente).
Tali importanti spunti ermeneutici e i correlati principi di diritto sono stati diramati dalla suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1489 del 21.01.2019, che si è espressa proprio in relazione ai profili di responsabilità dei soci di un’associazione, richiamando anche la normativa sostanziale di riferimento in subiecta materia.
Sullo specifico punto, ai sensi dell’articolo 38 cod. civ.:
- per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune;
- delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.
Ciò posto, i fatti in causa prendevano le mosse da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate di Bologna con il quale l’Ufficio Finanziario ingiungeva il pagamento nei confronti dei due soci – per l’omesso versamento delle ritenute fiscali operate sui compensi erogati a terzi – ritenuti i responsabili solidali dell’obbligazione tributaria, ai sensi del richiamato articolo 38 cod. civ..
In merito, le citate persone fisiche erano rispettivamente soci e componenti del consiglio direttivo di un’associazione non riconosciuta.
In sede di appello il giudice di merito accoglieva il ricorso presentato dai contribuenti, tenuto conto che non era stata fornita indicazione e prova del fatto che i comportamenti omissivi erano stati posti in essere dai ricorrenti, non essendo sufficiente la mera sussistenza di un incarico direttivo gestionale nell’ambito della associazione in questione.
Avverso la sentenza emessa da parte del giudice del gravame, l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per Cassazione rilevando che, in materia di associazioni non riconosciute, rispondono per i debiti d’imposta che sorgono ex lege i soggetti che, in forza del ruolo rivestito, hanno diretto la complessiva gestione associativa in un determinato periodo.
Tutto ciò premesso, gli Ermellini hanno rigettato la tesi espressa da parte dell’Amministrazione finanziaria tenuto conto che:
- come già chiarito in passato dalla stessa Corte di cassazione la responsabilità personale e solidale prevista dall’articolo 38, comma 2, cod. civ., per colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta, non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, bensì all’attività negoziale effettivamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi;
- chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la dimostrazione in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (Corte di cassazione, sentenze n. 8752/2017, 8188/2014, n. 26290/2007).
Nel caso esaminato, infatti, la circostanza che i ricorrenti fossero componenti del consiglio direttivo dell’associazione avrebbe potuto indurre – prima facie – a ritenere che gli stessi avessero concorso a decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori per l’associazione.
Tuttavia, proprio a parere della Giurisprudenza espressa in sede di legittimità, è necessario che di tale circostanza venga fornita prova da parte dell’Amministrazione.
Di contro, in linea con le argomentazioni illustrate nella sentenza impugnata, la suprema Corte ha concordemente rilevato che tale prova non era stata fornita da parte dell’Ufficio finanziario, significando che non era sufficiente la mera rappresentanza dell’associazione né la conoscenza della gestione economico finanziaria dell’associazione e, infine, neppure la partecipazione ad una riunione del consiglio direttivo nel 2009 per l’approvazione del rendiconto del 2008.
Sul punto i Giudici di piazza Cavour hanno rilevato che per i debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale, ma “ex lege” al verificarsi del relativo presupposto, è chiamato a rispondere solidalmente tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato, “fermo restando che il richiamo all’effettività dell’ingerenza vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni sorte nel periodo di relativa investitura”.
In buona sostanza, nel caso di specie:
- la partecipazione al consiglio direttivo, da parte dei ricorrenti, è avvenuta nel 2009 ma solo per l’approvazione del rendiconto per l’anno 2008;
- non risulta un’effettiva permanenza nella carica degli stessi per tutto il 2009 (anno cui esclusivamente si riferisce l’accertamento), né una loro partecipazione ad ulteriori riunioni nel corso di tale anno;
- l’unica loro partecipazione, come detto, riguarda il rendiconto per l’anno 2008 ossia un periodo del tutto estraneo alla gestione dell’anno 2009, che tuttavia assume peculiare rilevanza per il caso risolto dai giudici.