Il trasferimento delle perdite nella scissione societaria: le interpretazioni della Agenzia delle entrate
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365Nella operazione di scissione societaria il tema del riporto o nuovo, ovvero del trasferimento delle perdite fiscali con compensazione intersoggettiva, si caratterizza con proprie specificità, rispetto alla normativa in materia di fusione; normativa che è pure richiamata esplicitamente nell’articolo 173, comma 10, Tuir. Inoltre, sulla questione della corretta applicazione del test di vitalità, è intervenuta la circolare n. 31/E/2022 innovando, con contenuti non del tutto condivisi in dottrina, le modalità operative precedentemente seguite.
Il criterio di proporzionalità
Anzitutto va ricordato che tipica conseguenza dell’effetto divisorio di patrimoni netti che avviene nella scissione, è che gli elementi soggettivi fiscali (articolo 173, comma 4, Tuir) vanno attribuiti alle società risultanti in proporzione alle quote di patrimonio netto contabile attribuite a scissa e beneficiaria.
Che la disciplina generale di ripartizione proporzionale disposta dall’articolo 173, comma 4, Tuir, si attui anche alle perdite è tesi assodata, che trova conferma, comunque, nella prassi dell’Agenzia delle entrate, come segnalato dalla circolare n. 220/E/2000 in cui si afferma: Ed invero, l’art. 123-bis, comma 10, del TUIR, (ora art. 173 del Tuir) riferendosi esclusivamente alla società scissa, regola due aspetti strettamente connessi tra loro, riguardanti l’imputazione e la limitazione al riporto delle perdite. Per quanto riguarda il primo, con il rimando al comma 4 dello stesso articolo, si stabilisce un criterio di imputazione proporzionale delle perdite, con la conseguenza che le perdite della società scissa vanno attribuite alle beneficiarie in proporzione alle quote di patrimonio netto contabile trasferito.
Il test di vitalità
Le perdite fiscali che possono essere trasferite a seguito di scissione societaria devono sottostare al cosiddetto test di vitalità. Il fine della norma, di cui all’articolo 172, comma 7, Tuir, ossia evitare una compensazione intersoggettiva delle perdite in assenza di condizioni di vitalità economica, va letto con attenzione, in relazione alla particolarità della scissione rispetto alla fusione. Infatti, per quest’ultima operazione esistono situazioni in cui il trasferimento delle perdite non deve sottostare al soddisfacimento del test di vitalità, e ciò nei casi in cui, tramite la scissione, non si verifica il pericolo della compensazione intersoggettiva tra redditi e perdite.
Ciò’ avviene, come ha affermato la circolare n. 9/E/2010 in due casi:
- per la quota di perdita rimasta di pertinenza della scissa;
- per la quota di perdite trasferita a beneficiaria
Nel primo caso, la compensazione intersoggettiva è scongiurata dalla circostanza che la perdita rimasta di pertinenza della scissa non viene trasferita e pur in assenza di condizioni di vitalità, la situazione che si presenta (limitatamente a questa quota di perdita) è la stessa che si verificherebbe senza che sia eseguita l’operazione di scissione. È chiaro che, invece, la quota di perdita che viene trasferita alla beneficiaria viene bloccata, poiché per questa si verifica la compensazione intersoggettiva.
Nel secondo caso, il trasferimento della perdita si realizza, ma senza che si compensi alcun reddito pregresso data la neo-costituzione della beneficiaria. Ciò attesta che l’obiettivo perseguito dall’articolo 172, Tuir, non è impedire tout court la compensazione intersoggettiva, ove siano assenti i parametri di vitalità, ma è bloccare il trasferimento delle perdite, quando esse vadano a compensare redditi pregressi e non redditi futuri. Quindi potremo parlare, in assenza di condizioni di vitalità, di divieto di compensazione intersoggettiva retroattiva.
Viceversa, il test di vitalità va eseguito quando la beneficiaria è preesistente e ad essa vengono trasferite, in proporzione al patrimonio netto attribuito, perdite fiscali generate dalla scissa. Per la verità, il test di vitalità va eseguito anche con riferimento alle perdite della beneficiaria, ma il dato delicato (e per il quale l’Agenzia delle entrate ha modificato la propria tesi) è rappresentato dalle perdite della scissa trasferite alla beneficiaria. Infatti, per esse, la circolare n. 9/E/2010 aveva, da una parte, individuato il limite di attribuzione nel patrimonio netto trasferito alla beneficiaria, ma dall’altra, soprattutto, aveva previsto che la condizione di vitalità economica, calcolata sull’intera società scissa, potesse essere ereditata tout court dal ramo di azienda, oppure dai singoli beni oggetto di scissione.
È su questo punto che è intervenuta la circolare n. 31/E/2022 negando l’equazione “vitalità delle intera scissa/vitalità del compendio trasferito” e, al contrario, sostenendo l’obbligo di calcolare i parametri di vitalità riferiti al solo compendio oggetto di scissione. È evidente la difficoltà di questa ultima impostazione, nel senso che solo nel caso in cui oggetto di scissione fosse un ramo di azienda dotato di cantabilità separata potrebbero essere ragionevolmente calcolati i parametri (40% dei ricavi e del costo del personale), ma se diversamente non fosse presente la contabilità separata, i conteggi sarebbero per un verso complessi e per l’altro sempre arbitrari e, come tali, sottoponibili a censure da parte della Agenzia delle entrate. Per tacere del caso in cui oggetto di scissione sia un singolo bene; caso in cui non si vede come parametrare ad esso i ricavi ed il costo del personale. Pensiamo al classico spin off immobiliare nel quale viene scisso un immobile, magari anche di rilievo per l’ammontare del patrimonio netto contabile, da cui deriverebbe l’attribuzione di un ammontare di perdita significativo: ma come si possono parametrare i ricavi ed il costo del personale ad un singolo bene? Da qui la tesi sconfortante proposta da alcuni, ovvero che questa interpretazione ha come necessaria conseguenza (e forse questo era anche l’obiettivo finale della circolare n. 31/E/2022) la produzione di istanza di interpello per delegare alla Agenzia delle entrate il giudizio sulla legittimità del trasferimento delle perdite.
Ma se è così, allora è inutile scrivere norme tese a disciplinare oggettivamente il quantum di perdita fiscale trasferibile, se poi il risultato concreto è demandare la scelta alla Agenzia delle entrate.