Illegittimi il ruolo e la cartella successivi alla sospensione giudiziale dell’accertamento
di Angelo GinexNella ipotesi in cui il contribuente ottenga la sospensione giudiziale dell’esecuzione dell’avviso di accertamento impugnato, ai sensi dell’articolo 47 D.Lgs. 546/1992, sono inibiti, dopo tale pronuncia, alla Amministrazione finanziaria la formazione del ruolo e la successiva iscrizione “provvisoria”, rispettivamente ex articoli 12 e 15 D.P.R. 602/1973; pertanto, sussiste l’interesse ad agire della società che svolge attività di affidamento di commesse pubbliche alla impugnazione della cartella di pagamento successivamente emessa, nonostante la sospensione giudiziale della efficacia dell’avviso di accertamento, sia per non incorrere nella esclusione dalle gare pubbliche, sia per il pagamento di interessi ex articolo 30 D.P.R. 602/1973, di importo maggiore rispetto a quello di cui all’articolo 20 D.P.R. 602/1973.
È questo il nuovo orientamento inaugurato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 40047, depositata ieri 14 dicembre (in senso contrario, ex multis cfr. Cass. Ord. 28/09/2020, n. 20361).
La vicenda in esame trae origine dalla notifica ad una S.p.A. di un avviso di accertamento, nei confronti del quale veniva richiesta ed ottenuta la sospensione dell’esecuzione. Ciononostante, l’Amministrazione finanziaria dichiarava esecutivo il relativo ruolo, consegnandolo all’Agente della riscossione, che poi notificava la successiva cartella di pagamento. Avverso tale ultimo atto, veniva proposto ricorso dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, che accoglieva l’impugnazione.
La Commissione tributaria regionale della Puglia, su appello dell’Agenzia delle Entrate, riformava la decisione dei giudici di prime cure, affermando che la cartella di pagamento non era impugnabile ai sensi dell’articolo 19 D.Lgs. 546/1992 in quanto non affetta da vizi propri, e che la sospensione cautelare disposta dal giudice paralizzava provvisoriamente l’esecutività dell’atto, senza incidere sulla sua efficacia.
Pertanto, la società contribuente proponeva ricorso per cassazione, deducendo la violazione o falsa applicazione degli articoli 47 e 19 D.lgs. 546/1992 e dell’articolo 15 D.P.R. 302/1973, poiché la sentenza impugnata aveva erroneamente affermato la legittimità dell’iscrizione a ruolo e della relativa cartella di pagamento, sebbene emesse successivamente all’intervenuta sospensione cautelare del prodromico avviso di accertamento.
La società ricorrente lamentava altresì il vizio di illogica e contraddittoria motivazione dell’impugnata sentenza, nella parte in cui si affermava che la contribuente avrebbe potuto chiedere la sospensione della cartella ai sensi dell’articolo 47 D.Lgs. 546/1992, laddove non si fosse sentita sufficientemente garantita dalla sospensione amministrativa del ruolo concessa dall’Agenzia delle Entrate a seguito di presentazione dell’istanza di autotutela.
La Corte di Cassazione, chiamata a dirimere le questioni non appena evidenziate, ha rammentato innanzitutto il contenuto dell’articolo 47 D.lgs. 546/1992 e dell’articolo 39 D.P.R. 602/1973, concernenti rispettivamente la sospensione giudiziale e quella amministrativa. In particolare, essa ne ha precisato le differenze ed ha sottolineato che esse coesistono e possono essere concesse al contribuente contemporaneamente e alternativamente, ma che, pur non essendo previste norme di raccordo, è evidente che la prima prevalga sulla seconda.
Pertanto, constatato che, nel caso di specie, la sospensione giudiziale è stata pronunciata prima della sospensione amministrativa, la Suprema Corte ha affermato che, dopo la sospensione dell’esecuzione dell’avviso di accertamento, «l’Agenzia delle entrate non poteva proseguire il procedimento teso all’emissione della cartella di pagamento», neanche a titolo provvisorio ai sensi dell’articolo 15, comma 1, D.P.R. 602/1973, mancandone i presupposti.
Ciò detto, essa ha evidenziato che, alla luce della peculiare attività svolta dalla società (che partecipava alle gare per l’affidamento di commesse pubbliche), non poteva dubitarsi della sussistenza di un interesse ad agire della contribuente avverso la cartella di pagamento poiché l’esecutività del ruolo, l’emissione della cartella e il mancato pagamento delle somme dovute al fisco potevano costituire ipotesi di esclusione dalla partecipazione alle gare di appalto pubblico (articolo 80, comma 4, D.Lgs. 50/2016).
Inoltre, è stato rilevato che nemmeno il provvedimento di sospensione amministrativa emesso dall’Agenzia delle Entrate in risposta all’istanza di sgravio proposta dalla società contribuente poteva annullare l’interesse ad agire della stessa, ragion per cui ben poteva essere impugnata la cartella di pagamento per un vizio proprio della stessa.
Pertanto, la Cassazione ha concluso che: «il vizio proprio della cartella proveniva dalla circostanza che l’Agenzia delle entrate non aveva tenuto conto in alcun modo del provvedimento giurisdizionale emesso il 15 luglio 2009 di sospensione dell’avviso di accertamento; … la cartella di pagamento era dunque viziata intrinsecamente, proprio perché non sarebbe stato possibile per l’Agenzia delle entrate dare seguito alla procedura amministrativa propedeutica all’emissione della cartella».
Sulla scorta di tali argomentazioni, quindi, la sentenza impugnata è stata cassata e, a seguito di decisione nel merito, il ricorso originario della contribuente è stato accolto.