30 Ottobre 2024

Il trattamento fiscale dei lavoratori sportivi c.d. impatriati

di Alessandra MagliaroSandro Censi
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La nuova disciplina sugli impatriati introdotta dall’articolo 5, D.Lgs. 209/2023, opera numerose e penetranti modifiche alla normativa previgente introducendo fra i requisiti soggettivi il conseguimento di un titolo di istruzione superiore specifico. È evidente come tale modifica impatti fortemente sulla possibilità di utilizzo dell’agevolazione da parte degli sportivi; essi, infatti, mentre da un lato potranno usufruire del beneficio fiscale a prescindere dal settore di attività sportiva svolta (professionisti o dilettanti) dovranno però possedere gli ulteriori requisiti previsti dalla legge. Secondo la nuova normativa, gli sportivi, per poter usufruire dell’agevolazione, dovranno essere in possesso dell’adeguato titolo di istruzione prescritto, non sempre presente nella loro formazione.

I profili intertemporali previsti dalla nuova disciplina, infine, renderanno complessa l’attività di verifica della spettanza del regime agevolato da parte di società e associazioni sportive.

 

Evoluzione storica

Negli anni della globalizzazione e dell’internazionalizzazione sempre più può accadere che società e associazioni sportive si trovino ad avere rapporti di lavoro con sportivi provenienti dall’estero. Come noto il nostro Paese, nel corso degli anni ha introdotto e poi più volte modificato un regime fiscale di favore per questi soggetti c.d. impatriati.

E, invero, a partire dall’anno 2007, a causa della crisi finanziaria e della recessione economica numerosi Paesi, tra cui anche l’Italia, hanno introdotto normative fiscali di favore con l’intento di attrarre nel Paese nuovi contribuenti.

In realtà nella formulazione originaria l’idea del Legislatore era quella di offrire condizioni tributarie di favore a coloro che per svariate ragioni avevano deciso di trasferirsi all’estero (L. 238/2010 c.d. controesodati e il successivo articolo 16, D.L. 147/2015 c.d. impatriati).

La prima versione della norma, da cui il nome rientro dei cervelli, era rivolta esclusivamente a soggetti altamente qualificati che, dopo un periodo di permanenza all’estero, trasferivano la loro residenza fiscale in Italia. Per i redditi da loro prodotti in Italia era prevista una riduzione della base imponibile dal 30 al 70% e, in particolari ipotesi, tale percentuale saliva al 90%.

A partire però dall’anno 2019 l’articolo 16, D.L. 147/2015 venne modificato relativamente ai soggetti che potevano godere dei benefici fiscali, se rientrati in Italia dopo un periodo di permanenza all’estero, senza che a costoro venisse richiesta alcuna qualificazione professionale. In sostanza era sufficiente che gli stessi percepissero redditi qualificabili come da lavoro dipendente anche assimilato e di lavoro autonomo.

Tale ampliamento della platea dei soggetti destinatari ha prodotto, quale conseguenza, l’applicazione della norma di favore anche agli sportivi. Va ricordato che la normativa sportiva vigente all’epoca, combinata con quella tributaria, inquadrava soprattutto (se non esclusivamente) gli sportivi professionisti (cioè coloro che erano tesserati per una Federazione che aveva chiesto e ottenuto tale riconoscimento)[1] come produttori di reddito da lavoro dipendente. Pertanto, erano soprattutto costoro che potevano usufruire della normativa di favore. La maggior parte dei c.d. dilettanti percepiva, infatti, solo rimborsi spese o, al più, redditi definiti come “diversi” e, pertanto, non ricompresi nell’agevolazione.

Il regime agevolativo riguardava i redditi da lavoro dipendente e autonomo derivanti da attività sportiva svolta in Italia per l’anno di trasferimento e i 4 periodi d’imposta successivi, con possibilità di rinnovo per altri 5 anni se l’interessato aveva almeno un figlio minore di 18 anni o persone a carico (compreso l’affidamento preadottivo), ovvero acquistava beni in Italia dopo il trasferimento in qualsiasi momento prima della scadenza del quinquennio o negli ultimi 12 mesi precedenti il trasferimento.

Come premesso l’agevolazione riguardava solo i redditi prodotti in Italia mentre qualsiasi remunerazione ottenuta all’estero (ad esempio, una parte del reddito da lavoro dipendente derivante da partite di calcio internazionali o tornei giocati all’estero da giocatori autonomi) era da considerarsi interamente assoggettata a imposta.

Una modifica ad hoc venne inserita, nel 2022 con il c.d. emendamento Nannicini, a sfavore degli impatriati sportivi. Quelli qualificati come non professionisti vennero esclusi del tutto dal perimetro agevolativo mentre, per gli impatriati qualificabili come sportivi professionisti, si riduceva l’ammontare dell’importo agevolato ma, soprattutto, si condizionava il godimento del trattamento di favore all’età dello sportivo professionista e al reddito complessivo percepito.

Più in particolare lo sportivo doveva aver compiuto almeno 20 anni entro la fine del periodo di imposta in cui trasferiva la residenza in Italia e l’importo complessivo dell’ingaggio pattuito doveva essere superiore a 1 milione di euro (per calcio maschile, ciclismo e golf) o 500.000 (per calcio femminile e pallacanestro).

L’entrata in vigore della Riforma dello sport nel 2023 ha introdotto una nuova distinzione tra i soggetti operanti nel mondo dello sport: non più quindi professionisti versus dilettanti ma, piuttosto, lavoratori sportivi versus volontari. Per espressa previsione legislativa però, come detto, solo i lavoratori sportivi professionisti potevano godere, con le limitazioni sopra descritte, dell’agevolazione.

L’ultima modifica alla normativa agevolativa sugli impatriati vede la luce sempre nel 2023 con decorrenza per la sua applicazione al 1° gennaio 2024.

 

L’attuale formulazione della norma di favore per gli impatriati consente ancora l’utilizzo da parte dei lavoratori sportivi?

La nuova disciplina, introdotta dall’articolo 5, D.Lgs. 209/2023, opera numerose e penetranti modifiche alla normativa in esame. E, invero, con tale norma, innanzitutto, da un punto di vista soggettivo si richiedono requisiti più stringenti per poter godere dell’agevolazione; vengono ampliati i requisiti temporali richiesti di permanenza all’estero prima del rientro e di permanenza in Italia una volta rientrati; infine, viene ridotto al 50% (salvo particolari eccezioni) l’ammontare di reddito esente stabilendo un tetto massimo annuale di reddito che può fruire dell’agevolazione.

Partendo dalla prima delle citate modifiche, e cioè quella inerente i requisiti soggettivi necessari per poter godere del regime di favore è stato stabilito che i soggetti che intendono godere dell’agevolazione devono essere in possesso: “dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108 e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206». In breve possiamo ricordare che, i requisiti richiesti, ricorrono nelle ipotesi di «Conseguimento di un titolo di istruzione superiore rilasciato da autorità competenti nel Paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica professionale superiore, rientrante nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011, attestata dal Paese di provenienza e riconosciuta in Italia” (D.Lgs. 108/2012, che ha recepito la Direttiva europea 2009/50/CE).

È evidente come tale modifica impatti fortemente sulla possibilità di utilizzo dell’agevolazione da parte degli sportivi; essi, infatti, mentre da un lato potranno usufruire del beneficio fiscale a prescindere dal settore di attività sportiva svolta (professionisti o dilettanti) dovranno però possedere gli ulteriori requisiti previsti dalla legge. E, invero, secondo la nuova normativa, gli sportivi, pur rientrando nel livello 3 della classificazione Istat citata, per poter usufruire dell’agevolazione dovranno anche essere in possesso dell’adeguato titolo di istruzione prescritto, non sempre presente nella loro formazione.

Dal punto di vista temporale il periodo trascorso all’estero, prima del rientro, necessario per poter godere dell’agevolazione, è stato aumentato a 3 periodi di imposta e non più ai 2 previsti dalla normativa precedente.

L’ulteriore modifica relativa alla percentuale di abbattimento della base imponibile Irpef prevista dalle nuove norme non incide, invece, sugli sportivi posto che la riduzione al 50% era già quella stabilità nei loro confronti. L’abbattimento dell’imponibile fiscale può arrivare al 60% qualora il lavoratore si trasferisca in Italia con un figlio minore o in caso di nascita di un figlio, ovvero di adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del regime.

Viene introdotto un limite, pari a 600.000 euro su base annua, oltre al quale non è più possibile godere dell’agevolazione.

Inoltre, il nuovo regime resta soggetto alle limitazioni in tema di aiuti di Stato de minimis secondo cui, per i soli lavoratori sportivi che producono un reddito di lavoro autonomo, il beneficio in termini di minori imposte pagate non possa comunque superare 300.000 euro su base triennale (Regolamento 2023/2831/UE). Il riferimento è al solo reddito da lavoro autonomo posto che il reddito da lavoro dipendente non rientra nel divieto di aiuti di Stato e nel conseguente regime de minimis citato.

 

L’applicazione dei regimi a seconda della data di ingresso nel nostro paese

Premesso che, sussistendo tutti i nuovi requisiti richiesti – con particolare riferimento ai profili attinenti alla qualificazione professionale – a partire dal 2024 gli sportivi potranno beneficiare della riduzione prevista dalla attuale normativa impatriati sui redditi di lavoro (dipendente o autonomo), piuttosto complicato appare il quadro normativo di riferimento relativamente a soggetti che abbiano trasferito la residenza nel nostro Paese prima del 1° gennaio 2024.

E, invero, occorre ricordare che l’articolo 5, comma 9, D.Lgs. 209/2023 stabilisce, dapprima, che “Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati l’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 …”.

Esso però prosegue poi stabilendo che “Tuttavia, le disposizioni di cui al primo periodo continuano a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023 ovvero, per i rapporti di lavoro sportivo, che hanno stipulato il relativo contratto entro la stessa data”.

Pertanto, come detto, se lo sportivo ha acquisito, entro il 31 dicembre 2023, la residenza anagrafica (si badi bene non occorre anche quella fiscale) in Italia, ovvero, abbia sottoscritto il contratto sportivo, allora allo stesso si applicheranno le disposizioni di cui all’articolo 16, D.Lgs. 147/2015.

Qui giunti occorre però ricordare che, come detto, l’articolo 16, D.Lgs. 147/2015, che dal 2019 ha “ampliato” anche agli sportivi la possibilità di usufruire del regime agevolativo, è stato profondamente innovato (e ridimensionato) nel maggio del 2022.

Pertanto, sinteticamente, per quanto riguarda gli sportivi si possono individuare 3 importanti tappe:

  • anno 2019 in cui l’articolo 16, D.Lgs. 147/2015, apre agli sportivi la possibilità di aderire al sistema agevolativo degli impatriati;
  • anno 2022 (in particolare dal 21 maggio 2022) in cui, l’articolo 16, D.Lgs. 147/2015, viene modificato, limitando la sua applicabilità ai soli sportivi professionisti e, per questi condizionata dal possesso di requisiti anagrafici e reddituali;
  • anno 2024 in cui l’articolo 16, D.Lgs. 147/2015 viene abrogato ma viene fatta salva la possibilità di utilizzarlo per coloro che abbiano acquisito, entro il 31 dicembre 2023, la residenza in Italia, ovvero, abbiano sottoscritto il contratto sportivo.

Nell’ultimo caso descritto, pertanto, lo sportivo potrà applicare comunque per l’anno 2024 e seguenti il regime di favore dell’articolo 16, D.Lgs. 14/2015. Poiché però esistono almeno 2 diverse versioni di tale articolo (la prima dal 2019 al 2022 e la seconda dal 2022 al 2024) potrebbero porsi dubbi relativamente a quale di essa sia applicabile.

Se il contratto sottoscritto prima del 31 dicembre 2023 è però successivo al maggio 2022 non appare revocabile in dubbio che esso potrà essere rinnovato e godere dei benefici citati sussistendo i criteri introdotti dalla modifica del 2022.

Probabilmente però, anche se il contratto è stato sottoscritto antecedentemente al maggio 2022 e si rinnoverà in epoca successiva al 2024 ciò sarà possibile solo subordinatamente all’esistenza dei criteri introdotti dalla modifica del 2022.

 

Conclusioni

Dal punto di vista di coloro che debbono erogare i citati compensi agli sportivi e cioè le associazioni e società sportive è evidente come le stesse dovranno agire con estrema cautela nei confronti di coloro che richiederanno, in futuro, l’agevolazione come impatriati.

Questo perché l’adesione alla richiesta comporta una serie di adempimenti fiscali e contributivi a carico dell’erogatore del compenso.

Il primo di essi è indubbiamente quello relativo alla sua funzione di sostituto d’imposta che gli impone di scegliere la giusta aliquota applicabile.

A seconda poi del regime applicabile potrebbe essere suo onere verificare che non sia stata superata la soglia dei 600.000 euro previsti dal 2024 e che il beneficio non superi gli importi previsti dal regime de minimis.

Gli enti sportivi, pertanto, dovranno esaminare attentamente la fattispecie concreta del richiedente e il possibile regime agevolativo per verificare che rientri in una delle casistiche sopra indicate.

[1] Attualmente le Federazioni nazionali che hanno conseguito questa qualificazione sono soltanto 4. In particolare, si tratta del calcio serie A, B e C maschile e serie A femminile, della pallacanestro serie A1, del ciclismo e del golf.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Associazioni e sport.