Imponibile il terreno edificabile ceduto dal contadino
di Luigi ScappiniIl comparto agricolo da sempre è stato considerato, a torto o a ragione, a seconda dei punti di vista, un settore cui è riservato, da parte del nostro Legislatore, un trattamento fiscale di favore, sia per quanto concerne la fiscalità diretta che indiretta.
La ragione di tale approccio legislativo trova una ragione storica nella circostanza che il mondo agricolo soggiace a differenti ritmi produttivi e che, soprattutto, spesso dipende da fattori esterni, quali quelli climatici, che incidono sulla resa finale.
In fin dei conti, l’impresa agricola fonda la propria produzione nella capacità biologica, delle piante e degli animali, di crescere, accrescersi di numero e di produrre, mentre l’impresa del settore secondario basa la sua produttività sulla tecnologia e sulle capacità innovative del prodotto commercializzato (il quale solitamente è un prodotto inanimato, ad eccezione di determinati enzimi, coltivati dalle industrie farmaceutiche, che tuttavia sono coltivati in ambienti talmente controllati, da renderne quasi impossibile la perdita).
I soggetti persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali, nel caso in cui svolgano una delle tre attività considerate principali ai sensi dell’articolo 32 Tuir – coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento del bestiame – a prescindere dal loro inquadramento previdenziale, dichiarano un reddito “figurato” determinato su base catastale.
Infatti, ai sensi del comma 1 dell’articolo 32 Tuir, viene dichiarato il reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso.
La quantificazione del reddito sulla base delle tariffe d’estimo rappresenta, per i soggetti sopra individuati, il regime naturale, mentre, per effetto di quanto previsto dalla Finanziaria 2007, esso è applicabile su opzione da parte delle società di persone e le Srl che posseggono i requisiti di società agricole ex D. Lgs. n. 99/04, fermo restando la natura di reddito di impresa.
In passato ci si è interrogati sul corretto trattamento da riservare, sia sotto il profilo Iva sia delle dirette, alla cessione di un terreno divenuto edificabile da parte di un imprenditore agricolo, che, come visto, in linea generale dichiara un reddito agrario.
In passato, l’Agenzia delle entrate è intervenuta sul tema con la Risoluzione n. 137/E del 7 maggio 2002, documento di prassi con cui sono stati affrontati sia gli aspetti Iva che quelli relativi all’imposizione diretta.
Per quanto concerne il comparto dirette, il ragionamento dell’Amministrazione per addivenire a una corretta classificazione del reddito ritraibile dalla cessione del terreno edificabile da parte di un imprenditore agricolo, parte correttamente dalla circostanza che la tassazione su base catastale del reddito, si basa sulla produttività normale del fondo.
Tale modalità di determinazione perde di significato e soprattutto di “giustificabilità” qualora la si voglia applicare ad attività che esulano dall’esercizio normale dell’agricoltura, poiché non si può non ricordare come le tariffe d’estimo sono determinate in funzione della produzione agricola ricavabile dal fondo in relazione al genere di coltivazione praticata.
È di tutta evidenza come la cessione di un terreno edificabile non rappresenti un’attività tipica dell’imprenditore agricolo, con la conseguenza che i redditi che se ne ritraggono non possono essere ricompresi nella tassazione forfettaria.
In ragione di ciò, tale reddito deve essere ricompreso tra quelli diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett. b) Tuir.
A ben vedere, la soluzione prospettata rappresenta una forzatura, nel senso che il terreno viene sottratto all’imprenditorialità.
Di recente si segnala la sentenza della CTP di Cremona, la n. 178/3/14 con cui i giudici di merito hanno considerato non imponibile la cessione di un terreno edificabile da parte di un imprenditore agricolo, sulla base del presupposto che ai sensi dell’art. 2, comma 1 del D. Lgs. n. 504/92 non sono considerati fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali.
Non si può che rilevare l’erroneità di tale impostazione, nata da un presupposto sbagliato e cioè il richiamo all’art.2 del D. Lgs. n. 504/92, non abrogato a mezzo del D.L. n. 223/06 con cui è stato, peraltro, definito compiutamente il terreno edificabile.
È di tutta evidenzia come la fictio iuris sia applicabile limitatamente all’Imu e non estendibile anche alle imposte dirette, regolate da differenti principi.
Come affermato dall’Agenzia delle entrate nel documento di prassi richiamato, “La tassazione dei proventi derivanti dalla cessione del terreno edificabile secondo le regole dei “redditi diversi” risulta compatibile con l’esercizio dell’impresa agricola poiché l’agricoltore acquisisce un incremento patrimoniale determinato da un fattore estraneo all’attività agricola, quale è la qualificazione edificatoria del terreno operata dagli strumenti urbanistici. Tale incremento, altrimenti, per effetto dei criteri dei determinazione forfetaria del reddito agrario, resterebbe escluso da ogni tipo di tassazione”.
Da ultimo, si ricorda come il legislatore abbia concesso la facoltà di assoggettare a tassazione separata l’imponibile derivante dalla cessione di terreni edificabili. Tale possibilità è espressamente prevista dall’art. 17, comma 1, lett. g-bis) ai sensi del quale “L’imposta si applica separatamente sui seguenti redditi: g-bis) plusvalenze di cui alla lett.b) del co.1 dell’art.81 (ora art.67 n.d.A.) realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione…”.