Imponibile la lottizzazione fai da te
di Luigi Scappini
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.16083 del 26 giugno 2013 ha affermato l’imponibilità della plusvalenza derivante dalla cessione di terreni oggetto di una lottizzazione abusiva tale da rendere gli appezzamenti derivanti, inutilizzabili ai fini agricoli, pur rimanendone tale la destinazione.
Nello specifico, la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che l’articolo 81, comma 1, lett.a) Tuir (ora trasfuso nell’attuale articolo 67), non pone una presunzione assolta circa l’intento speculativo della vendita di suoli che sono stati oggetti di lottizzazione o dell’esecuzione di opere tali da renderli edificabili, bensì aggancia la plusvalenza all’effettiva sussistenza di un rapporto di causalità tra la maggiorazione del prezzo di vendita per l’alienante e la possibilità per l’acquirente di realizzare opere edilizie in conseguenza della lottizzazione.
Nel caso di specie, non si era in presenza di una lottizzazione “autorizzata”, bensì di una serie di opere, in primis il frazionamento del terreno in piccoli lotti di dimensioni tali da non essere più utilizzabili per fini agricoli, a cui ha fatto seguito “la successiva costruzione di un’ampia strada di collegamento fra le molteplici particelle rinvenienti, la qualità diversa da quella di imprenditore agricolo degli acquirenti … i prezzi elevati dei terreni” che in aggiunta alle a poca distanza di tempo delibere amministrative, non potevano che far ricadere nell’imponibilità, in ragione della ratio di cui all’articolo 67, la cessione dei lotti.
Quasi un ritorno al passato in tema di definizione di edificabilità dei terreni.
Ma andiamo per gradi e vediamo il contesto normativo. Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett.a) del Tuir si considerano redditi diversi “le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l’esecuzione di opere intese a renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici”.
In altri termini, la norma considera imponibile la plusvalenza derivante dalla vendita, totale o parziale, di terreni che precedentemente hanno subito, ad opera del proprietario originario, interventi consistenti, alternativamente, nella lottizzazione o nell’esecuzione di opere aventi lo scopo di rendere edificabile il terreno.
Quindi, per la rilevanza impositiva è necessario il concorso di due elementi costitutivi, il primo consistente nella realizzazione di una lottizzazione o di opere intese a rendere edificabile il terreno e il secondo nella vendita del terreno stesso. In sostanza, ad una data azione del contribuente, più o meno preordinata a far accrescere di valore il terreno, ne deve necessariamente seguire un’altra, che si concreta nel realizzo del maggior valore così procurato.
Questi elementi possono essere alternativi tra di loro, non necessitando la simultaneità.
Ciò vale a dire che può essere sufficiente la sola lottizzazione, così come la sola esecuzione di opere, non dovendosi rivedere questa seconda come un’azione che necessariamente segue la prima, anche se ciò può ben accadere. In tal senso si ha una conferma dalla risalente R.M. n.7/353/83, che peraltro riguardava l’applicazione dell’art.76 DPR n.597/73, ma che si ritiene ancora valida per quanto qui specificamente interessa.
Per quanto attiene il concetto di lottizzazione, nel silenzio della norma, si deve ritenere come tale una qualsiasi utilizzazione del suolo, che abbia lo scopo di realizzare edifici a destinazione residenziale, turistica o industriale. Tali possono essere, seguendo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità sia azioni meramente tecniche quali la predisposizione di progetti (sentenze n.6836/2001 e n.7919/2003) che azioni più ampie quali la predisposizione di opere di urbanizzazione primaria o secondaria, ancorché abusive (sentenza n.22584/2012).
In merito all’attività di lottizzazione dei terreni era discusso se essa, per poter far emergere con la successiva cessione dei terreni una plusvalenza imponibile, si dovesse concretizzare nella semplice attività amministrativa o si dovesse sostanziare anche in una fase esecutiva/realizzativa. L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n.319/E/2008 ha precisato come un terreno possa considerarsi lottizzato a far data dalla concessione dell’autorizzazione da parte del Comune al piano di lottizzazione stesso.
A proposito della locuzione, sempre riferita ai terreni, “esecuzione di opere intese a renderli edificabili”, come detto, la norma rende chiaro che è un’attività diversa rispetto alla lottizzazione anche se, è indubitabile che la lottizzazione possa implicare l’esecuzione delle opere de quo. In sostanza, se è vero che la lottizzazione implica (può implicare), l’esecuzione di opere, è altrettanto vero che l’esecuzione di opere non necessariamente implica una lottizzazione.
In definitiva, è da ritenere che il legislatore abbia voluto riferirsi, principalmente, ai casi in cui un contribuente, tanto in difformità da esistenti vincoli urbanistici, quanto in loro totale assenza, come nel caso di specie trattato nella sentenza, esegua opere su terreni non idonei all’edificazione, opere comunque intese a rendere questi edificabili e, in definitiva, ad accrescerne il valore.
In sostanza, la norma sembra andare a colpire attività che si possono definire abusive, ma anche attività non necessariamente qualificabili come tali perché, ad esempio, fuori da piani di lottizzazione.
Ma, nel caso analizzato si era in presenza di operazioni di per sé lecite che, tuttavia, inserite in un contesto fattuale quale quello della qualificazione come edificabile del terreno a brevissima distanza di tempo, fa si che l’Agenzia di fatto riconduca le cessioni nell’alveo della lettera a) dell’articolo 67, comma 1 Tuir, alla luce, tra l’altro, dell’ampiezza della norma stessa.