Il termine di prescrizione in caso di emissione di fatture false e di sovrafatturazione
di Ernesto RussoGuido Martinelli
La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 40600/2013 (depositata il 1/10/13) ha statuito che la prescrizione del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti inizia a decorrere dall’ultimo episodio incriminabile e non già da ciascun singolo episodio.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso di un imprenditore che era stato sottoposto a procedimento penale per i reati di dichiarazione fraudolenta tramite fatture relative ad operazioni inesistenti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti (artt. 2 e 8, D.lgs. 74/2000). Sia il Giudice di prime cure che la Corte d’Appello avevano attestato l’evasione da Iva per un ammontare di circa 2 milioni di Euro. La Cassazione ha, però, cancellato la condanna per la sopravvenuta prescrizione del reato in considerazione del fatto che le operazioni contestate risalivano al 2003.
Il giudizio di legittimità è, infatti, ruotato intorno all’individuazione del dies a quo del termine prescrizionale dei reati ascritti all’imputato. La Corte ha statuito che “il termine di prescrizione del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8) inizia il suo decorso dall’ultimo episodio e cioè dall’emissione dell’ultima fattura”. La volontà del legislatore deve ricavarsi dallo stesso art. 8, comma 2, D.Dgs. 74/2000 laddove prevede la riconduzione ad unità dei plurimi episodi di emissione di fatture per operazioni inesistenti commessi nell’arco del medesimo arco di imposta in deroga agli ordinari principi di cui all’art. 81 c.p. per la configurazione del reato continuato. Il termine prescrizionale non può, dunque, decorrere dalla data di commissione di ciascun episodio, bensì dall’ultimo di questi.
Considerata la data di riferimento dell’ultima fattura, la Cassazione ha dichiarato estinti i reati contestati all’imprenditore per sopravvenuta prescrizione (termine massimo all’epoca vigente di 7 anni e mezzo maggiorato del periodo di sospensione durante il giudizio di primo grado), senza peraltro dover rinviare al Giudice di merito per un nuovo apprezzamento del fatto considerando che, nel caso di specie, si trattava di una mera “constatazione” che non comportava alcuna “valutazione”di merito.
Il principio di diritto posto a fondamento della sentenza della Cassazione è di sicuro interesse anche per il mondo dello sport avuto riguardo al deprecabile fenomeno noto come “sovrafatturazione”.
In ambito dilettantistico vi è una “presunzione assoluta” contenuta all’art.90, comma 8, della L. 289/2002 per cui i corrispettivi in denaro o in natura erogati in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche costituiscono, per il soggetto erogante fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a € 200.000, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei suoi prodotti mediante una specifica attività del beneficiario. Tale norma, in particolare, ha indirettamente “agevolato” il fenomeno della sovrafatturazione in questo settore.
Al di là delle verifiche ispettive volte all’accertamento dei necessari requisiti di inerenza dell’erogazione e sinallagmaticità del rapporto sottostante, non si può sottacere come l’Amministrazione Finanziaria abbia negli anni rilevato e contestato non infrequenti casi di operazioni parzialmente inesistenti poste in essere dalle società sportive e tese a consentire alle aziende sponsor un illecito vantaggio fiscale. Si annoverano già diversi interventi legislativi (specie in materia di tracciabilità) e giurisprudenziali (si vedano Cass. Civ. Sez. Trib. n. 1996 del 15 gennaio 2008 e Cass. Pen. Sez. III 14 gennaio 2010 n.10394) volti ad arginare ogni possibile forma e tentativo di celare simili operazioni, considerando sussistente il reato di dichiarazione fraudolenta sia nelle ipotesi di “inesistenza oggettiva assoluta” dell’operazione – che cioè nella realtà non è mai stata posta in essere – sia di “inesistenza oggettiva relativa” ovvero realizzata qualora l’operazione vi è stata ma per quantitativi inferiori a quelli indicati nella fattura.
Con la recente statuizione della Suprema Corte è, dunque, ormai acclarato che in caso di fatturazione di operazioni parzialmente o totalmente inesistenti, se da un lato l’unicità del reato ha escluso l’automatico aumento di pena che sarebbe applicato in via ordinaria a titolo di concorso materiale di reati, dall’altro lato siffatto trattamento di favore è bilanciato dalla regola – pacifica anche per il reato continuato – per la quale il termine prescrizionale non decorre dalla data di commissione di ciascun episodio, bensì dall’ultimo di questi.
Giova ricordare in conclusione che la materia è stata riformata ad opera del D.L. 138/2011 che ha introdotto il nuovo comma 1-bis dell’art. 17 del D.lgs. 74/2000 a norma del quale i termini di prescrizione per i delitti previsti dagli articoli dal 2 al 10 del D.lgs. 74 cit. sono stati aumentati di un terzo, passando dai precedenti 6 anni agli attuali 8 (con aumento non oltre 10 anni per eventi interruttivi).