Il trust di scopo a garanzia della fattibilità di un concordato preventivo
di Luigi Ferrajoli
Con un interessante decreto del 22/5/2014, il Tribunale di Ravenna ha ritenuto ammissibile che una proposta di concordato preventivo venga garantita sia da un vincolo di destinazione, ai sensi dell’articolo 2645 ter Cod. Civ., sia per mezzo di un trust di scopo, permettendo il pagamento in percentuale anche dei creditori chirografari, in un primo momento esclusi per incapienza della società debitrice.
Nel caso in esame una società aveva presentato domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo che era stata accolta dal Tribunale di Ravenna; tuttavia i nominati commissari giudiziali avevano rilevato l’incapienza del patrimonio sociale con conseguente impossibilità di soddisfacimento non solo del credito chirografario, ma anche di quello privilegiato.
Era stata quindi formulata una modifica della proposta concordataria originaria, che prevedeva l’introduzione di maggiori capitali derivanti da soggetti terzi e garantiti dalla costituzione di un vincolo di destinazione su beni immobili ex articolo 2645 ter Cod. Civ., nonché dalla realizzazione di un trust comprendente partecipazioni societarie.
Ottenuto il voto favorevole da parte dei creditori, la società ha chiesto l’omologazione del concordato preventivo ed in tale sede è stata eccepita da un creditore una presunta nullità o inefficacia del vincolo di destinazione ex articolo 2645 ter Cod.Civ.
A fronte di tale doglianza il Giudice, con argomento ritenuto del tutto assorbente, ha rilevato l’inaccoglibilità dell’eccezione di nullità, evidenziando come la messa a disposizione della nuova finanza da parte di soggetti terzi dovesse essere considerata una positiva sicurezza ulteriore per le ragioni dei creditori tale da rappresentare un novum rispetto all’originaria proposta e risolvendosi in una “integrazione positiva del piano con finalità eminentemente esecutiva e volta a favorire l’adempimento dello stesso”.
A sostegno della propria tesi il Tribunale, pur precisando di essere a conoscenza della nullità del c.d. vincolo di destinazione “puro” ex articolo 2645 ter Cod. Civ. (ossia quello non collegato ad un atto di trasferimento o ad altro negozio che ne funga da causa concreta), già predicata sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, ha evidenziato che ”ove il vincolo di destinazione si innesti su una procedura di concordato è da questa che riceve la propria causa concreta, apparendo del tutto lecito rafforzare nell’interesse di tutti i creditori concordatari un vincolo di destinazione di somme o beni a favore degli stessi da parte dei soggetti terzi che detto atto di disposizione poi sottoscrivono”.
A completamento della motivazione il Giudice ha inoltre osservato che, nel caso di specie, per la componente di “nuova finanza” costituita da partecipazioni societarie, il carattere intrinsecamente dinamico e gestorio era stato opportunamente valorizzato attraverso la costituzione di un trust di scopo a favore dei creditori concordatari.
L’utilizzo del trust nel concordato preventivo, proprio allo scopo di introdurre ulteriori beni nella procedura al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi prospettati ai creditori, era già stato in precedenza ritenuto legittimo sia dallo stesso Tribunale di Ravenna, sia dal Tribunale di Chieti che, con sentenza del 14/5/2013, aveva al riguardo precisato che “è legittima e va accolta la proposta di concordato preventivo con alterazione della par condicio mediante apporto di nuova finanza da parte del socio unico di s.r.l. in quanto svincolata dalla previsione dell’articolo 182 quater, comma 3, L.F. ed irrilevante sia sull’attivo che sul passivo del debitore, in quanto il piano concordatario prevede l’apporto mediante istituzione di trust auto dichiarato liquidatorio o, in subordine, il transito sui conti d’ordine del debitore”.
Nelle precedenti pronunce, richiamate nella sentenza in commento, viene inoltre opportunamente evidenziato che nel caso in cui il concordato preventivo preveda l’ingresso nella procedura di beni di terzi tramite la costituzione di un trust ed alcuni dei creditori siano garantiti dal patrimonio del terzo, è opportuno che il commissario giudiziale possa assumere la funzione di protector (soggetto garante della effettiva corrispondenza delle modalità di gestione o liquidazione rispetto alle finalità divisate nell’atto costitutivo); il trustee (soggetto amministratore-gestore) dovrà acquisire il parere del commissario giudiziale prima di procedere all’alienazione dei beni, mentre il giudice delegato potrà appianare eventuali contrasti sorti tra protector e trustee.