Il vero volto del decreto sulla giustizia civile
di Claudio CeradiniLa Camera dei Deputati ha approvato la scorsa settimana il disegno di legge di conversione del DL 83/2015 “recante modifiche alle disposizioni in materia fallimentare, civile e processuale civile, e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”. Non prevedendosi, secondo autorevoli fonti, scossoni in Senato, la fisionomia della mini riforma della legge fallimentare dovrebbe essere pressoché definitiva. Avevamo riferito che voci di corridoio indicavano come possibile qualche non trascurabile modifica al testo, e le novità sono puntualmente arrivate, belle e meno belle, talune forse bruttine.
Procediamo come di consueto con ordine, e partiamo dal concordato preventivo, la più in crisi tra le procedure che la crisi dovrebbe gestire (calo del 25% nei primi tre mesi del 2015). Vediamo se l’assetto finale potrà aiutare o meno, perlomeno nella sensazione che le modifiche nella loro versione finale suscitano.
Nessun cambiamento all’art. 1 del decreto, che riforma la finanza interinale, cosiddetta ponte. Ne abbiamo già parlato nel primo dei nostri contributi sul decreto. Adesso vedremo se debitori e professionisti sapranno farne un uso saggio ed equilibrato, quale senso a saggezza ed equilibrio daranno i tribunali, e soprattutto se e quando le banche getteranno il cuore oltre l’ostacolo erogando denaro.
La prima novità della conversione riguarda le offerte concorrenti (art. 163bis L.F.), e non è per nulla banale. L’apertura di una procedura competitiva quando il piano concordatario comprenda un’offerta da parte di un soggetto già individuato, diventa automatica, di default, e tra l’altro piuttosto complicata, indipendentemente dal giudizio del Commissario Giudiziale sulla congruità di prezzo e condizioni generali. Pur nelle modifiche è confermata la possibilità che il trasferimento dell’azienda avvenga anche prima dell’omologa, e la questione che abbiamo qualche settimana fa posta diventa quindi attuale a questo punto: la disapplicazione dell’art. 2560 c.c. di cui al combinato disposto degli artt. 182 e 105 L.F., e secondo interpretazione piuttosto piana limitata alla fase esecutiva del piano, dopo l’omologa, sarebbe anticipata? Si aprirebbero scenari interessanti, e si consentirebbero impostazioni più semplici, rapide ed efficienti per il mantenimento della continuità. Speriamo di aver ben compreso la modifica all’art. 182, co.5, L.F., che pare deporre in questo senso.
Alla scoppiettante modifica dell’art. 163 L.F., che consente e disciplina le offerte concorrenti, è stata aggiunta una diversificazione delle soglie minime. La falcidia del 60% rimane per i soli concordati liquidatori, mentre sale al 70% per quelli in continuità, ex art. 186bis L.F.. Rimangono tutte le incertezze sulla possibilità concreta per il Commissario Giudiziale di ottemperare, senza che gli siano stati conferiti poteri ispettivi o di accesso ulteriori rispetto a quelli tradizionali, agli obblighi informativi a favore dei creditori interessati che il nuovo quarto comma gli impone, e sulla possibilità e convenienza reale degli stessi creditori di tentare una proposta dall’esterno. Personalmente ne dubito, fatti salvi casi particolari, e non mi aspetto la ressa nei trenta giorni che precedono l’adunanza.
Piccola novità anche sulla lunghezza, perlomeno quella ufficiale, delle procedure. I “sei mesi” dell’art. 181 L.F. diventano “nove”. Poichè già oggi, nella realtà, la lunghezza delle procedure di concordato si calcola in multipli di sei, apprezziamo ma non ne rimaniamo sconvolti.
Massicce le novità all’art. 4 del decreto, e quindi agli artt. 160, 161, 163, 165, 172 e 178 L.F., alcuni dei quali appena incisi dai precedenti articoli del decreto stesso.
All’art. 160 L.F., viene introdotta la percentuale minima di soddisfazione dei creditori chirografari nei concordati liquidatori, diversi da quelli di cui all’art. 186bis L.F.. È del 20%. Data la possibile interpretazione estensiva, fino ad essere debordante, dell’art. 186bis L.F. e del concetto giuridico di continuità, ho la vaga sensazione che fatti salvi i casi inequivocabili, i concordati saranno tutti in continuità dall’entrata in vigore della modifica.
La proposta (art. 161 L.F.) deve indicare la specifica utilità per i creditori cui si obbliga il debitore. Già nel decreto, dove non si parlava di obbligo non era chiaro il significato. La relazione non ci ha aiutato. Commenteremo quando ci capiremo di più.
Si prevede l’obbligo (art. 163, co. 2, n. 4bis L.F.) di consegna al Commissario Giudiziale, su supporto informatico o analogico, delle scritture contabili e fiscali obbligatorie. Appare piuttosto ridondante, dovendo l’attestatore esprimersi, si presume positivamente, sulla veridicità dei dati. Tra l’altro l’art. 170 L.F., diverso nel contenuto ma simile per finalità, è disapplicato da anni, e varrebbe perlomeno la pena di abrogarlo. Il Commissario è gravato poi di due ulteriori oneri. Deve comunicare al PM i fatti che lo possono interessare e di cui viene a conoscenza nello svolgimento delle sue funzioni, e includere nella relazione, aspetto importante e delicato, il beneficio che l’eventuale fallimento potrebbe consentire, per effetto dell’esercizio delle azioni di recupero o revocatorie che gli sono riservate. Apprezzabile intervento, doveroso, forse mancante del riferimento agli effetti dell’applicazione degli artt. 72 e ss. L.F., possibile solo nel fallimento e talvolta suscettibile di conseguire risultati significativi.
Infine, dulcis in fundo, sparisce il silenzio assenso sul voto (art. 4, co. 1, lett. f, in modifica dell’art. 178 L.F.) e si torna al giro delle sette chiese per ottenere il consenso creditore per creditore. Tutelerebbe i creditori, si dice. Non credo proprio che questo sarà l’effetto. Ne falliranno molti di più, semplicemente.
Martedì prossimo, prima delle vacanze estive, concluderemo l’analisi di quanto in sede di conversione è cambiato, ma fin da adesso sembra che lo spirito delle modifiche da più parti annunciato, e cioè il tentativo di arginare i furbetti che con il concordato semplicemente si esdebitano per continuare tranquillamente poi, sgravati dal peso, traballi dalle basi. Primo, nessuno va in concordato volentieri, ed è semplicemente falso che poi si continui tranquillamente. Chiedetelo a chi per anni non ha più visto un euro di fido bancario e una dilazione di anche soli dieci giorni da parte dei fornitori, per non parlare degli effetti psicologici sui clienti della sola parola concordato. I furbetti quindi, se ci sono, sono proprio pochi, e neanche tanto furbi. Secondo, se i furbetti vuoi prendere, attrezza chi deve dargli la caccia, e stabilisci sanzioni, non costellare di paletti una procedura che già soffre di suo, e parecchio. Altrimenti anche in questo campo rischiamo di assomigliare al fisco, che non riuscendo a prendere gli evasori veri, cerca di presumerli, e talvolta li crea proprio, con gli studi di settore e i redditometri.